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Ocse: I ritardi nell’attuazione del Pnrr potrebbero ridurre la crescita del Pil

L’Ocse stima per l’Italia nel 2023 un aumento del Pil dell’1,2%, ma avverte: “I ritardi nell’attuazione del Pnrr potrebbero ridurre la crescita”. Importante per l’Italia ridurre il debito.

L’Ocse rileva per l’Italia che a causa dell’inasprimento della politica monetaria e del ridimensionamento del sostegno fiscale alle famiglie e alle imprese nel settore dell’energia “la crescita del Pil potrebbe essere ridotta”.

Nei prossimi anni sarà necessario un continuo consolidamento per portare il rapporto debito/pil su un percorso più sostenibile”, sottolineando che “la rapida implementazione delle riforme strutturali e dei piani di investimento pubblico del Pnrr sarà fondamentale per sostenere l’attività nel breve termine e per gettare le basi di una crescita sostenibile nel medio termine”.

“I piani di consolidamento dovrebbero includere misure ambiziose per contrastare l’evasione fiscale e la revisione completa della spesa per aumentare l’efficienza della spesa pubblica. La piena attuazione degli degli ambiziosi piani di investimento pubblico e di riforma strutturale del Pnrr potrebbe far crescere il pil italiano in modo duraturo e avrebbe l’ulteriore vantaggio di ridurre ulteriormente il rapporto debito/pil”, scrive l’Ocse.

“La spesa dei fondi Ngeu è molto in ritardo rispetto al calendario, e alla fine del 2022 è inferiore di circa il 50% rispetto ai piani di spesa iniziali, il che riflette principalmente i ritardi nell’attuazione degli investimenti pubblici. Le priorità dovrebbero essere quelle di sostituire rapidamente progetti non redditizi con altri redditizi e rafforzare la capacità della pubblica amministrazione di gestire e attuare in modo efficiente i progetti previsti. Questi progetti includono la spesa per le infrastrutture per facilitare la transizione digitale e verde, nonché l’espansione dei servizi pubblici di assistenza all’infanzia per promuovere la partecipazione femminile al mercato del lavoro nel contesto di una rapida diminuzione della popolazione in età lavorativa”, conclude l’Ocse.

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