L’interazione dinamica terreno-struttura che si verifica allorché ai montanti di una barriera di sicurezza viene trasmessa l’energia cinetica derivante da un urto è un fenomeno abbastanza complesso e relativamente poco conosciuto.
La sperimentazione illustrata ha quindi lo scopo di comprendere i meccanismi fondamentali che intervengono in tale cinematismo.
Sono state realizzate tre prove d’urto in scala reale mediante un pendolo di massa nota su altrettanti montanti strumentati con estensimetri e infissi in una terra perfettamente incoerente.
Le riprese effettuate con una telecamera ad alta velocità hanno consentito di documentare gli effetti dell’urto sui montanti e di seguirne gli spostamenti nel tempo.
Conoscendo quindi le caratteristiche cinematiche e dinamiche dell’urto, basandosi su bilanci energetici e sullo stato tensionale nel montante è stato possibile descrivere completamente l’interazione della struttura con il terreno fino alla sua rottura.
Ciò consente di dimostrare che una valutazione statica delle spinte che si oppongono alla rototraslazione del montante è del tutto inadeguata e che le forze in gioco possono essere sottostimate di un ordine di grandezza. È così possibile valutare, in funzione delle energie massime dissipabili dal terreno, l’opportunità o meno di installare barriere strutturalmente molto resistenti al bordo dei rilevati stradali.
Nella maggior parte delle applicazioni, le barriere di sicurezza vengono infisse nel terreno ottenendo un vincolo che può essere assimilato a un incastro cedevole. Non è raro, infatti, il verificarsi di casi in cui la barriera di sicurezza non ha adempiuto al proprio compito, in quanto il cedimento del terreno ne causa lo scalzamento. Poiché i meccanismi di interazione terreno-paletto (soil-post) non sono sufficientemente conosciuti, si è ritenuto opportuno approfondirli.
È noto che l’interasse dei montanti deve essere tale da garantire alla catenaria, realizzata dal nastro, un contenimento adeguato; gli standard internazionali variano da 3,60 m a 1,33 m e, a volte, si adottano valori anche inferiori (0,90 m) nei tratti più critici.
Per quanto riguarda la profondità d’infissione nel terreno, si parte da un minimo di 1,15 m sui rilevati e in generale la profondità non eccede l’altezza fuori terra. Considerando la sezione dei montanti, relativamente piccola in rapporto alla distanza reciproca, è possibile ricondurre lo studio della barriera continua su più appoggi al caso di un singolo montante. Per analizzare il problema in esame si potrebbe essere tentati di utilizzare gli studi relativi a pali di fondazione sottoposti a carichi orizzontali; tali metodi però, come si dimostrerà, essendo concepiti per spostamenti molto piccoli rispetto a quelli subiti dai montanti e per forze statiche, non paiono adeguati allo scopo.
Per quanto riguarda infine le Normative, che invece sono sufficientemente dettagliate in relazione alle energie di progetto ed alle modalità di collaudo, nonostante di questa problematica sia nota l’importanza, esse non forniscono razionali metodi di dimensionamento o criteri di calcolo.
Poiché nella pratica costruttiva il paletto viene infisso, le variabili in gioco sono numerose: si devono, infatti, considerare le caratteristiche geomeccaniche del terreno, il suo grado di saturazione e, infine, la forma e l’inerzia della sezione del montante. Nell’intento di fornire un contributo alla corretta comprensione del comportamento di un montante infisso nel terreno sottoposto a un urto, si è quindi messa a punto ed eseguita una serie di prove dinamiche la cui interpretazione ha rivelato elementi utili alla progettazione e alla verifica di tali dispositivi.
Le prove dinamiche
Le prove sono state articolate in due fasi, una preliminare e una definitiva, impattando con una massa sospesa (pendolo) un profilato in acciaio infisso in un terreno di caratteristiche note.
La sperimentazione si è svolta secondo il seguente schema:
- individuazione di un’idonea tipologia di terreno in cui infiggere i montanti;
- esecuzione delle prove per la caratterizzazione geomeccanica del sito;
- realizzazione del sito di prova;
- scelta di una massa d’impatto adeguata;
- scelta dei montanti e loro strumentazione con estensimetri opportunamente tarati;
- infissione dei montanti con battipalo e predisposizione sul campo dei sistemi di acquisizione di dati e immagini;
- esecuzione della prova preliminare su due montanti allo scopo di verificare il range di acquisizione degli strumenti;
- esecuzione della prova definitiva su tre montanti.
La descrizione del sito di prova
Il pendolo è stato realizzato collegando una massa per mezzo di due coppie di funi in acciaio ad altrettanti supporti fissi. La realizzazione del sito si è articolata secondo le seguenti tre fasi:
- prima fase – scavo della trincea: al fine di poter testare tre montanti in condizioni uniformi e senza interferenze reciproche, è stata realizzata un’unica trincea con le seguenti dimensioni:
- lunghezza = 12 m, larghezza = 2,5 m e profondità = 2 m;
- seconda fase – prova preliminare: la trincea è stata riempita con sei strati di sabbia, compattati all’umidità ottima con otto-dieci passate di un rullo vibrante, in modo da ripristinarne la continuità con il piano campagna;
- terza fase – prova definitiva: dopo l’esecuzione della prova preliminare, di cui si dirà in seguito, la trincea è stata svuotata e poi nuovamente riempita con sette strati messi in opera con le modalità già illustrate. Nel corso della stesa si sono periodicamente eseguite le prove di densità in sito con il volumometro a sabbia.
Le strumentazioni di misura
Tutti i montanti sono stati strumentati con coppie affiancate (alla stessa quota) di ponti estensimetrici protetti dagli urti e dalle abrasioni, possibili sia durante l’infissione sia durante le prove, mediante un leggero profilato metallico saldato a punti. Il sistema, collaudato con esito positivo durante le prove preliminari, è quindi stato esteso ai tre montanti delle prove finali.
Durante le prove dinamiche, le deformazioni specifiche (ε) dei trasduttori sono state acquisite con una frequenza di 1/1.000 s, per 15 secondi complessivi. Per effettuare le riprese dei crash-test, infine, si sono installati una telecamera VHS destinata a fornire immagini descrittive e, lateralmente, allineato al punto di impatto, il sistema Kodak Ektaprohs 4540/1, costituito da una telecamera dotata di un sensore da 256 x 256 pixel, capace di 4.500 fotogrammi al secondo a pieno schermo. Le riprese, realizzate con una velocità di 250 fotogrammi per secondo, sono state quindi utilizzate per le successive elaborazioni.