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A che punto è il governo con i decreti attuativi? E, soprattutto, cosa sono

Si ringrazia lo staff di Secoloditalia.it per la foto pubblicata

Servono a far funzionare le leggi che, se non vengono approvati, sono destinare a restare buone intenzioni. OpenPolis ha chiesto all’esecutivo quanti ne sono stati adottati. Ecco cosa ha scoperto

Una legge è poco più che una buona intenzione se non vengono messi a punto quei dettagli che servono a renderla applicabile.

Si chiamano decreti attuativi e, se la legge in sé è l’anima, possiamo paragonarli al corpo. OpenPolis ha fatto il conto di quanti ancora mancano.

Il processo legislativo in Italia è complesso e lungo, e coinvolge numerosi attori. Comunemente si pensa solo al Parlamento. Qui le proposte di legge, e il tanto lavoro in aula e nelle commissioni, contribuiscono in maniera imprescindibile alla formazione delle norme che regolano la vita nel nostro paese.

Ma si tratta solo di una prima parte dell’iter, che possiamo definire “il primo tempo” delle leggi. Dopo l’attività di parlamento e governo comincia infatti un secondo tempo, altrettanto importante, ma più lungo e complesso

Spesso infatti aspetti pratici, burocratici e tecnici necessari per applicare e implementare le leggi sono affidati ad altri soggetti istituzionali, principalmente i ministeri. Questi si devono occupare dei cosiddetti decreti attuativi, provvedimenti necessari per completare gli effetti della norma stessa.

Si tratta di una fase molto particolare dell’iter legislativo, per due motivi. L’azione si sposta dal Parlamento ai numerosi uffici competenti e le dinamiche politiche lasciano il posto a quelle burocratiche e tecniche. Inoltre i tipi di atti e di iter coinvolti si moltiplicano. In aula si parla di disegni di legge (ddl), emendamenti e leggi, mentre nel secondo tempo, quello degli uffici, si passa a decreti ministeriali, decreti del presidente della repubblica, provvedimenti direttoriali, deliberazioni Cipe, protocolli d’intesa, linee di indirizzo, documenti di programmazione e altro ancora. Passaggi naturali del processo di attuazione delle leggi approvate dal parlamento, che però rendono molto difficile monitorare l’implementazione delle norme e capire chi sia responsabile della mancata o cattiva applicazione dei provvedimenti.

I dati del governo Conte

Analizzando i dati pubblicati, aggiornati allo scorso 30 aprile, possiamo fare delle prime considerazioni sullo stato di implementazioni delle leggi nella XVIII legislatura. Dei 154 provvedimenti legislativi deliberati in consiglio dei ministeri dall’attuale esecutivo, 52 sono stati poi pubblicati in gazzetta ufficiale. Di questi, 26 hanno richiesto ulteriore lavoro extra-parlamentare. Parliamo per la precisione di 284 decreti attuativi, di cui quasi la metà, 111, sono riconducibili alla legge di bilancio approvata a fine anno.

Tra gli altri testi che stanno richiedendo maggiore lavoro extra-parlamentare abbiamo anche il decreto crescita (ancora in discussione in parlamento) con 29 decreti attuativi previsti, e la legge di conversione del decreto Genova (26 decreti attuativi).

Dei 26 provvedimenti che hanno richiesto almeno 1 decreto attuativo, solamente uno, la legge anticorruzione, è stata poi completata in fase di attuazione. Per gli altri 25 testi il lavoro risulta ancora incompleto, e per 18 di essi non è neanche iniziato, essendo stati adottati zero decreti attuativi.

Sul totale dei 284 decreti attuativi previsti, 48 sono già stati adottati, mentre ne mancano ancora all’appello 236. La responsabilità per l’attuazione come noto ricade ora sui ministeri, e la classifica dei ministeri più coinvolti è strettamente collegata ai contenuti dei testi appena elencati.

I ministeri dell’Economia (37 decreti attuativi mancanti), dell’Infrastrutture e dei trasporti e quello dello Sviluppo economico (entrambi con 36) sono i dicasteri più sollecitati. Spetterà ora agli uffici competenti adottare le norme mancanti per i diversi provvedimenti, per una media di 13 decreti attuativi ancora da adottare per ministero.

I decreti attuativi possono avere dei termini di scadenza, cioè una data entro cui il provvedimento specifico deve essere adottato. Scaduto quel termine, si abbassano fortemente le probabilità che quel determinato provvedimento venga mai adottato.

Circa il 30% dei decreti attuativi ancora da adottare per provvedimenti del governo Conte sono già scaduti: 70 norme, di cui 40 riconducibili alla legge di bilancio 2019. Per altri 38 decreti attuativi i termini non sono ancora scaduti, mentre per la stragrande maggioranza, 128, non sono previsti termini.

Altro elemento importante da monitorare è lo stock di provvedimenti attuativi ereditati dai governi precedenti. All’insediamento del governo Conte erano 677, a inizio 2019 erano scesi a 543, mentre ora sono diventanti 430. 279 sono stati “generati” da provvedimenti approvati durante il governo Gentiloni, 139 da quello Renzi e infine 12 dall’esecutivo Letta.

Cosa veniva pubblicato, e il FOIA di OpenPolis

Il compito di informare i cittadini sull’implementazione dei decreti attuativi è dell’ufficio per il programma di governo (Upg), organo della presidenza del consiglio dei ministri. Ufficio che ha sempre svolto questo compito pubblicando, a volte in maniera regolare, a volte no, degli aggiornamenti.

Non essendoci chiare regole sul come e il quando di queste pubblicazioni, il tutto storicamente era stato lasciato nella mani del sottosegretario di turno a cui veniva data la delega in materia. Una situazione che rendeva praticamente impossibile monitorare in maniera soddisfacente il tutto.

Il problema era diventato ancora più grande con l’arrivo del governo Conte. Dopo un primo rilascio di dati, avvenuto dopo un mese dall’insediamento dell’esecutivo, ne sono passati ben 8 prima che l’esecutivo ne pubblicasse di nuovi. Un evento reso possibile anche grazie alla pressione di OpenPolis sul governo.

Nella certezza che il problema non fosse tanto ottenere una risposta una tantum, ma avere la certezza che le informazioni fossero pubblicato nel modo giusto, e con le migliori tempistiche, la fondazione openpolis ha quindi fatto una richiesta di accesso ufficiale agli atti alla presidenza del consiglio.

Le richieste di OpenPolis, inviate lo scorso 8 aprile, si incentravano su 2 punti:

  1. numero totale dei provvedimenti attuativi contemplati per ogni provvedimento normativo approvato definitivamente dal Governo con riferimento a tutti i Governi a partire dal Governo Letta;
  2. per ciascun provvedimento attuativo: policy, area tematica, amministrazione proponente, amministrazioni concertanti, estremi della fonte normativa del provvedimento, link alla fonte normativa del provvedimento, articolo della fonte normativa del provvedimento, comma dell’articolo della fonte normativa del provvedimento, oggetto del provvedimento attuativo, scadenza del provvedimento attuativo (se presente), tipologia del provvedimento attuativo (decreto ministeriale, decreto dirigenziale, etc.), data di adozione del provvedimento attuativo (se adottato), data di pubblicazione del provvedimento attuativo (se pubblicato), estremi del provvedimento attuativo, link al provvedimento attuativo.

La riposta della presidenza del consiglio

Il 6 maggio scorso openpolis ha ottenuto una risposta, con una comunicazione ufficiale da parte dell’Upg della presidenza del consiglio. Nella stesa data è stato aggiornato il sito internet dell’organo, che ora fornisce le informazioni nelle modalità che OpenPolis ha richiesto.

In primis viene fornito un storico dalla XVII legislatura in poi, permettendo un monitoraggio dal governo Letta a quello Conte. In aggiunta per ogni esecutivo viene fornito sia l’elenco dei provvedimenti attuativi adottati, che dei non adottati.

Informazioni rilasciate sia in formato pdf, che in csv. Non solo, soprattutto analizzando i dati dei decreti attuativi non ancora adottati, è ora possibile avere il quadro completo della situazione: dal contenuto esatto della norma che manca, al testo di riferimento, passando per l’organo responsabile per l’attuazione ed eventuali scadenze per l’adozione.

Possiamo quindi dire che dei passi in avanti sono stati fatti, ma la via per la piena trasparenza oltre che per la bontà dei dati rilasciati, passa anche per le tempistiche di aggiornamento.

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