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Pizzarotti, Tav Milano-Verona a rilento e Pf autostradali bloccati frenano l’attività in Italia

«Ecco come si perdono in mille rivoli quote rilevanti di sviluppo di questo Paese». Michele Pizzarotti, vicepresidente della omonima società di famiglia, numero 4 nel ranking delle imprese di costruzioni in Italia, agita un documento che fa i conti dettagliati degli impatti potenziali di dieci grandi opere bloccate o traballanti, tutte presenti nel portafoglio lavori della società. Un valore totale di 4 miliardi di appalti e concessioni – frenati dalla mancanza di autorizzazioni o di finanziamenti, dalla lentezza della burocrazia o dai litigi fra amministrazioni – che produrrebbero 109mila unità di lavoro annue spalmate su nove anni se venisse rispettato il cronoprogramma previsto per ogni singola opera. Per molti di questi cantieri Pizzarotti ha una quota ma alla fine la somma ha un peso prevalente nel «portafoglio Italia» complessivo del gruppo che vale 2.570 milioni.

Pizzarotti spa ha appena approvato il bilancio 2014 con un fatturato sostanzialmente stabile (1.140,7 milioni contro i 1.161,8 del 2013), un margine operativo lordo in forte crescita (da 96,8 milioni a 141,6) e un utile più che raddoppiato (da 32 a 74,2 milioni). La ripartizione fra Italia ed estero del fatturato e del portafoglio raccontano però di un gruppo che sta spostando via via il baricentro verso l'estero, seguendo il cammino che praticamente tutti i grandi gruppi delle costruzioni italiane hanno percorso in questi anni. Su questo pesa non poco proprio la frenata del mercato interno che Pizzarotti finora ha avvertito meno di altri grazie soprattutto ai lavori svolti a pieno regime sulle autostrade lombarde (Brebemi e Teem) dove la società è impegnata con robuste quote dei consorzi realizzatori.

Il fatturato estero passa dal 20,8 al 23,1% «e sarà in forte crescita – dice Michele Pizzarotti – anche nei prossimi anni perché abbiamo potenziato la nostra rete». Lo conferma il portafoglio lavori, pari a 4.016 milioni, dove la quota estero è passata dal 21,8 al 36%.

Se «la diversificazione geografica è uno dei principali driver individuati dal gruppo per perseguire l'obiettivo di consolidamento della crescita dimensionale», sul fronte interno il blocco o l'estrema lentezza di una larga parte delle opere in portafoglio rischia di frenare la crescita del gruppo.

L'opera più importante per dimensione e valore strategico nel pacchetto dei dieci lavori fermi è l'Alta velocità Milano-Verona (valore complessivo 3.954 milioni) per cui il consorzio realizzatore Cepav2 (guidato da Eni-Saipem con Pizzarotti per ora al 24%) sta trattando per l'atto integrativo che dovrebbe fissare il prezzo definitivo. La trattativa, che si dovrebbe chiudere a fine giugno per consentire l'avvio dei cantieri a luglio, è però molto serrata: 3,2 miliardi è la proposta del consorzio mentre il gruppo Fs (Rfi e Italferr) sono partiti da 2,1 miliardi e ora hanno "aperto" a 2,6. Ma le posizioni restano lontane. Manca anche la registrazione di vecchie delibere Cipe e il completamento del finanziamento.

Un'altra opera potenzialmente strategica, in relazione al progetto «Grande Pompei», è il raddoppio e l'interramento della ferrovia circumvesuviana nella provincia di Napoli (Pompei e Sorrento) con due progetti rispettivamente di 129,3 e 163 milioni di euro. Mancano risorse del ministero delle Infrastrutture finite in perenzione o definanziate e risorse del Fondo sviluppo coesione per cui si attende la delibera quadro del Cipe. Con lo svincolo dei fondi sarebbe possibile contrattualizzazione e avvio lavori.

Pizzarotti ha poi un pacchetto di concessioni autostradali che sono, in questo momento, una tipologia di intervento su cui il ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio, vuole effettuare un attento screening. Si tratta di opere come la Campogalliano-Sassuolo per cui sono previsti 27 anni di concessione e un costo di 881,3 milioni (ma il Cipe non si è mai pronunciato sulla defascalizzazione), l'autostrada Cispadana (investimenti per 1,3 miliardi) su cui grava un parere negativo del ministero dei Beni culturali e un mancato trasferimento del ruolo di concedente dalla Regione Emilia-Romagna al ministero delle Infrastrutture, la Ferrara-Porto Garibaldi (560 milioni) per cui si chiede un accorpamento della concessione a quella della Cispadana (ma è noto che l'articolo 5 del decreto sblocca-Italia che consente queste operazioni è bloccato da Bruxelles), il collegamento viario del porto di Ancona (479 milioni) frenato da un nuovo tracciato, da tempi lunghi degli atti approvativi e dalla previsione nel piano finanziario di un contributo o defiscalizzazione mai approvato, le tangenziali venete (2,6 miliardi) e la superstrada a pedaggio Valsugana/Valbrenta-Bassano (866 milioni) per cui Pizzarotti ha una nomina a promotore. Semplice nomina a promotore anche per il metrò D di Roma (2,1 miliardi).