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Auto elettriche: Italia fanalino di coda secondo Roland Berger

L’analisi conferma l’Italia come fanalino di coda tra 13 Paesi ad alto tasso di industrializzazione sparsi in tutto il mondo.

Nonostante un ottobre 2018 con un +150% di immatricolazioni, l’auto elettrica in Italia rimane ancora un fenomeno di assoluta nicchia (0,4% di quota), ma è soprattutto lo sviluppo delle infrastrutture e di una sensibilità a livello politico ad essere carente nel Bel Paese.

Questo è quanto è emerso in occasione della quarta edizione dell’Automotive Disruption Radar sulla mobilità alternativa e la guida autonoma della Roland Berger: un’analisi che si fonda su 26 indicatori industriali in cinque categorie (interesse del consumatore, regolamentazione, infrastruttura, tecnologia e attività industriale) che ha coinvolto 13 mila consumatori.

L’analisi conferma l’Italia come fanalino di coda tra 13 Paesi ad alto tasso di industrializzazione sparsi in tutto il mondo, ovvero Cina, Corea del Sud, Francia, Germania, Giappone, India, Olanda, Regno Unito, Russia, Singapore, Stati Uniti e Svezia. Solo il Belgio fa peggio di noi.

Tra i principali indicatori del pessimo posizionamento del nostro Paese vi è la mancanza di un’infrastruttura capillare per la ricarica dei veicoli elettrici. Il report la definisce senza mezze parole la “peggior infrastruttura pubblica” , in quanto le stazioni di ricarica sono “insufficienti e spesso arretrate”. I numeri sono impietosi: solo 0,4 stazioni di ricarica ogni 100 chilometri, contro le 19,3 nei Paesi Bassi, le 3,5 in Cina, le 3,1 nel Regno Unito e le 2,8 in Germania. (fonte: International Energy Agency).

Un altro aspetto che non ha convinto gli analisti di Roland Berger è stato il quadro normativo, considerato non “in linea con la rivoluzione tecnologica in atto, pur con un importante passo segnato dal decreto Smart Road varato nel corso del 2018”. Il riferimento è al decreto che ha dato il via libera alla circolazione delle auto a guida autonoma durante le fasi di sperimentazione.

Questo il commento di Andrea Marinoni, senior partner della Roland Berger:

 “L’apparente arretratezza dell’Italia nel percorso di realizzazione della mobilità del futuro non è di per sé un elemento negativo, perché il Paese dispone di molte eccellenze in ambiti tecnologici promettenti che sapranno conquistarsi la propria quota di valore. Inoltre, in un quadro di generale incertezza e ambiguità, il ruolo di smart follower (inseguitore intelligente) può consentire di governare una transizione complessa a condizione che si abbia consapevolezza dello scenario a tendere, insieme alla volontà di rafforzarsi e ammodernarsi. Occorre che il Paese si doti di una vera politica industriale sulla mobilità del futuro, incoraggiando la realizzazione di un ecosistema che esalti la qualità delle nostre imprese e accelerando l’innovazione a partire dagli investimenti”.

Insomma, le premesse non sono certo le migliori, ma per l’Italia le porte per uno sviluppo sostenibile della mobilità elettrica non sono ancora del tutto chiuse. Occorre un piano ben preciso, risultato di una sensibilità politica al tema che oggi ancora non c’è.