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Un cambiamento necessario: la riorganizzazione dei trasporti

In concomitanza con l’inizio della fase 2 seguita al periodo di chiusura per la pandemia da Covid-19, abbiamo posto alcune domande al Prof. Matteo Ignaccolo, Presidente di AIIT (Associazione Italiana per l’Ingegneria del Traffico e dei Trasporti), sul riassetto della mobilità urbana, che passa obbligatoriamente da multidisciplinarietà e multimodalità

Un cambiamento necessario: la riorganizzazione dei trasporti

Almeno in materia di trasporti, le cose non potranno tornare come prima: dopo l’emergenza sanitaria legata al Covid-19, la mobilità è destinata a cambiare completamente e in modo definitivo nelle sue componenti di trasporto sia pubblico che privato. Questa è la posizione dell’AIIT, l’Associazione italiana per l’Ingegneria del Traffico e dei Trasporti il cui Presidente è Matteo Ignaccolo, che da oltre 60 anni annovera Professionisti, Dirigenti del settore sia pubblico che privato e Accademici, presenti in tutte le regioni e operanti nei vari campi della pianificazione ed esercizio della mobilità di persone e merci, delle infrastrutture di trasporto e dell’interazione trasporti-territorio.

Secondo AIIT, la mobilità è uno dei settori maggiormente colpiti dalle conseguenze della pandemia, alle diverse scale territoriali – locale, regionale, nazionale, internazionale – e in tutte le sue componenti.

I cambiamenti di ordine sociale necessari per contrastare il Coronavirus – a cominciare dal più impattante sulle nostre abitudini, ovvero il distanziamento – portano inevitabilmente a riconsiderare l’organizzazione del sistema dei trasporti, in particolare di persone.

Matteo Ignaccolo
1. Lavori di realizzazione di nuovi itinerari ciclabili a Milano

E non si tratterà solo di un’esigenza temporanea legata alla fase 2, ma di un riassetto inevitabile anche a medio e lungo termine.

Dopo il lockdown, si determinerà infatti una riduzione considerevole dell’offerta di servizi pubblici destinati al trasporto collettivo, soprattutto a livello locale.

Malgrado l’utilizzo di tecnologie volte a consentire lo smart working per il settore pubblico e dei servizi, la sospensione dell’attività scolastica e universitaria in sede e la contrazione della domanda di spostamenti conseguente al maggior distanziamento nelle attività sociali, la residua domanda di mobilità risulterà comunque rilevante in rapporto alla ridotta offerta, col risultato di una potenziale diversione modale verso un maggiore uso dei mezzi privati.

Non basta quindi limitarsi all’individuazione di una modalità di trasporto alternativa: l’unica soluzione possibile è un equilibrato sistema multimodale, che richiede un’attenzione particolare alla domanda di mobilità.

Sulla base di un’analisi globale delle componenti infrastrutturali e gestionali del settore dei trasporti, AIIT ha individuato le principali aree di intervento su cui è necessario agire: l’approccio da adottare sarà necessariamente multidisciplinare, perché i profili in gioco non sono solo ingegneristici, ma anche sanitari, sociali, economici.

Matteo Ignaccolo
2. Soluzioni per l’interscambio modale presso la stazione di Delft (Paesi Bassi)

Ne abbiamo parlato con il Presidente di AIIT, il Prof. Matteo Ignaccolo.

“Strade & Autostrade”: “Prof. Ignaccolo, la riorganizzazione del sistema dei trasporti è una delle sfide più importanti che ci attendono in questa fase successiva al lockdown per l’emergenza sanitaria da Covid-19, ma anche in futuro: quali sono le indicazioni di AIIT per l’analisi qualitativa e quantitativa della domanda di mobilità in ambiente urbano?”.

“Matteo Ignaccolo”: “Mi fa piacere che questa domanda faccia esplicito riferimento anche al futuro, perché è un tema su cui intendo soffermarmi. Il sistema dei trasporti ha subito un impatto fortissimo dalle conseguenze della pandemia.

Non soltanto è cambiata e cambierà la mobilità in questa fase successiva al lockdown, ma anche quando sarà disponibile un vaccino e saremo tornati a una situazione di relativa normalità, sono ormai dell’idea che non torneremo mai più all’assetto della mobilità dei primi mesi del 2020: si tratta in ogni caso di una svolta epocale.

Entrando nello specifico della domanda di mobilità in ambito urbano, la situazione è molto chiara nella sua drammaticità: noi, in Italia, provenivamo da un assetto in cui il ruolo dell’automobile era forte, ma lo era altrettanto quello del trasporto pubblico.

Vi erano città in cui ciò era evidente, ad esempio Milano, e altre del Centro-Sud in cui lo era di meno, ma in generale si trattava di un ruolo importante.

Tuttavia, nel momento in cui si presenta un’esigenza di distanziamento – per cui userei l’aggettivo “fisico” più che “sociale”, dato che la società in un momento come questo ha bisogno di essere ancora più coesa di fronte all’emergenza – si crea una parte di domanda di mobilità che il trasporto pubblico, proprio per il rispetto delle distanze, non è più in grado di soddisfare, e a cui va data risposta diversamente.

Si potrà obiettare che lo smart working consente di abbassare questa domanda, ma di certo questo non sarà sufficiente a compensare l’abbassamento di offerta da parte del trasporto pubblico.

A questo punto occorrono interventi di supporto e si pone un altro aspetto della questione: noi Ingegneri siamo abituati a concentrarci sull’infrastruttura e sui mezzi di trasporto, ma questo oggi non è più sufficiente.

Serve anche una vera pianificazione delle modalità d’uso del territorio, una rimodulazione della domanda: orari differenziati per l’entrata e l’uscita dal lavoro e dalle sedi scolastiche e universitarie, per distribuire in modo più omogeneo l’uso dei mezzi su tutte le ore della giornata.

Si richiede quindi un’analisi sia qualitativa che quantitativa di questa domanda e una rimodulazione conseguente dell’offerta. I ruoli del Mobility Manager e del Mobility Manager d’Area, forse un po’ colpevolmente sottovalutati negli anni precedenti da parte degli Enti e delle Aziende, saranno fondamentali in questo”.

Matteo Ignaccolo
3. Spazi di parcheggio per la micromobilità a Washington D.C.
“S&A”: “Qual è il profilo ideale di un Mobility Manager?”.

“Matteo Ignaccolo”: “Al livello della singola Azienda, deve essere una persona che ne conosce benissimo i cicli produttivi, i turni e i servizi offerti, e che deve quindi essere in grado di modificarli, dialogando in modo efficace con un Mobility Manager d’area.

Quest’ultimo, a livello di qualifiche e percorso formativo, dovrebbe essere un Tecnico: Ingegnere, Architetto o Pianificatore. Le figure dovranno fare parte di una sorta di task force, un tavolo che sarà esteso anche a figure istituzionali”.

“S&A”: “Quanto possono influire in questo processo di inevitabile cambiamento la mobilità pedonale-ciclistica e la micromobilità? Tramite quali interventi è possibile promuoverle?”.

“Matteo Ignaccolo”: “Prima di questa emergenza, l’idea di migliorare l’assetto complessivo della mobilità veniva anche visto in funzione di un potenziamento delle cosiddette mobilità attive (pedonale e ciclistica).

Ma se allora potevamo pensare a una strategia di scambio modale fra trasporto pubblico e micromobilità, ad esempio con soluzioni di bike sharing, oggi bisogna riflettere su questo, perché il trasporto pubblico si troverà, per le ragioni sopra espresse, in una situazione di difficoltà.

La mobilità ciclistica sarà importante quindi anche per coprire distanze più lunghe rispetto a quelle di una volta. Riguardo alla micromobilità, dobbiamo anche distinguere fra la definizione italiana e quella americana: nel secondo caso, tutta la mobilità leggera, compresa anche quella pedonale e ciclistica, rientra nella definizione, mentre nel nostro Paese la usiamo soprattutto per riferirci a modalità come il monopattino elettrico e l’hoverboard.

Ecco: utilizzando il termine nell’accezione americana, possiamo dire che la micromobilità in tutti i suoi aspetti avrà un ruolo fondamentale nella compensazione del calo di offerta del trasporto pubblico”.

Matteo Ignaccolo
4. Monopattini elettrici in corrispondenza di una fermata del trasporto pubblico a Washington D.C.
“S&A”: “A proposito di micromobilità come viene intesa in Italia: quanto pensa possano incidere i monopattini?”.

“Matteo Ignaccolo”: “Potranno dare un contributo significativo nel senso di “allungamento” della mobilità pedonale. Ma qui torniamo al discorso precedente, che è quello dell’esigenza di riorganizzare la città in modo che tutto sia accessibile su una scala di quartiere e non si richiedano quindi spostamenti lunghi.

Prima dell’emergenza il monopattino veniva utilizzato in un’ottica di scambio multimodale col mezzo pubblico: adesso potremmo invece trarre spunto dall’esperienza degli Stati Uniti, in cui il lavoratore raggiunge dei parcheggi di scambio col monopattino nel bagagliaio dell’auto, e a partire da essi lo usa per spostarsi all’interno dell’ambiente urbano e raggiungere l’ufficio.

Un ulteriore vantaggio del monopattino, rispetto ad esempio alle biciclette che vengono spesso rubate, è nella sua compattezza e facile trasportabilità, che permette di portarlo con sé, eliminando il rischio di furto”.

“S&A”: “Ritiene necessario un flusso di traffico separato per i monopattini?”.

“Matteo Ignaccolo”: “A mio modo di vedere, la promiscuità del monopattino con le auto private è decisamente pericolosa. Io lo vedrei in corsie ciclabili, o in una circolazione assolutamente libera, purché all’interno di zone 30”.

  • Matteo Ignaccolo
    5A aiit
    5A. Misure per distanziamento nella Metropolitana di Milano
  • Matteo Ignaccolo
    5B aiit
    5B. Misure per distanziamento nella Metropolitana di Milano
  • Matteo Ignaccolo
    5C aiit
    5C. Misure per distanziamento nella Metropolitana di Milano
“S&A”: “A proposito di zone 30, ma anche di corsie dedicate per la mobilità ciclabile e parziale trasformazione dei controviali, cosa ne pensa delle misure in corso di valutazione da parte dell’Amministrazione di Milano?”.

“Matteo Ignaccolo”: “La mia opinione è sicuramente positiva. L’Amministrazione di una città in cui il trasporto pubblico aveva fino a tre mesi fa un ruolo fondamentale, col suo sistema integrato di ferrovie, metropolitana, tram e bus, corredato dallo sharing, nel momento in cui tale sistema viene messo in crisi per le ragioni di cui si è detto, è chiamata a offrire alternative alla domanda, anche perché non si può pensare che città come Milano vivano di solo trasporto privato.

Senza contare che soprattutto in aree in cui i contagi sono stati maggiori, come nel caso della Lombardia, il ruolo delle polveri sottili è stato spesso indicato come un possibile fattore di aumento della propagazione del virus.

C’è il rischio quindi che, in mancanza di soluzioni diverse dall’auto privata, dunque con un congestionamento del traffico e un conseguente aumento dell’inquinamento atmosferico, venga dato un pericoloso aiuto al Covid-19.

Si tratta insomma di fare qualcosa nell’immediato per evitarlo e l’approccio di Milano, che va in questa direzione, è quello che una volta rientrava nella definizione di “urbanistica tattica”, cioè una serie di operazioni di gestione urbana che si fanno da un giorno all’altro e a costi ridotti, ma non essendo per questo di seconda categoria. Tutte le misure citate nella domanda rientrano in quest’ambito e sono condivisibili.

Se non ricordo male, si parla di una trentina di chilometri di piste ciclabili da creare in pochissimo tempo, ma per lo più con un approccio diverso da quello precedente: prima avevamo le piste ciclabili che servivano da complemento al trasporto pubblico, secondo un approccio multimodale.

Oggi, invece, la scelta è quella di dare molto spazio alla bicicletta, quasi sovrapponendola o mettendola in concorrenza con le linee della metropolitana, come nel caso della Linea 1, dal centro di Milano a Marelli: non si parla ovviamente di sostituire una modalità con l’altra, ma di trasferire una quota parte della domanda di mobilità”.

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6. Soluzioni per la ciclabilità a Washington D.C.
“S&A”: “Sempre riferendoci al caso di Milano, il restringimento delle carreggiate e questa introduzione così massiccia di percorsi pedonali in una rete viaria che a differenza delle città olandesi o tedesche non prevedeva in origine un ruolo rilevante per la mobilità ciclabile, non rischia paradossalmente di produrre conseguenze negative sul traffico?”.

“Matteo Ignaccolo”: “All’inizio sarà una forte botta, ma c’è un altro fatto da considerare: la mobilità su auto privata in Europa e specialmente in Italia è caratterizzata da un coefficiente di riempimento piuttosto basso, soprattutto quando si tratta di spostamenti per motivi di lavoro.

Siamo quindi nell’ordine delle 1,2-1,3 persone per mezzo: in pratica, il più delle volte c’è solo il conducente a bordo. Nel momento in cui si decide di impiegare per la bicicletta una parte dello spazio stradale precedentemente destinato all’auto, si riesce a garantire il passaggio di molte più persone.

È chiaro che ci sarà sempre un’aliquota di domanda da coprire col traffico automobilistico, ma questo dovrà essere sempre più marginale. Indubbiamente, l’inerzia sulle abitudini della gente sarà un fattore di cui tenere conto, ma si deve comprendere che la situazione è cambiata e, come dicevo prima, difficilmente tornerà come prima.

Le condizioni tariffarie sempre più restrittive per la circolazione in alcune zone con l’auto e il maggior congestionamento del traffico saranno sicuramente utili a indirizzare la popolazione verso altre forme di mobilità”.

“S&A”: “Quali misure si possono adottare per aumentare la sostenibilità economica dei servizi di trasporto?”.

“Matteo Ignaccolo”: “Il problema delle Aziende di trasporto pubblico in Italia, attualmente, è serissimo. Le Associazioni di settore prevedono situazioni di potenziale fallimento, perché si profilano costi almeno pari a quelli dello scenario precedente alla pandemia, ma spesso superiori per tutte le esigenze di sicurezza e sanificazione, il tutto a fronte di un’utenza molto più bassa.

Si può sperare innanzitutto in finanziamenti erogati dallo Stato, che però non rappresentano una prospettiva certa, considerando anche le condizioni generali del Paese.

Si tratterà quindi di migliorare per quanto possibile l’esercizio del trasporto pubblico, puntando, ad esempio nel caso degli autobus, su un aumento delle corsie preferenziali e una conseguente maggior velocità commerciale del mezzo, che permetterebbe di trasportare un numero più grande di persone e incassare di più.

Un’altra misura è quella dei bus a chiamata. Si rivaluteranno opzioni precedentemente poco diffuse, come dei business package o family package che includano un’offerta di mobilità quasi costruita su misura: prestazioni con un costo leggermente superiore, ma in grado di garantire possibilità maggiori all’utente.

Non è una situazione facile per le Aziende di trasporto locale, ma non lo è nemmeno su una scala internazionale: le stesse Compagnie aeree avranno infatti notevolissime difficoltà, considerati i costi di esercizio aumentati a fronte delle misure di distanziamento che richiederanno uno strozzamento della domanda, investendo a cascata una serie di settori produttivi come quello turistico”.

Strade
7. Strada destinata al traffico ciclabile a Delft (Paesi Bassi)
“S&A”: “Che ruolo può avere l’ITS nell’integrazione dei servizi di trasporto pubblico? Ritiene che la necessità di riorganizzazione in questa particolare fase storica possa dare impulso a una diffusione più rapida del trasporto intelligente?”.

“Matteo Ignaccolo”: “Già prima della pandemia, i cosiddetti Intelligent Transport Systems costituivano un’arma in più per perseguire obiettivi di mobilità sostenibile, attraverso l’informazione all’utenza e la possibilità di costruire lo spostamento nella maniera più diretta ed economica possibile, oltre a eliminare il traffico parassita.

Oggi questo aspetto non solo rimane importante, ma si accosta a quello della salvaguardia sanitaria. Col supporto ITS io posso gestire meglio le persone che si dirigono a una fermata del trasporto pubblico, migliorare il distanziamento fornendo delle informazioni all’utenza sullo stato delle fermate e della fila in tempo reale: l’ITS sarà quindi un fortissimo alleato del trasporto pubblico, anche perché consentirà farlo divenire parte.

Sono anche convinto che non dobbiamo farci condizionare troppo dalle esigenze di mantenimento della privacy, pur condivisibili: ad esempio nell’ambito del car sharing, un’immediata conseguenza della pandemia è che l’utente rischia di essere scoraggiato all’uso del servizio dal fatto di non conoscere le condizioni di salute di chi ha guidato il mezzo prima di lui.

In questo senso, l’ITS potrebbe venire in aiuto, consentendo di tracciare gli utenti e le loro condizioni di salute”.

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