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Il viadotto sul Polcevera: l’analisi del crollo della pila 9 – prima parte

Lo studio sul viadotto Polcevera per definirne il comportamento in esercizio e individuare le cause più probabili del disastro, mostrando i risultati delle analisi alla luce delle conoscenze acquisite

La seconda parte dell’articolo è proposta sul fascicolo n° 155 Settembre/Ottobre 2022 a pag. 60 e online su https://www.stradeeautostrade.it/ponti-e-viadotti/il-viadotto-sul-polcevera-lanalisi-del-crollo-della-pila-9-seconda-parte/.

Nell’ottica sopra descritta è stata approfondita l’analisi della pila 9 del viadotto Polcevera attraverso l’esame del suo comportamento statico e dinamico sotto i carichi di esercizio mediante un modello agli elementi finiti, messo a punto con l’ausilio del software Midas Civil, ponendo a confronto i risultati ottenuti con quelli del progetto originario.

È stato quindi effettuato uno studio dell’evoluzione degli stati tensionali e deformativi della struttura a partire dalla sua costruzione fino al giorno del collasso; in particolare, sono state modellate le diverse fasi costruttive dell’opera, le modificazioni e i cimenti subiti dalla stessa negli anni in modo da apprezzare le tecniche messe in pratica in cantiere e, conseguentemente, ricavare i valori del regime di sforzi che caratterizzavano l’opera al trascorrere del tempo portando in conto, tra l’altro, lo stato di conservazione e di efficienza dei vari elementi strutturali che la costituivano.

I risultati di detta analisi, consegnati nel prosieguo, hanno consentito di determinare con notevole attendibilità la causa che ha innescato il primo cedimento strutturale che ha recato pregiudizio alla stabilità complessiva dell’opera e, pertanto, con questo lavoro si vogliono proporre possibili scenari compatibili con la cinematica del crollo del cavalletto strallato n° 9.

Il viadotto Polcevera
1. Il viadotto Polcevera

Descrizione del viadotto Polcevera

Il viadotto Polcevera era un ponte autostradale a cavallo dell’omonimo torrente e faceva parte del tracciato autostradale A10 costituendo un’infrastruttura strategica per il collegamento viario con le regioni limitrofe e con l’Europa (Figura 1).

Nel rinviare ad altri lavori la descrizione di dettaglio dell’intera opera, in questa sede viene studiata soprattutto la struttura della pila 9 che, insieme alle pile 10 e 11, costituiva la caratteristica peculiare del viadotto.

I sistemi bilanciati 9 e 10

Il sistema bilanciato costituiva un’entità strutturale continua a sé stante collegata al resto dell’opera da elementi semplicemente appoggiati su di esso (Figura 2); di fatto, era una struttura strallata autoancorata [1] costituita da una travata continua in c.a.p. a tre luci con sbalzi terminali, della lunghezza totale di circa 172 m, a sezione cava pluriconnessa realizzata con sei nervature di spessore variabile (s = 18÷30 cm), una soletta carrabile e una controsoletta, entrambe dello spessore di 16 cm.

I sistemi bilanciati 9 e 10
2. I sistemi bilanciati 9 e 10

L’antenna da cui si dipartivano i quattro stralli era costituita da due strutture ad “A” in c.a.o. di altezza complessiva pari a 90,20 m e sezione variabile da 4,50×2,00 m a 1,80×3,00 m collegate tra loro, oltre che in fondazione, a metà altezza e in sommità con elementi strutturali di calcestruzzo armato.

Gli stralli, costituiti da fasci di 352 trefoli in acciaio armonico del diametro nominale di ½” [2], erano collegati alla travata a mezzo di appositi traversi e passavano sopra l’antenna gravando su una sella costituita da barre di armatura verticali e orizzontali saldate tra loro a formare una sorta di rastrelliera successivamente resa solidale alla antenna stessa mediante getti di completamento.

Ovviamente, con riferimento ai carichi permanenti, simmetrici rispetto al piano verticale in asse alla pila, il sistema risultava auto-equilibrato e la travata, compressa dalla componente orizzontale del tiro negli stralli, si comportava come un sistema continuo su quattro appoggi rigidi in corrispondenza dei quali essa risultava adeguatamente armata [2 e 3].

La sezione dello strallo
3. La tavola esecutiva della sezione dello strallo

Al fine di fronteggiare tutti i carichi accidentali (mobili, vento, ecc.) e, per essi, ridurre il pericolo della fatica nei citati cavi (principali), fu prevista la realizzazione di una guaina in c.a. successivamente precompressa 1 resa, poi, aderente agli stessi dando origine alla cosiddetta “omogeneizzazione del sistema” (Figura 3) [4].


1 Mediante ulteriori 112 trefoli φ ½” (secondari) fu applicata una precompressione dosata in modo da compensare la trazione indotta dai carichi accidentali, previsti dalla Normativa all’epoca vigente, e così da avere per gli stralli un comportamento a sezione sempre interamente reagente.


Tra i principali vantaggi che detta omogeneizzazione – in particolare degli stralli – ha comportato, vale evidenziare i seguenti:

  1. eliminazione della fessurazione delle guaine e, quindi, protezione dei cavi dall’azione degli agenti aggressivi esterni 2;
  2. riduzione dell’ampiezza del campo di variazione delle sollecitazioni nell’acciaio con conseguente aumento della sicurezza a fatica dovuta a picchi di tensioni;
  3. maggiore rigidezza del complesso strutturale con limitazione degli spostamenti in esercizio.

2 Si ricorda che l’opera era prossima al mare e inserita in un contesto industriale. ha riguardato la pila 9 del viadotto Polcevera, ovvero la porzione collassata nell’Agosto del 2018.


La caratterizzazione statica della pila 9

Attraverso l’analisi statica della pila 9, si è valutato lo stato tensionale e deformativo che caratterizzava i diversi elementi strutturali sotto l’applicazione dei carichi di progetto.

Il modello FEM per la pila 9
4. Il modello FEM della prospettiva per la pila 9 nel progetto originario

In particolar modo, si sono ricercati i valori delle caratteristiche della sollecitazione negli stralli sotto l’applicazione dei carichi fissi e semifissi nonché dei sovraccarichi mobili senza tralasciare, peraltro, gli altri elementi strutturali (pila, impalcato, cavalletti, ecc.).

Vale sottolineare come lo strallo recitasse un ruolo essenziale nei riguardi della statica della struttura in quanto sorreggeva l’intero impalcato esplicando la sua rigidezza estensionale; quest’ultima funzione della geometria dello strallo (sezione, inclinazione ecc.), del tiro preventivamente applicato e dell’azione dei carichi agenti.

Come precedentemente accennato, si destava per effetto delle componenti orizzontali degli sforzi negli stralli una auto-compressione nella travata che non solo la irrigidiva ma ne migliorava anche il comportamento sotto le azioni esterne.

Il progetto originario (ex design): lo schema statico

La modellazione, come accennato in premessa, è stata condotta mediante l’ausilio del software agli Elementi Finiti Midas Civil e ha riguardato la pila 9 del viadotto Polcevera, ovvero la porzione collassata nell’Agosto del 2018.

In prima istanza è stato implementato un modello del sistema strallato auto-ancorato perfettamente simmetrico – come, peraltro, progettato da Morandi – completato dalle campate di accoppiamento semplicemente appoggiate tramite selle Gerber e che portasse in conto tutte le fasi costruttive minuziosamente descritte dallo stesso nei suoi elaborati e anche tutti i fenomeni reologici che era previsto si sviluppassero secondo la Normativa dell’epoca e le scelte progettuali (Figura 4 sopra).

In tal modo, si è pervenuto alla valutazione delle caratteristiche di sollecitazione e di deformazione, sia a tempo zero che a fenomeni lenti esauriti, in tutti gli elementi strutturali più significativi per le combinazioni di carico elementari previste e possibili desunte dalla Normativa dell’epoca 3.


3 Circ. Min. LL. PP. n° 384 del 14 Febbraio 1962.


Successivamente, per valutare l’evoluzione del comportamento dell’opera al modificarsi delle Normative, si è condotta un’analoga analisi con riferimento ai nuovi carichi 4 per i cui risultati si rinvia ai successivi paragrafi.


4 D.M. 4 Maggio 1990, NTC 2008 e NTC 2018.


Le fasi costruttive

Il viadotto Polcevera, oltre a simboleggiare un’opera d’arte dalle spiccate peculiarità proprio in virtù della presenza di elementi strutturali di notevole complessità e originalità, soprattutto con riferimento al loro comportamento in esercizio, ha costretto il Progettista a ricercare soluzioni tecnologiche e costruttive inconsuete per l’epoca.

L’ex design
5. L’ex design

Nel seguito viene esposta una descrizione sintetica [3 e 4] delle fasi costruttive più significative dell’opera considerate nel modello FEM e le cui immagini, in alcuni casi, vengono messe a confronto con quelle reali dell’epoca.

Ciò con l’intento di mostrare la notevole complessità di esecuzione che solo grazie a una adeguata e accorta applicazione della routine “Construction Stage Analysis” del software utilizzato è stata possibile riprodurre in dettaglio ottenendo risultati assai aderenti alla realtà esecutiva sia in termini di stato tensionale che deformativo:

  1. Fase I = costruzione del cavalletto e delle antenne fino a quota impalcato (Figure 5 e 6):
  • realizzazione della parte inferiore dei ritti delle antenne e dei traversi di collegamento reciproco oltre che dei ritti del cavalletto nel cui modello si è considerata, tra l’altro, la messa in opera dei previsti tiranti provvisori 5 disposti in corrispondenza dei traversi intermedi (I’, L’) e di sommità (D, E) allo scopo di limitare le deformazioni orizzontali degli stessi conseguenti all’azione dei carichi sovrastanti, casseri compresi (Figura 5);
  • getto e stagionatura della porzione di impalcato DE e rimozione dei tiranti (Figura 6);

5 In acciaio armonico.


Il modello FEM della fase costruttiva I
6. Il modello FEM della fase costruttiva I
  1. Fase II = costruzione dell’impalcato fino ai traversoni di ancoraggio degli stralli in campata. Il modello FEM ha riprodotto fedelmente le fasi di realizzazione della travata a cassone eseguita per conci successivi con un avanzamento a sbalzo:
  • costruzione, da entrambi lati del cavalletto, del primo e secondo concio tramite speciali carrelloni su rotaie e precompressione degli stessi conci a maturazione avvenuta (Figura 7);
  • realizzazione dei successivi conci sempre con la metodologia suddetta ma integrata dalla messa in opera di un sistema di cavi provvisori di acciaio ad alta resistenza (Figure 8A e 8B), ciascuno ancorato in maniera simmetrica alle sezioni di estremità di ogni nervatura costituente il singolo concio; con l’avanzamento dei conci stessi, detti cavi erano integrati da altri analoghi in modo da realizzare un ventaglio di cavi “a” disposti a guisa d’arpa per ciascuna delle suddette nervature.
La prima fase costruttiva II
7. La prima fase costruttiva II: una foto storica (a sinistra) e il modello FEM (a destra)
  1. Fase III = getto parziale dei trasversi di ancoraggio dei tiranti principali “c” e messa in opera dei tiranti provvisori “b”;
  2. Fase IV = messa in tensione dei cavi provvisori “b” e completamento del getto dei traversi di ancoraggio dei tiranti principali “c”:
  • applicazione del tiro nei cavi provvisori “b” – costituiti ciascuno da quattro cavi 18Ø7 per nervatura – a maturazione avvenuta del traverso di ancoraggio dei tiranti principali;

  • La seconda fase costruttiva II
    8A La seconda fase costruttiva II
    8A. Una foto storica della seconda fase costruttiva II
  • Il modello FEM della seconda fase costruttiva II
    8B Il modello FEM della seconda fase costruttiva II
    8B. Il modello FEM della seconda fase costruttiva II
  1. Fase V = messa in opera dei tiranti “c”, posti in leggero tiro:
  • tesatura dei cavi di precompressione del traverso di campata, dei tiranti “c” agendo da entrambe le estremità, rimozione dei cavi provvisori;
  1. Fase VI = getto degli sbalzi di estremità e traslazione verticale dei traversi di ancoraggio dei cavi “c” agendo opportunamente sul tiro degli stessi:
    • realizzazione simultanea – per mezzo del già citato carrellone – delle due mensole da entrambi i lati con conci a sezione variabile opportunamente presollecitati.

Nelle Figure 9, 10A e 10B sono rappresentate unitamente alla tavola di progetto le immagini del modello relative alle fasi sopra descritte.

  • La tavola esecutiva
    9 La tavola esecutiva
    9. La tavola esecutiva
  • La realizzazione degli sbalzi
    10A La realizzazione degli sbalzi
    10A. Il tracciato dei cavi di precompressione per la realizzazione degli sbalzi
  • La realizzazione delle selle Gerber
    10B La realizzazione delle selle Gerber
    10B. Il tracciato dei cavi di precompressione per la realizzazione delle selle Gerber
  1. Fase VII = eliminazione delle arpe, messa in tensione di tutti i rimanenti cavi di precompressione delle travate sospese;
  2. Fase VIII = smontaggio e asportazione dei carrelloni;
  3. Fase IX = tesatura finale di tutti i cavi dei trasversi di ancoraggio dei tiranti principali. Varo delle travi di accoppiamento (L = 36,00), disposizione dei cavi “c’” paralleli ai cavi “c”, costruzione delle guaine in c.a.p. intorno ai cavi e messa in opera del sovraccarico permanente 6:
    • la guaina in calcestruzzo, interamente gettata in opera, era costituita da conci indipendenti portati inizialmente dai cavi “c” e “c’” inseriti a loro volta in guaine metalliche; successivamente, detti conci sono stati solidarizzati e ciascuna guaina in c.a. completata con il getto del concio finale in corrispondenza del traversone di sommità in modo da predisporla a ricevere la successiva coazione impressa tramite i cavi “c’”;
  4. Fase X = precompressione della guaina mediante i cavi secondari “c’” (Figura 11).

6 Massicciata, marciapiede, sicurvia, ecc..


La precompressione delle guaine
11. La precompressione delle guaine in c.a.
Il confronto tra modello numerico e calcoli di progetto

Vale evidenziare come il modello sopra descritto abbia portato in conto gli effetti reologici su tutti gli elementi strutturali costituenti l’opera e, in particolare, la viscosità (Creep) e il ritiro (Shrinkage) [5, 6 e 7].

Nel seguito viene consegnato il confronto 7 – sia in termini di spostamento che di tensioni – tra i risultati ottenuti sul modello FEM sotto l’azione dei soli carichi permanenti di progetto dell’epoca (Circ. Min. LL. PP. n° 384 – 14 Febbraio 1962) e quelli conseguenti alle valutazioni numeriche condotte dal Morandi sotto gli stessi carichi (Figura 12).


7 Per brevità di esposizione si riportano solo alcune delle valutazioni condotte.


Per quanto attiene agli spostamenti, si è fatto riferimento alle estremità dei due traversi di ancoraggio in campata degli stralli come, peraltro, fatto in fase di progettazione.

Dall’esame della Figura 12 si evince chiaramente come ci sia una quasi perfetta corrispondenza [8] tra il modello FEM e lo schema statico originario 8.


8 “Descrizione del metodo di esecuzione” – Prof. Ing. Riccardo Morandi.


Il confronto degli spostamenti
12. Il confronto degli spostamenti dei nodi C e F

Come accennato, analoga valutazione è riportata relativamente allo stato tensionale nei cavi principali con riferimento alle fasi costruttive sinteticamente descritte: è immediato riscontrare come i valori di tensione valutati sul modello FEM manifestino una piena rispondenza di quest’ultimo con la soluzione analitica del Progettista.

La configurazione deformata dello strallo

Ai fini di convalidare ulteriormente il modello FEM sotto le azioni di progetto, nelle Figure 13 e 14 sono messe a confronto la deformata parabolica dello strallo, quella desunta da un suo comportamento a catenaria e, infine, quella ricavata dal modello stesso [9, 10 e 11]. Anche in questo caso si nota una buona corrispondenza tra il modello elaborato e le determinazioni teoriche.

  • La configurazione deformata dello strallo
    13 La configurazione deformata dello strallo
    13. La configurazione deformata dello strallo
  • a freccia calcolata e le frecce teoriche
    14 La freccia calcolata e le frecce teoriche
    14. La freccia calcolata e le frecce teoriche

Bibliografia

[1]. R. Morandi – “Il viadotto sul Polcevera per l’Autostrada Genova-Savona”, “Industria Italiana del cemento”, vol. XXVII, p. 849-872, 1967.

[2]. B. Morandi “La precompressione sistema Morandi M5. Prontuario ad uso dei Progettisti”, Centro per lo studio e le applicazioni della precompressione, Roma.

[3]. R. Morandi – “Descrizione del metodo di esecuzione, viadotto sul Polcevera dell’Autostrada Genova-Savona”, Roma, 1965.

[4]. R. Morandi – “Strutture strallate in cemento armato, concrete cable-stayed structures”, “L’industria italiana del cemento”, vol. X, p. 887-897, 1980.

[5]. L. Della Sala, R. Cerone, A. Gennari Sartoni – “Effetti dei fenomeni viscosi sulle strutture a sbalzo in c.a.p. – un caso di studio”, 6-8 Giugno, Bologna, Giornate AICAP 2002, XXII Convegno Nazionale “Le moderne strategie a garanzia del servizio delle opere in c.a. e c.a.p.”, 2002.

[6]. Eurocode 2 – “Design of concrete structures”.

[7]. L. Della Sala – “Strengthening techniques of prestressed concrete decks”, IALCCE 2010, Second International Symposium on Life-Cycle Civil Engineering, Taiwan Tech, Taipei Taiwan, October 2010.

[8]. L. Della Sala, N. Auciello, S. Forte – “Il ponte Morandi sul Polcevera: analisi del crollo”, Potenza, Tesi di Laurea specialistica UNIBAS, 2021.

[9]. L. Della Sala – “Interpretazione dei risultati della campagna di indagini e prove eseguita sulla carreggiata lato SA ponte strallato Carpineto I”, Potenza, ANAS – Compartimento per la viabilità della Basilicata, 2013.

[10]. L. Della Sala, A. Sabatiello – “Viadotto strallato Carpineto I. Il comportamento delle grandi strutture di calcestruzzo armato precompresso in fase di esercizio”, Potenza, Tesi di Laurea specialistica UNIBAS, 2014.

[11]. L. Della Sala, A. Sabatiello – “Viadotto strallato Carpineto I”, “Structural Modeling”, Magazine di ingegneria strutturale, p. 1-12, 2016.

La seconda parte dell’articolo è proposta sul fascicolo n° 155 Settembre/Ottobre 2022 e sarà online a partire da martedì 20 Settembre 2022.

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