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Osservatorio CdS – Luglio/Agosto 2019

Un interessante approfondimento sui contenuti del Codice della Strada: il commento degli artt. 61, 62 e 63 “Sagoma e massa limite, traino dei veicoli”

Osservatorio CdS

Si è così avuto modo di riscontrare che, mentre per i danni sulla pavimentazione gli Enti proprietari sono intervenuti in tempi sufficientemente rapidi, per i ponti e viadotti sono stati realizzati pochi interventi, se non in occasione di realizzazione di varianti ai tracciati stradali.

Non c’è quindi da meravigliarsi oggi se sono diminuiti gli standard di sicurezza delle infrastrutture stradali e soprattutto si è ridotta la loro vita utile.

Dopo il verificarsi di alcuni crolli – per fortuna senza vittime -, già nel 2011 gli Organi competenti del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti segnalarono al Ministro pro tempore la necessità di stanziare i fondi necessari per la “manutenzione straordinaria” di oltre 5.000 ponti ammalorati ricadenti sulle strade statali.

A seguito di tali segnalazioni, negli anni successivi sono stati destinati alcuni finanziamenti che hanno consentito all’ANAS di intervenire almeno nelle situazioni più a rischio.

Diverso e più responsabile è stato il comportamento dei Governi inglese e irlandese che, in occasione dell’emanazione della Direttiva CEE n° 85/3, che ha fissato i limiti di sagoma e di massa dei veicoli, hanno chiesto e ottenuto non solo una proroga decennale per l’applicazione di tale Direttiva – che prevedeva masse maggiori (40 t) rispetto a quelle previste dalla loro Legislazione in materia (38 t) – ma anche un cospicuo contributo economico dalla Comunità Europea per gli oneri di adeguamento delle strutture dei loro ponti.

Anche se questa non è la sede per una disamina di economia dei trasporti, è opportuno sottolineare come la conseguente riduzione dei costi di trasporto dei singoli operatori abbia però comportato un aumento dei costi di manutenzione e di adeguamento delle strutture stradali, con i relativi oneri a carico della collettività e al tempo stesso abbia contribuito a favorire uno squilibrato sviluppo (senza precedenti in Italia, né confronti a livello internazionale) del trasporto delle merci su strada a discapito degli altri modi di trasporto (su ferrovia, su mare e su vie navigabili).

In proposito è doveroso ricordare che la Commissione “Tamburrino”, incaricata della riforma del Codice della Strada, in considerazione dei notevoli danni arrecati alle infrastrutture stradali a seguito dell’emanazione delle “scellerate” Leggi n° 313/1976 e n° 38/1982, aveva predisposto un’apposita disposizione che, molto correttamente, prevedeva che i costi per l’adeguamento delle infrastrutture stradali, a seguito delle aumentate masse o dimensioni dei veicoli, dovessero essere addebitati agli utenti che beneficiavano di tali aumenti e non più, quindi, alla collettività.

Tale disposizione, oltre che rispettare un sano principio dell’economia (paghi in proporzione a ciò che usi) e il “criterio di progressività” secondo cui, in virtù dell’art. 53 della Costituzione, deve essere informato il sistema tributario, avrebbe costituito certamente un grosso deterrente al continuo e sconsiderato aumento dei pesi e delle dimensioni dei veicoli in quanto difficilmente il settore dell’autotrasporto avrebbe sollecitato nuovi aumenti sapendo che poi ne avrebbe dovuto pagare i costi relativi all’adeguamento delle infrastrutture.