Ciò, peraltro, è in linea con gli interessi dell’operatività – propri della cultura dell’ingegnere, ma non solo – che gradisce la disponibilità di “numeri tondi” facilmente metabolizzabili nel sapere del Tecnico.
La tanta (e diversa) debolezza dei soggetti della mobilità dolce
Esistono fondamenti quantitativi per affermare che:
- il pedone è, oltre ogni dubbio, l’utente debole della strada per eccellenza; e lo è, sia pure in differenziati livelli, nei confronti di tutti gli altri utenti; in merito, è significativo rimarcare come tale debolezza sia sempre eclatante nei confronti degli utenti motorizzati (motocicletta e automobile) e soprattutto lo sia per v = 50 km/ora, a conferma del noto sapere empirico secondo il quale il pedone, nel caso di collisione con mezzo motorizzato, può – ma eccezionalmente – conservare qualche possibilità di sopravvivenza solo se investito da veicolo con v < 30 km/ora; peraltro, non possiamo sottacere che il pedone è utente debole anche nei confronti della bicicletta, come inequivocabilmente evidenziato dai relativi numeri 15÷30;
- la bicicletta è senz’altro utente debole della strada rispetto i veicoli motorizzati; non lo è, invece, nei confronti del pedone; in merito, è da notare che l’energia cinetica posseduta dalla bicicletta, se ben modesta rispetto quella di ogni mezzo motorizzato, è in grado di arrecare, in caso di incidente segni evidenti nella carrozzeria del mezzo motorizzato e magari non poco danno al pedone.
- Le considerazioni sopra riportate trovano un proprio limite nel fatto che gli elementi quantitativi qui proposti e utilizzati – cioè l’energia cinetica posseduta dai vari utenti della strada e impropriamente smaltita nello scontro – rappresentano, pure del tutto propriamente ed efficacemente, solo l’attitudine che l’utente
- possiede nel recare danno all’altro. E, in tale logica, la debolezza consiste nel basso livello di tale attitudine. Ma il discorso merita, a questo punto, pure l’apertura ad un altro – e fondamentale – fattore, complementare al precedente, connotante la debolezza. E cioè: il livello di protezione dell’utente dalle conseguenze di tale improprio smaltimento di energia cinetica.
- Con interessi sistematici, pur se solo con approccio qualitativo, è subito evidente che:
- anche sotto questo profilo, il pedone si conferma essere, oltre ogni dubbio, l’utente debole della strada per eccellenza;
- egli, infatti, non fruisce di protezione di sorta. Pertanto ogni conseguenza dell’incidente è assorbita direttamente ed esclusivamente dalla sua fisicità;
- la bicicletta è pure, oltre ogni dubbio, utente debole della strada;
- come noto, invero, il ciclista non gode di ripari alla sua persona, a parte il casco quando indossato (perché vivamente consigliato ma non obbligatorio). A sfavore dell’incolumità del ciclista contribuisce anche la propria velocità relativamente elevata che, in caso di incidente, può entrare in viziosa sinergia con gli effetti di velocità dell’altro mezzo;
- peraltro, anche la motocicletta si manifesta come utente non banalmente debole; il motociclista, infatti, fruisce di protezioni relativamente modeste, essendo il solo casco obbligatorio e facoltativo eventuale altro (guanti, tuta, scarpe, ecc.). La velocità potenzialmente (e, nei fatti, frequentemente) elevata del mezzo può inoltre essere fattore di non improbabile severità delle conseguenze dell’incidente;
- la forza, in assoluto, dell’automobile è anche in questo contesto conclamata dal fatto che guidatore e passeggeri sono, di regola, protetti dalla carrozzeria e dai relativi congegni di sicurezza (cinture, airbag, ecc.). Tali protezioni sono massime in alcuni tipi di automobile (suv, ecc.).
Da quanto qui emerso è allora possibile, in conclusione, così esprimersi sinteticamente:
- la velocità è fattore fondamentale della severità degli esiti dell’incidentalità;
- il controllarla deve pertanto essere obiettivo primario di pratiche, tecniche e politiche per la sicurezza stradale;
- il pedone è, sotto ogni profilo, l’utente debole della strada per antonomasia; come tale deve essere tutelato dalla forza degli altri utenti: di quelli motorizzati, senz’altro, ma anche – preso atto degli inevitabili distinguo – della bicicletta;
- pure la bicicletta è utente debole della strada; la sua tutela va quindi senz’altro perseguita con le modalità del caso e comunque in subordine a quella del pedone;
- l’innegabile debolezza della motocicletta, a fronte delle sue caratteristiche cinematiche, ne fa in ogni caso un utente della strada da tutelarsi sostanzialmente solo in subordine a quelli non motorizzati e solo una volta che questi siano stati adeguatamente tutelati da esso.
- Circa le tecniche per tali tutele e, prima ancora, per offrire agli utenti deboli della strada spazi propri alla loro natura, si rinvia alla letteratura in merito disponibile.