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Agcom: per banda ultra larga «arretratezza preoccupante»

Gli indicatori per la banda ultra larga «presentano un grado di arretratezza preoccupante rispetto all'Europa». Così Angelo Cardani, presidente dell’Agcom, nella sua relazione annuale. «L’Italia – prosegue – registra un livello di copertura del 36% contro il 68% dell’Ue a 28 e di conseguenza un digital divide doppio rispetto a quello europeo e con situazioni regionali che arrivano al 100% (ovvero totale assenza di reti a banda ultralarga)».

Ma non è finita qui: l’Agcom, che pur considera «accettabile» la situazione per la banda larga, nota che, riguardo alle connessioni a banda ultra larga è «ancora più critica la situazione se si considera il livello di penetrazione: solo il 4% delle famiglie utilizza connessioni superiori a 30 megabit al secondo (contro il 26% dell’UE-28) e praticamente nulle sono le connessioni superiori a 100 Mbps (9% nell’UE-20)».

Secondo Cardani «un ruolo decisamente importante nella direzione di colmare tale divario potrà essere svolto attraverso gli strumenti messi in campo dal Governo in attuazione della Strategia per la banda ultra larga, che prevede la destinazione di una quota significativa di incentivi e contributi finanziari alle aree bianche (percentuale di digital divide pari al 100%) del Paese».

Nel 2014 si inverte il trend degli investimenti nel settore delle telecomunicazioni. Nonostante il protrarsi del declino dei ricavi, il comparto mette a segno un aumento dello 0,9% rispetto alla riduzione del 5% registrata nel 2013. Nella rete fissa di Telecom tra il 2013 e il 2014 gli investimenti sono saliti del 7,7 per cento. Anche gli operatori alternativi hanno aumentato i loro investimenti nel fisso, del 6,6 per cento. In declino, invece, gli investimenti nel mobile che perdono il 6,5 per cento. In totale nel 2014, secondo i dati diffusi dall’Agcom, sono stati investiti in immobilizzazioni 6 miliardi rispetto ai 5,9 miliardi del 2013. Sempre secondo l’Agcom, nel 2014 i ricavi sono scesi del 7,7% nell'intero settore delle tlc rispetto al 2013.

«Nell’ultimo quinquennio si è assistito in Italia a una progressiva diminuzione dei ricavi nel settore dell'informazione: i media “classici” (quotidiani, tv, radio) hanno complessivamente perso quasi 2 miliardi di euro, con una riduzione pari al 16% nel periodo 2010-2014, con punte superiori al 30% nel caso dei quotidiani».

Il presidente dell’Agcom nella sua relazione annuale rileva che mentre la televisione, anche grazie alla sua funzione di intrattenimento, mantiene una posizione importante, i quotidiani soffrono di un declino strutturale. «In questo settore è necessario un radicale ripensamento del disegno istituzionale e regolamentare. In primo luogo occorre adottare un quadro di regole coordinate per i vari media, flessibile, al passo con l’evoluzione del sistema e in grado di continuare a garantire il pluralismo informativo.

Il quadro dovrebbe tener conto in particolare delle specificità del web e del primario ruolo di mezzo di informazione che esso va assumendo in virtù dei molti operatori che agiscono come piattaforme di aggregazione, ricerca e condivisione sociale».