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Sulle regole la Ue ha figli e figliastri. Ora lo dice anche il Fmi

Oggi, Mercoledì 1 febbraio il governo italiano dovrà rispondere alla richiesta della Ue di una manovra bis da 3,4 miliardi di euro, necessaria a non sforare il tetto del 3% di deficit previsto dal Patto di Stabilità. “Rischiate una procedura per deficit eccessivo”, ha avvertito il Commissario europeo agli Affari Economici, Pierre Moscovici, che appena tre anni fa era ancora ministro delle Finanze di un Paese, la Francia, che dal 2008 viola pressoché indisturbata le regole di bilancio comunitarie. E sarebbe davvero una beffa se un’eventuale procedura di infrazione nei confronti di Roma sfociasse in una sanzione economica, dopo che, l’estate passata, quelle aperte nei confronti di Spagna e Portogallo finirono in una bolla di sapone. Ad accusare Bruxelles di far rispettare poco, male e in maniera diseguale le tavole della legge dell’austerità è oggi anche il Fondo Monetario Internazionale, un’istituzione che ha, nondimeno, i suoi problemi di credibilità, come dimostrato lo scorso anno da uno spietato internal audit.

“Due Paesi su tre sforano ogni anno”

In un rapporto sulle politiche fiscali nell’area dell’euro pubblicato lunedì 30 gennaio, l’istituto di Washington scrive che dal 2002 al 2015 due Stati membri su tre hanno violato gli obiettivi di medio termine stabiliti da Bruxelles “ogni singolo anno”, trasgressioni che hanno spesso natura “sistematica”. Il rispetto delle regole, osserva il Fmi, “è peggiorato in maniera particolare durante la crisi: nel 2009 gli obiettivi di medio termine sono stati violati dal 90% dei Paesi, il tetto di debito dal 50%, il limite del deficit dall’85% e le richieste di aggiustamento fiscale dal 75%”.

In parallelo, “la quota di Paesi con un debito superiore al 60% del Pil è salita dal 35% nel 1999 al 75% nel 2015”. Il Fondo ritiene che per assicurare il rispetto delle regole è opportuno “rendere le sanzioni più accettabili politicamente”, anche perché le sanzioni economiche non fanno che “esacerbare le difficoltà finanziarie di governi già sotto stress” e “creare benefici tangibili per chi rispetta le regole” come, ad esempio, una maggiore quota di fondi strutturali”.

Quella Francia indisciplinata (che, però, se la cava sempre)

Uno dei trasgressori più recidivi è proprio la Francia, che dal 2008 al 2015 non ha mai rispettato il tetto del deficit del 3%, a volte sforandolo in maniera clamorosa, e senza mai pagarne le conseguenze. Nello stesso periodo l’Italia ha mancato il target solo nei tre anni dal 2008 al 2010, i più duri della crisi finanziaria. È corretto sottolineare che dietro a questi due pesi e due misure c’è una logica: Parigi ha un debito pubblico più basso di Roma e ha ritmi di crescita più robusti, tali da consentire, sulla carta, di rientrare nei parametri più rapidamente.

Secondo il rapporto del Fmi, i parametri di Maastricht vengono rispettati in maniera “diseguale” perché i Paesi più grandi riescono a ottenere un trattamento preferenziale in virtù del loro peso. “Le peculiari procedure di coordinamento e sorveglianza, hanno reso problematica l’applicazione del Patto”, si legge nel documento, che identifica un punto debole nella doppia responsabilità di Commissione Europea ed Ecofin nel garantire che i trasgressori vengano sanzionati. “Di conseguenza, alcuni hanno sostenuto che l’applicazione del Patto di Stabilità non sia stata equa, con un trattamento preferenziale per i Paesi più grandi che hanno maggiori diritti di voto”, sottolinea l’istituto di Washington, “in secondo luogo, i membri dell’Ecofin potrebbero essere incentivati a lasciar correre ed evitare azioni che possano essere politicamente costose per gli altri membri, in quanto potrebbero trovarsi loro stessi in una fase di sofferenza fiscale in futuro”. Una “collusione implicita” che, nelle parole di Ottmar Issing, ex capo economista della Bce, è una “situazione nella quale i potenziali peccatori giudicano i peccatori effettivi”.

La scarsa trasparenza allontana i cittadini

Questa “mancanza di trasparenza nel processo decisionale”, osserva il Fondo, è una delle ragioni del sempre più lacerante distacco tra le istituzioni europee e i cittadini, che tanti voti fa guadagnare ai partiti euroscettici. “Su molte questioni le decisioni vengono prese tra governi, il che consente meno vigilanza democratica”, si legge nel documento, “ad esempio, per quanto riguarda le decisioni dell’Ecofin, non esistono verbali delle discussioni ma solo comunicati stampa con il contenuto dell’accordo raggiunto. Inoltre il fatto che l’Ecofin combini poteri legislativi ed esecutivi (con la facoltà di emettere le norme fiscali e di decidere sulla loro applicazione) potrebbe causare un’eccessiva concentrazione di poteri e minare il sistema di pesi e contrappesi”. Un altro punto critico è “la complessità e la sofisticatezza del quadro di governance, in particolare in campo fiscale, che lo rende difficile da comprendere”. Problema a sua volta “esacerbato dalla molteplicità di schemi di monitoraggio, che a volte produce messaggi contraddittori”. Tutti questi fattori “si sono tradotti in una mancanza di trasparenza del Patto di Stabilità” che, secondo il Fmi, consente ai governi nazionali di scaricare su Bruxelles la responsabilità delle scelte politiche più impopolari.

In Europa c’è “carenza di democrazia”

Questa mancanza di trasparenza, conclude il Fmi, è tra le ragioni per le quali le istituzioni europee patiscono una “carenza di democrazia”. La soluzione proposta dal Fondo consiste nell’aumentare i poteri del Parlamento Europeo, organismo che viene eletto direttamente dai cittadini e che rappresenta in concreto la sovranità popolare. “Il Parlamento Europeo non ha iniziativa legislativa, non ha supervisione sul Consiglio Europeo e può sfiduciare la Commissione solo in blocco, non per singolo commissario”, ricorda il rapporto, “di conseguenza le istituzioni europee soffrono di un deficit di legittimità democratica e sono spesso percepite dall’opinione pubblica come entità non elette che non devono chiedere conto a nessuno”.