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La “forza” dei diversi utenti della strada urbana: uno strumento di analisi comparativa

"... "Maître Andry - reprit Jehan, toujours pendu à son chapiteau - tais-toi, ou je te tombe sur la tête!". Maître Andry leva les yeux, parut mesurer un instant la hauteur du pilier, la pesanteur du drôle, multiplia mentalement cette pesanteur par le carré de la vitesse, et se tut… "

La “forza” dei diversi utenti della strada urbana: uno strumento di analisi comparativa

Ciò, peraltro, è in linea con gli interessi dell’operatività – propri della cultura dell’ingegnere, ma non solo – che gradisce la disponibilità di “numeri tondi” facilmente metabolizzabili nel sapere del Tecnico.

La tanta (e diversa) debolezza dei soggetti della mobilità dolce

Esistono fondamenti quantitativi per affermare che:

  • il pedone è, oltre ogni dubbio, l’utente debole della strada per eccellenza; e lo è, sia pure in differenziati livelli, nei confronti di tutti gli altri utenti; in merito, è significativo rimarcare come tale debolezza sia sempre eclatante nei confronti degli utenti motorizzati (motocicletta e automobile) e soprattutto lo sia per v = 50 km/ora, a conferma del noto sapere empirico secondo il quale il pedone, nel caso di collisione con mezzo motorizzato, può – ma eccezionalmente – conservare qualche possibilità di sopravvivenza solo se investito da veicolo con v < 30 km/ora; peraltro, non possiamo sottacere che il pedone è utente debole anche nei confronti della bicicletta, come inequivocabilmente evidenziato dai relativi numeri 15÷30;
  • la bicicletta è senz’altro utente debole della strada rispetto i veicoli motorizzati; non lo è, invece, nei confronti del pedone; in merito, è da notare che l’energia cinetica posseduta dalla bicicletta, se ben modesta rispetto quella di ogni mezzo motorizzato, è in grado di arrecare, in caso di incidente segni evidenti nella carrozzeria del mezzo motorizzato e magari non poco danno al pedone.
  • Le considerazioni sopra riportate trovano un proprio limite nel fatto che gli elementi quantitativi qui proposti e utilizzati – cioè l’energia cinetica posseduta dai vari utenti della strada e impropriamente smaltita nello scontro – rappresentano, pure del tutto propriamente ed efficacemente, solo l’attitudine che l’utente
  • possiede nel recare danno all’altro. E, in tale logica, la debolezza consiste nel basso livello di tale attitudine. Ma il discorso merita, a questo punto, pure l’apertura ad un altro – e fondamentale – fattore, complementare al precedente, connotante la debolezza. E cioè: il livello di protezione dell’utente dalle conseguenze di tale improprio smaltimento di energia cinetica. 
  • Con interessi sistematici, pur se solo con approccio qualitativo, è subito evidente che:
  • anche sotto questo profilo, il pedone si conferma essere, oltre ogni dubbio, l’utente debole della strada per eccellenza; 
  • egli, infatti, non fruisce di protezione di sorta. Pertanto ogni conseguenza dell’incidente è assorbita direttamente ed esclusivamente dalla sua fisicità; 
  • la bicicletta è pure, oltre ogni dubbio, utente debole della strada; 
  • come noto, invero, il ciclista non gode di ripari alla sua persona, a parte il casco quando indossato (perché vivamente consigliato ma non obbligatorio). A sfavore dell’incolumità del ciclista contribuisce anche la propria velocità relativamente elevata che, in caso di incidente, può entrare in viziosa sinergia con gli effetti di velocità dell’altro mezzo; 
  • peraltro, anche la motocicletta si manifesta come utente non banalmente debole; il motociclista, infatti, fruisce di protezioni relativamente modeste, essendo il solo casco obbligatorio e facoltativo eventuale altro (guanti, tuta, scarpe, ecc.). La velocità potenzialmente (e, nei fatti, frequentemente) elevata del mezzo può inoltre essere fattore di non improbabile severità delle conseguenze dell’incidente;
  • la forza, in assoluto, dell’automobile è anche in questo contesto conclamata dal fatto che guidatore e passeggeri sono, di regola, protetti dalla carrozzeria e dai relativi congegni di sicurezza (cinture, airbag, ecc.). Tali protezioni sono massime in alcuni tipi di automobile (suv, ecc.).

Da quanto qui emerso è allora possibile, in conclusione, così esprimersi sinteticamente:

  • la velocità è fattore fondamentale della severità degli esiti dell’incidentalità;
  • il controllarla deve pertanto essere obiettivo primario di pratiche, tecniche e politiche per la sicurezza stradale;
  • il pedone è, sotto ogni profilo, l’utente debole della strada per antonomasia; come tale deve essere tutelato dalla forza degli altri utenti: di quelli motorizzati, senz’altro, ma anche – preso atto degli inevitabili distinguo – della bicicletta; 
  • pure la bicicletta è utente debole della strada; la sua tutela va quindi senz’altro perseguita con le modalità del caso e comunque in subordine a quella del pedone;
  • l’innegabile debolezza della motocicletta, a fronte delle sue caratteristiche cinematiche, ne fa in ogni caso un utente della strada da tutelarsi sostanzialmente solo in subordine a quelli non motorizzati e solo una volta che questi siano stati adeguatamente tutelati da esso. 
  • Circa le tecniche per tali tutele e, prima ancora, per offrire agli utenti deboli della strada spazi propri alla loro natura, si rinvia alla letteratura in merito disponibile.