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Autostrade, la linea dura di Conte fa sbandare Atlantia in Borsa: il titolo crolla in Piazza Affari

(come riportato dalla Redazione di La Repubblica)

Il premier chiede il passo indietro definitivo ai Benetton e il miglioramento della proposta sul Ponte Morandi, per non fare scattare la revoca. Ma le società della galassia di Ponzano ribadiscono

La strada per il rinnovo delle concessioni autostradali si fa ripida per Autostrade per l’Italia (Aspi) e la controllante Atlantia, che fa capo alla famiglia Benetton, sbanda in Borsa. Il titolo della holding che controlla l’88% di Aspi fatica a far prezzo in avvio di seduta a Piazza Affari, schiacciato dagli ordini di vendita. Quando entra in contrattazione, Atlantia segna una caduta in doppia cifra (teorica).

Il mercato prende atto delle novità che si stanno sviluppando a Palazzo Chigi, dove il premier Conte – come ricostruito da Repubblica – è intenzionato a chiedere l’uscita di scena definitiva dei Benetton e non solo una loro diluizione nel capitale della concessionaria autostradale (dall’88 per cento a una quota di minoranza). Una mossa necessaria per non ritrovarsi nella posizione di “socio di” – una volta che lo Stato avesse fatto il suo ingresso, attraverso la Cdp, nella nuova Aspi – da giustificare di fronte all’opinione pubblica e al M5s.

Il fine settimana è stato rovente sul dossier delle concessioni autostradali. Sabato mattina si è riunito il cda di Aspi, che ha recapitato al governo la nuova proposta per cercare di superare l’impasse. Un piano da 3,4 miliardi di oneri per la ricostruzione, manutenzioni e riduzione tariffaria direttamente legati alla tragedia del Ponte Morandi.

Cui si sommano la conferma di investimenti per 14,5 miliardi e altri 7 miliardi di manutenzioni programmate nell’arco della concessione. A ciò si aggiunge, infine, la revisione delle regole dei pedaggi prevedendo un modello sulla linea di quanto prescritto dall’Autorità dei trasporti. Come hanno avuto modo di spiegare gli ad di Atlantia e Autostrade – Carlo Bertazzo e Roberto Tomasi – nell’intervista a Repubblica, la remunerazione non si baserebbe più sull’inflazione ma sugli investimenti realizzati: “Abbiamo accettato un tasso di rendimento del capitale del 7,09% pre-tasse anche su opere complesse come la Gronda di Genova e il nodo di Bologna”.

Elementi che sono stati giudicati comunque insoddisfacenti dal presidente del Consiglio, che in una intervista al Fatto Quotidiano ha detto di non esser “per nulla” soddisfatto della risposta dell’azienda, “per non dire” che è “imbarazzante”.

Il nodo vero è la permanenza della famiglia Benetton, attraverso la holding Atlantia, nelle Autostrade. I manager hanno confermato la roadmap per scendere dall’88 a sotto il 51% “a condizioni di mercato e nel rispetto dei soci di minoranza Allianz e Silk Road”. Via libera anche a una revisione della governance in modo che i soggetti pubblici possano contare di più, ma le società non sono disposte a sfilarsi del tutto.

La richiesta che dunque sta maturando a Palazzo Chigi, per salvare la maggioranza e il governo e non far scattare la revoca della concessione per decreto è l’uscita dei Benetton. Una eventualità, alla luce del decreto Milleproroghe che ha abbattuto da oltre 20 a 7 miliardi gli indennizzi previsti per Aspi, che farebbe saltare la sua società e metterebbe in seria difficoltà la sua controllante.

Per gli analisti finanziari, tutto ciò è “evidentemente negativo”, per dirla con Banca Akros. “Non è ancora chiaro se il governo stia considerando un accordo dell’ultimo minuto. La revoca – scrivono in un report questa mattina – condurrà comunque a una lunga battaglia legale e a una incertezza prolungata”.

Un pericolo serio, tanto da far dichiarare a Gianni Mion, presidente di Edizione (la cassaforte di Ponzano Veneto) e uomo storicamente vicino alla famiglia di imprenditori, di non esser ottimista sull’esito della trattativa, per quanto la proposta recapitata al governo sia “seria”. La decisione definitiva dell’esecutivo dovrebbe esser ratificata nel Cdm previsto per martedì mattina.