L’aver partecipato recentemente, con qualche responsabilità, alla costruzione ed allo svolgimento di un corso di aggiornamento in materia di mobilità urbana connotato, come nella serie di “istruzione permanente” di cui fa parte, di attenzione e di pratica tematica trasversale tra la materia propriamente tecnico-urbanistica e quelle più direttamente di settore (costruzioni stradali e trasporti) mi ha indotto ad alcune osservazioni in parte preventive e in parte consuntive, anche maturate dalla rilettura di qualche appunto.
Più precisamente, si è trattato del XVII Corso di aggiornamento “Tecniche per la sicurezza in ambito urbano” dedicato alla: “Segnaletica stradale in ambito urbano. Metodi e tecniche d’attuazione”. Il Corso è stato co-organizzato dal Centro Studi Città Amica (CeSCAm) dell’Università degli Studi di Brescia per gli aspetti scientifici – essendone Direttore io, che qui scrivo, e Vicedirettore il professor Giulio Maternini – e da Egaf Edizioni, di Forlì, per gli aspetti operativi. Svoltosi in Desenzano del Garda nella giornata del 25 Ottobre 2013, il Corso è stato supportato dalla immediata disponibilità di volume di Egaf dallo stesso titolo. Docenti del Corso ed Autori dei relativi capitoli del libro sono stati, oltre a noi due suddetti, i colleghi Ingegneri Giuseppe Cantisani, Felice Giuliani e Roberto Maja, Professori rispettivamente nell’Università di Roma “La Sapienza, nell’Università degli Studi di Parma e nel Politecnico di Milano.
Se anche solo una sintesi dei contenuti emersi non è possibile in questo spazio, utile può però essere la proposizione di alcuni spunti tematici.
La città è senz’altro la più grande (come dimensioni) e la più articolata (come complessità) macchina creata dall’uomo. Ed il progettarla e gestirla – ma prima ancora capirla – è impresa ardua per eccellenza e comunque dagli esiti mai scontati.
La difficoltà (oggettiva) non può essere, però, fattore di fatalismo o di rinuncia. Anzi, il buon Tecnico deve trarne incoraggiamento all’impegno per il fare bene.
Ma quale può essere la dotazione necessaria perché tale impegno dia buoni risultati
Vediamo di fornire qualche indicazione in merito.
È necessario innanzitutto essere attrezzati culturalmente, perché l’approccio alla molteplicità delle tematiche in campo ed all’intreccio dei relativi rapporti causa-effetto può essere addirittura tutt’altro che ovvio.
Alla indispensabile cultura è subito da aggiungere la non meno obbligatoria necessità di disporre di obiettivi adeguatamente elevati e chiari.
È a questo punto che entra in gioco la capacità tecnica. Il fare deve discendere, infatti dal saper fare e questo dal sapere. Il tutto è conseguenza di studio, di maturazione e di esperienza.
L’essere, a vario titolo, operatori della mobilità in ambiente urbano ci impone attenzione alle specificità dei nostri interessi.
Ecco: correntemente la cosa è affrontata e risolta come se riguardasse solo il banale atto di sistemare il lato della carreggiata con certi segnali o il fondo stradale con certe pitturazioni, finalizzati gli uni e gli altri a conseguire determinati esiti in ordine al prescrivere od all’indicare qualcosa al guidatore. Non ci si impegna più di tanto sulla qualità del servizio. Talora, addirittura, l’obiettivo reale è adempiere ad una formalità a sgravio di responsabilità. Non ci si preoccupa di cosa ciò rappresenti per la via (o, più in generale, per la città); e neppure degli esiti derivanti alla gente.
Mettiamo in ordine gli argomenti per il bene operare. Ebbene: la buona tecnica urbanistica , con la buona tecnica ed economia dei trasporti e la buona tecnica delle costruzioni stradali, costituiscono la base culturale indispensabile anche nel caso nostro; il livello tecnico è anche fattore essenziale per l’individuazione degli obiettivi di base; basti, in merito, aver presente l’enorme avanzamento che, in questi ultimi decenni, è disceso dall’acquisizione del concetto di “città amica”.
Insomma: gli obiettivi di base sono patrimonio universale e discendono dalle inseminazioni sulla tecnica derivanti dalla maturazione scientifica delle tematiche; la loro acquisizione è cioè un imperativo categorico che prescinde da ogni scelta politica delle Amministrazioni territoriali; è solo a questo punto che, doverosamente, entrano in gioco le opzioni discrezionali proprie della scelta politica e di competenza diretta ed esclusiva dell’Amministrazione territoriale.
Il buon Progettista d’architettura lo sa: a pari altre condizioni la sua opera sarà tanto più apprezzabile quanto più… saprà presentarsi da sola.
È proprio così: già dalla strada si riescono a comprendere le varie funzioni cui sono eventualmente destinate le diverse ali dell’edificio; e i piani manifestano i loro eventuali differenti ruoli.
Poi, entrati, ci si muove come istintivamente tra atrio, portineria, scale e ascensore. E le varie unità funzionali sono raggiungibili pressoché spontaneamente. Entro di esse i locali appaiono al visitatore congegnati secondo logica intuibile; così, ad esempio, dall’ingresso, si trova subito l’ufficio di Segreteria con a fianco la sala d’aspetto; ben chiara è, in ogni caso, la (autorevole) porta del Direttore e comunque ben distinta da quelle dei locali degli impiegati. Ma anche (e non banalmente): se è necessario, si sapranno ben trovare, senza troppe indagini, i servizi igienici. Ecco: la buona architettura è fatta anche in modo da essere facilmente leggibile. La pletora di frecce e di targhe che invece correntemente ci accoglie negli edifici è forse, in non pochi casi, la denuncia di non avercela fatta – o, magari, di non averci neppure provato – a farne a meno.
Nella città è pure così. La città ben fatta riesce, infatti, a spiegarsi da sola. Sa dirci, ad esempio, in che direzione è il centro e dov’è, invece, la periferia. Manifesta la funzione di vie e piazze, e sa come preannunciarci cosa ci aspetta nelle vie e piazze che troveremo più oltre. L’assetto formale degli edifici e la loro collocazione ne esprimono i ruoli. Di notte, l’intensa illuminazione di vetrine e insegne di negozi e di pubblici esercizi irradia i marciapiedi antistanti richiamando i pedoni al loro ruolo di Clienti e, nelle ore più tarde, i flaneurs ai riti notturni della movida.
Il discorso può pure efficacemente essere esteso alle indicazioni comportamentali: l’uso acconcio di forme e di modulazioni dimensionali, ma anche di materiali e di colori organicamente combinati – in quella che è propriamente da considerarsi “strutturazione dei microambienti della città” operando anche tramite “arredo funzionale delle strade urbane” – sono fattori di massima efficacia per indurre comportamenti propri alla gente, in particolare nei sistemi di spazi pubblici urbani, della mobilità e non solo.