Il dato temuto è arrivato: l’Eurozona è in deflazione. L’indice dei prezzi al consumo calcolato da Eurostat per i 19 Paesi che condividono la moneta unica è sceso in dicembre dello 0,2% rispetto allo stesso mese di un anno fa, in netto calo rispetto al +0,3% di novembre. Per trovare un altro dato negativo bisogna tornare indietro di oltre cinque anni, precisamente all’ottobre del 2009, quando il segno meno era arrivato al quinto mese consecutivo nell’Eurozona. Da allora non era più successo. Una notizia attesa dai mercati e dalla Bce, che ora non ha più alibi e deve cercare nuove misure di politica monetaria per far tornare l’inflazione vicina all’obiettivo del 2 per cento.
In Italia inflazione zero a dicembre. L'Istat, nelle stime, segna variazioni nulle sia su base mensile che annua, dopo un novembre in positivo (+0,2% il tendenziale). L'azzeramento, spiega l'istituto, risente dell'ulteriore calo dei prezzi dei carburanti (-7,5% annuo per la benzina, -9,0% per il diesel). Il tasso d'inflazione medio annuo per il 2014 è pari allo 0,2%, in netta frenata rispetto al 2013, quando era all'1,2% (in dodici mesi è stato perso un punto percentuale). È il tasso più basso dal 1959,oltre mezzo secolo.
Eurostat spiega che il dato negativo di dicembre è l’effetto del crollo dei prezzi energetici (-6,3%, contro il -2,6% di novembre), mentre i prezzi degli alimentari sono rimasti stabili (contro +0,5% a novembre), così come i listini dei beni industriali. Unico segno positivo quello dei prezzi dei servizi (+1,2%, contro lo zero di novembre).
Il dato europeo arriva all’indomani di quello della Germania, dove l’inflazione ha rallentato bruscamente a dicembre: secondo l'istituto di statistica Destatis, l'indice armonizzato europeo è stato pari a +0,1% contro il +0,5% di novembre, trascinato al ribasso dai prezzi dell'energia. Il dato è ai minimi dall'ottobre 2009 e sotto le attese degli analisti che lo indicavano a +0,2 per cento.
Nei giorni scorsi anche il dato spagnolo, sempre relativo al mese di dicembre, si è rivelato ben al di sotto delle attese, con un -1.1% su base annua che segna una decisa accelerazione al ribasso rispetto al -0,4% di novembre.
Nei giorni scorsi Mario Draghi, presidente della Bce, in un'intervista al giornale tedesco Handelsblatt ha accennato alla possibilità che l'area euro finisca in deflazione: «Il rischio – ha detto – non si può completamente escludere, anche se è limitato».
Dietro a questa nuova brusca frenata dell'inflazione c'è il crollo dei prezzi del petrolio, che fa scendere tutti i listini legati all'energia. Proprio per questo, alcuni esponenti di primo piano della Bce, tra cui il governatore della Bundesbank Jens Weidmann, hanno avvertito che un'eventuale discesa dell'Eurozona in deflazione per qualche mese non deve allarmare e anzi che la caduta del prezzo del greggio può essere un viatico per la ripresa dell'economia europea.
Resta il fatto che l'obiettivo della Bce, quello di un'inflazione «al di sotto ma vicina al 2%», è ben lontano e dunque Francoforte è chiamata a intervenire per non “tradire” il suo mandato. La riunione del Consiglio direttivo del prossimo 22 gennaio viene vista da molti osservatori come decisiva per lanciare un programma massiccio di acquisto di titoli di Stato, al quale Draghi ha più volte fatto riferimento come a un'ipotesi sul tavolo. Una parte minoritaria dei 25 membri del Consiglio è contraria al Quantitative easing, ma Draghi potrebbe decidere di agire a maggioranza, come già avvenuto in passato. Quando Draghi lanciò il piano Omt nel settembre 2012, il voto non fu unanime, ma ci fu un solo no: quello del presidente della Bundesbank.