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Terre e rocce da scavo, primo ok del CdM al regolamento di semplificazione

Viene eliminato l’obbligo di comunicazione preventiva all’autorità competente di ogni trasporto di terre e rocce da scavo qualificate come sottoprodotti. Il Consiglio dei Ministri ha approvato il 6 novembre in via preliminare lo schema di decreto presidenziale (DPR) recante la disciplina semplificata della gestione delle terre e rocce da scavo, a norma dell'articolo 8 del decreto Sblocca Italia (decreto-legge n. 133 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 164 del 2014), “consentendo di assorbire tutte le disposizioni attualmente vigenti in un testo unico, integrato e autosufficiente”, spiega un comunicato di Palazzo Chigi.

Lo schema di regolamento disciplina il riutilizzo nello stesso sito di rocce e terre da scavo qualificate sottoprodotti; il deposito temporaneo delle terre e rocce da scavo qualificate rifiuti; la gestione delle terre e rocce da scavo nei siti oggetto di bonifica. Il decreto sarà sottoposto a una consultazione pubblica di trenta giorni. Al suo termine il ministro dell’Ambiente pubblica eventuali controdeduzioni. Il regolamento introduce definizioni più chiare e coordinate con la normativa vigente, nonché una disciplina più dettagliata del deposito intermedio delle terre e rocce da scavo qualificate come sottoprodotti.

I residui della lavorazione dei materiali lapidei vengono esclusi dalla nozione di terre e rocce da scavo, novità che consente agli operatori di qualificarli come sottoprodotti in presenza delle condizioni di legge e nel pieno rispetto dei livelli di tutela ambientale.

Viene eliminato l’obbligo di comunicazione preventiva all’autorità competente di ogni trasporto di terre e rocce da scavo qualificate come sottoprodotti, prevedendo l'attivazione allo stesso tempo dei necessari controlli da parte delle Autorità competenti. È inoltre prevista una procedura più rapida per attestare che le terre e le rocce da scavo generate nei cantieri di grandi dimensioni soddisfino i requisiti normativi nazionali e comunitari per essere qualificate sottoprodotti.

Viene introdotto un iter più spedito per apportare modifiche sostanziali al piano di utilizzo delle terre e rocce da scavo, con la possibilità di una proroga di un anno della durata del piano per le terre e le rocce da scavo generate nei grandi cantieri.

Per lo svolgimento delle attività di analisi di ARPA e APPA si prevedono tempi certi, sempre pari a 60 giorni.

Tra le altre novità del decreto, l'introduzione di procedure uniche per gli scavi e la caratterizzazione dei terreni generati dalle opere da realizzare nei siti oggetto di bonifica, che forniscano chiarezza e un riferimento normativo unico agli operatori; nonché una procedura specifica per l’utilizzo in sito delle terre e rocce da scavo escluse dal campo di applicazione dei rifiuti e prodotte dalla realizzazione di opere sottoposte a Valutazione di impatto ambientale. “La stesura dello schema di regolamento – spiega Palazzo Chigi – recepisce le richieste formali presentate dalla Commissione europea nell’ambito della procedura Eu-Pilot 5554/13/ENVI avviata nei confronti dell’Italia, evitando in questo modo la possibilità che il progetto pilota evolva in una procedura d’infrazione contro l’Italia”.

“Lo schema di provvedimento, ancora non definitivo, dovrebbe aver mantenuto, come auspicato dall’Ance, un regime semplificato per la gestione delle terre e rocce da scavo prodotte nei cantieri di piccole dimensioni o in quelli di grandi opere non soggette a Via o ad Aia”, spiega l'Associazione nazionale dei costruttori edili. “Fino alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del testo definitivo, comunque, si continueranno ad applicare le norme e le procedure attualmente in vigore”.

Ricordiamo che l’articolo 8 della Legge Sblocca Italia autorizza il Governo all’adozione di un regolamento di delegificazione volto a dettare disposizioni per il riordino e la semplificazione della disciplina riguardante la realizzazione degli interventi che comportano la gestione delle terre e rocce da scavo. In particolare, il decreto deve rispettare una serie di principi e criteri direttivi elencati nella norma tra i quali figura:

  1. il coordinamento formale e sostanziale delle disposizioni vigenti;
  2. l’indicazione esplicita delle norme abrogate;
  3. la proporzionalità della disciplina all’entità degli interventi da realizzare;
  4. il divieto di introdurre livelli di regolazione superiori a quelli minimi previsti dall’ordinamento europeo ed, in particolare, dalla direttiva 2008/98/UE, relativa ai rifiuti.

Tra i principi e i criteri direttivi figurano anche il criterio relativo al deposito temporaneo; la razionalizzazione e la semplificazione del riutilizzo nello stesso sito di terre e rocce da scavo, provenienti da cantieri di piccole dimensioni finalizzati alla costruzione/manutenzione di reti e infrastrutture, con esclusione di quelle provenienti da siti contaminati; la garanzia di livelli di tutela ambientale e sanitaria almeno pari a quelli attualmente vigenti, e comunque coerenti con la normativa europea.

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