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Adesso Renzi si gioca tutto sull’economia, no retromarce

Con l'elezione di Sergio Mattarella al Quirinale, Matteo Renzi e il suo governo hanno superato indenni un passaggio a triplo coefficiente di difficoltà. L'Italia può contare oggi su un capo dello Stato di solida competenza e affidabilità. Non era scontato e va a merito di Renzi. Secondo un'espressione in voga di questi tempi, si direbbe che nel sistema politico la chiesa è stata rimessa al centro del villaggio.

Adesso però il villaggio ha bisogno di tornare a crescere, ha necessità urgente di grano e farina, di olio, di vino e di legna da ardere, perché è troppo tempo che i suoi abitanti – per dirla con il capo dello Stato – sono in difficoltà ed è tempo di ridare loro speranza. Anche perché è nella crisi del Paese e nella sofferenza di ciascuno che si fanno largo gli illusionismi pericolosi dei demagoghi cinici a caccia di facili consensi.

Mai come oggi le circostanze esterne consentono di “vedere” la ripresa: la crescita USA a livelli record, l'iniezione di 60 miliardi al mese nell'economia europea attraverso il Quantitative easing, il basso prezzo del petrolio, il cambio favorevole con il dollaro di cui possono avvantaggiarsi le nostre imprese esportatrici (senza bisogno di vagheggiare impraticabili e dannose uscite dall'euro). Dalla Banca d'Italia al Centro studi di Confindustria, passando per la gran parte dei report delle banche internazionali, per la prima volta da anni la sequenza delle previsioni favorevoli è univoca. Anche i consumi danno segnali di risveglio, così come l'occupazione, con le imprese che sembrano pronte a creare lavoro più stabile.

Non mancano però gli elementi di preoccupazione. Dall'involuzione della situazione politica e finanziaria greca, che solo alcuni fatui cantori nostrani di Tsipras possono leggere come un'opportunità per l'Italia (il nostro Paese tra le altre cose è creditore netto della Grecia per almeno 36 miliardi di euro); agli scenari internazionali – la Russia, la Libia – che stanno mettendo in ginocchio aree economiche di stretto interesse per l'Italia.
Preoccupano, poi, i tanti nodi irrisolti di un'economia che continua ad avere il record di pressione fiscale sulle imprese, pochi investimenti, alto debito e una burocrazia che toglie ogni fiducia nella libera iniziativa.

Per queste ragioni, positive e negative, Renzi non può fermarsi. Non perda un attimo con i “tormenti” dell'Ncd, lasci perdere la mappa esatta dei contenuti del Patto del Nazareno, di Civati se ne faccia una ragione. Risolta al meglio la questione del Quirinale, il premier deve tornare immediatamente a occuparsi a pieno regime dell'economia, per cogliere le spinte esterne e rafforzare la fiducia interna che è l'unica vera benzina della ripresa. La stessa salute del suo governo alla fine dipenderà da questo, dal rilancio dell'economia. Ma soprattutto da questo dipenderà la salute dell'Italia e degli italiani.