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La mobilità per le persone con disabilità e gli anziani

Come scelgono di muoversi le persone con disabilità? Ci interessa la loro mobilità ai fini della costruzione di un futuro sostenibile?

Disabilità

Solo grazie a una nuova vista e alla capacità di impiegare al meglio lo sviluppo tecnologico, a partire dall’Internet delle cose, potremo evitare il rischio del conflitto latente tra green e inclusione, che rischia di rendere e scelte ambientalmente sostenibili non inclusive per la mobilità, rendendo viceversa lo stile di vita sostenibile quello adottabile dalla maggior parte delle persone. 

I numeri

L’ISTAT (Istituto Nazionale di Statistica) 1, uniformandosi alle direttive impartite dal sistema delle statistiche europee, utilizza nelle indagini di popolazione un unico quesito, conosciuto come Global activity limitation indicator (Gali) (cfr. appendice 5), che rileva le persone che riferiscono di avere limitazioni, a causa di problemi di salute, nello svolgimento di attività abituali e ordinarie.


1 https://www.istat.it/it/archivio/236325.


Ed è a queste persone che ci riferiremo in questo articolo, consapevoli della non completa adeguatezza di questa modalità di rilevazione delle persone con disabilità.

Disabilità
1. Come scelgono di muoversi le persone con disabilità?

Inoltre, per brevità espositiva e uniformandoci alla terminologia usata in prevalenza nella letteratura, utilizzeremo le locuzioni: “persone con limitazioni gravi” e “persone con disabilità” in modo intercambiabile, di nuovo consapevoli che si renderebbe un miglior servizio al rigore se, disponendo di un contesto teorico più raffinato e di dati appropriati, si tenessero distinti questi due gruppi di persone.

Nel nostro Paese, le persone che, a causa di problemi di salute, soffrono di gravi limitazioni che impediscono loro di svolgere attività abituali sono circa 3.100.000 (il 5,2% della popolazione). È altrimenti immaginabile un’area urbana ancora motorizzata come adesso tra 40 anni?

Gli sviluppi della tecnologia e la loro applicazione ci può permettere di cambiare strada, di far sì che la libertà di movimento – che non può non implicare anche una sempre più completa accessibilità – non sia necessariamente vincolata all’uso privato del mezzo di trasporto così come lo conosciamo oggi.

Le strade connesse e intelligenti, insieme alle auto a guida autonoma, rappresentano un modo per indirizzare lo sviluppo della mobilità: una mobilità sostenibile che deve riguardare le comunità nel loro complesso, una conquista che deve essere di tutti e per tutti. Per far sì che le nostre comunità, come dice l’Agenda 2030, siano “insediamenti umani inclusivi, sicuri, duraturi e sostenibili”.

L’ONU

È proprio nel Preambolo della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (2007) 2 che si sottolinea “l’importanza di integrare i temi della disabilità nelle pertinenti strategie relative allo sviluppo sostenibile” e all’art. 4 gli Stati firmatari si impegnano – tra l’altro – a “intraprendere o promuovere la ricerca e lo sviluppo…di ausili alla mobilità” e più avanti nell’art. 9 si parla di misure atte a garantire anche l’accesso alla viabilità e ai trasporti.


2 https://www.lavoro.gov.it/temi-e-priorita/disabilita-e-non-autosufficienza/focuson/Convenzione-ONU/Pagine/Convenzione%20Onu.aspx.


Nell’art. 20 dedicato alla mobilità personale, invece, si invitano gli Stati a “facilitare la mobilità personale delle persone con disabilità nei modi e nei tempi da loro scelti ed a costi accessibili”, oltre che agevolare l’accesso agli ausili e alle tecnologie di supporto.

Il verbo “integrare” del preambolo della Convenzione ci permette di avviare un ragionamento sull’accessibilità integrata e integrale che si potrà ottenere con una innovazione tecnologica e digitale in grado di rispondere alle esigenze di mobilità delle fasce più fragili della società e facendo sì che questo sia solo il primo step verso comunità aperte, fruibili, inclusive per tutti i suoi componenti. In una parola, sostenibili.

Questo significa che anche l’approccio alla mobilità per le persone con disabilità deve allargarsi, avere uno sguardo ampio. Uno sguardo che sappia mettere in evidenza i limiti e le fragilità dell’offerta della mobilità e al tempo stesso dell’uso che le persone con disabilità ne fanno.

Appare evidente che insieme all’innovazione e ai progressi dei processi produttivi, sono necessarie formazione ed educazione in grado di affrontare le sfide della sostenibilità con quell’approccio trasversale e con quella “coerenza orizzontale” tra le politiche sociali, ambientali ed economiche che l’Agenda 2030 richiama con forza.

Convenzione per la disabilità
2. Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità

Si tratta della stessa trasversalità che possiamo ricavare dalla definizione contenuta nella Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità quando afferma: “la disabilità è risultato dell’interazione tra le persone con menomazione e barriere comportamentali e ambientali, che impediscono la loro piena ed effettiva partecipazione alla società su base di uguaglianza con gli altri”.

Da questo punto di vista, l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile adottata dalle Nazioni Unite nel Settembre 2015 3 ci aiuta a definire il contesto nel quale rientra questa che è la domanda di fondo della nostra ricerca.


3 https://www.un.org/sustainabledevelopment/.


Va subito detto che l’Agenda parla in maniera esplicita di persone con disabilità in cinque obiettivi:

  • Goal 4 – Istruzione di qualità;
  • Goal 8 – Lavoro dignitoso e crescita economica;
  • Goal 10 – Ridurre le disuguaglianze;
  • Goal 17 – Partnership per gli Obiettivi.

Ma quello che in questo caso ci interessa maggiormente è il Goal 11 – Città e comunità sostenibili, dove si dice “Entro il 2030, fornire l’accesso a sistemi di trasporto sicuri, sostenibili e convenienti per tutti, migliorare la sicurezza stradale, in particolare ampliando i mezzi pubblici, con particolare attenzione alle esigenze di chi è in situazioni vulnerabili, alle donne, ai bambini, alle persone con disabilità e agli anziani”. 

In Europa

A livello europeo, possiamo rintracciare un andamento simile con un aumento delle persone over 64, con o senza disabilità. Nel 2060 la percentuale di popolazione over 64 su quella totale aumenterà del 9,4%, arrivando quasi al 30%. Per quanto riguarda le persone con disabilità il loro numero passerà da 16 a 24 milioni con un incremento del 49%. Vale la pena tenere vicini questi due dati come se fossero una specie di “convergenza parallela” che illumina un po’ di più sulla composizione sociale delle nostre comunità future.

In particolare, se prendiamo quattro fra i Paesi più simili al nostro – Spagna, Regno Unito, Francia e Germania – vediamo come la percentuale degli over 64 cresce rispetto alle altre fasce d’età tra il 6,5% e il 12,2%; parallelamente, il numero delle persone con disabilità che hanno oltre 64 anni cresce con valori percentuali compresi fra il 32% e il 73%. Quindi cresceranno gli anziani e cresceranno gli anziani fra le persone con disabilità.

Come si vede, un trend che dovrà essere preso in considerazione per immaginare e costruire un futuro sostenibile per le persone con disabilità e, più in generale, per l’intera comunità. Da questi dati emerge l’importanza che la nuova Strategia Europea sulla Disabilità adotti un approccio e una visione in grado di indirizzare non solo i prossimi dieci anni, ma anche di guardare oltre.

L’intensità di crescita degli anziani fra le persone con disabilità devono servirci come indicatori o anche solo semplicemente come un richiamo alle scelte che devono essere fatte oggi per costruire il nostro domani.

C’è un paradosso o forse un fantasma capriccioso che fa capolino nei documenti sulla disabilità che l’Europa (e non solo) ha prodotto: la mobilità sostenibile delle persone con disabilità.

Non facciamoci ingannare dai riferimenti quali “libera circolazione”, “libertà di accesso” o accessibilità, o trasporti… nessuno di questi allude o fa riferimento o spiega pienamente come fa una persona con disabilità ad accedere ad un luogo dopo che ha deciso di uscire di casa e recarsi al lavoro, oppure a teatro o in vacanza.

Disabilità nella visione europea
3. Nel 2060 la percentuale di popolazione over 64 su quella totale aumenterà del 9,4%, arrivando quasi al 30%. Per quanto riguarda le persone con disabilità il loro numero passerà da 16 a 24 milioni con un incremento del 49%

Come se fosse un problema di matematica che non trova mai la soluzione: raramente ci si domanda con quale mezzo di trasporto il soggetto che parte dal punto A raggiunge il punto, B e quindi assai raramente ci si occupa di cercare e analizzare i dati per sapere qual è il mezzo più usato per muoversi. Dati che invece possono servire per ragionare sul presente e, soprattutto, sul futuro.

Non solo per conoscere la mobilità delle persone con disabilità, ma per far sì che la loro mobilità possa essere connessa ed essere parte della mobilità sostenibile delle nostre comunità. Anche perché non è facile trovare l’espressione “mobilità sostenibile” collegata al tema della mobilità delle persone con disabilità.

A livello europeo, la nuova Strategia Europea sulla Disabilità 2020-2030 è in fase di discussione e l’Agenda 2030 rappresenta uno strumento straordinariamente ricco e inclusivo anche da questo punto di vista.

Si tratta di un passaggio non indifferente visto che l’UE si è impegnata ad attuare i suoi 17 Goals – così come ribadiscono le ultime due risoluzioni del Parlamento Europeo del 3 Marzo e del 18 Giugno che invitano “la Commissione a presentare una strategia europea sulla disabilità globale, ambiziosa e a lungo termine per il periodo successivo al 2020, la quale contenga obiettivi ambiziosi, chiari e misurabili, tra cui un elenco delle azioni pianificate con chiari orizzonti temporali e risorse stanziate nei seguenti ambiti: uguaglianza, partecipazione, libera circolazione e vita indipendente, accessibilità, occupazione e formazione, istruzione e cultura, povertà ed esclusione sociale, azione esterna, libertà dalla violenza e dagli abusi, integrazione della disabilità e sensibilizzazione”.

Ma, anche in questo caso, è importante sottolineare che non si parla in maniera esplicita di mobilità sostenibile. 

Il caso italiano

In Italia, nel 2017, il secondo Programma d’Azione biennale per la promozione dei diritti e l’integrazione delle persone con disabilità 4 “sottolinea l’impegno puntuale a suggerire opportunità concrete di innovazione e cerca di rispondere alla richiesta di cittadinanza piena e integrale dei soggetti più fragili e vulnerabili, offre suggerimenti e indicazioni per ripensare complessivamente una società più giusta, coesa e rispettosa delle tante diversità che compongono la comunità nazionale”.


4 https://www.lavoro.gov.it/notizie/Documents/II-Programma-di-azione-biennaledisabilita.pdf.


Se diventano la pratica condivisa dei policy maker, degli operatori del settore, dell’associazionismo, la mobilità sostenibile per le persone con disabilità può diventare uno dei paradigmi in grado di indirizzare lo sviluppo delle comunità del futuro dove anche la strada è un bene comune.

Questa fotografia dell’Italia di oggi e del 2060 ci aiuta a capire quanti anni avranno le persone con disabilità che incroceremo andando per strada e sui mezzi pubblici, come il TPL o il treno. Nell’Italia più vecchia e meno affollata del 2060, avremo persone con disabilità più vecchie e numerose.

Ma dove le incontreremo? Come si muoveranno? Come varierà la mobilità secondo le proiezioni al 2060?  

Anziani e disabilità

Dobbiamo ora prendere atto che tutte le misure qui elencate, i disagi, le fragilità che emergono per le persone con disabilità sono sicuramente coincidenti con quelle delle persone anziane che affrontano pari difficoltà motorie, sensoriali, cognitive e che necessitano dei medesimi ausili per arrivare a una situazione di equo accesso alla mobilità.

Spesso le due condizioni, disabilità e età avanzata, coincidono moltiplicando il disagio della persona. La metà delle persone con disabilità guida un’auto e fra quelli che raggiungono e superano i 64 anni la metà continua a essere conducente d’auto.

Popolazione con disabilità
4. Europa a 28: popolazione con disabilità (gravi limitazioni) over 64 nel 2018 e nel 2060 (elaborazione di Unipolis su dati Eurostat)

Gli anziani sono i più colpiti: quasi un milione e mezzo di ultra-settantacinquenni (cioè più del 20% della popolazione in quella fascia di età) si trovano in condizione di disabilità e 990.000 di essi sono donne. Ne segue che le persone con limitazioni gravi hanno un’età media molto più elevata di quella del resto della popolazione: 67,5 contro 39,3 anni 5.


5 https://www.istat.it/it/archivio/259588.


Circa un terzo degli over 75 presenta una grave limitazione dell’autonomia e per un anziano su dieci questa incide sia sulle le attività quotidiane di cura personale che su quelle della vita domestica (8,5% nell’UE22).

D’altra parte, l’Italia ha la più alta motorizzazione d’Europa: secondo l’ISTAT, nel 2018 circolavano 897 veicoli per 1.000 abitanti. Una situazione che si ripete anche nel 2060, dove il testimone passerà addirittura dai 65/74 anni agli over 74. Quindi, una longevità che è anche longevità alla guida di un’auto. Arriviamo al 2060 quando – secondo le proiezioni elaborate in questa ricerca – le persone con disabilità che useranno i mezzi di trasporto saranno leggermente di meno rispetto al dato del 2017: 2.033.897 rispetto ai precedenti 2.053.476.

A prima vista, queste persone si muoveranno usando maggiormente il trasporto pubblico urbano mentre un trend negativo riguarda i dati nell’utilizzo dell’auto come conducente, del TPL extraurbano e del treno. Secondo le previsioni elaborate, nel 2060 l’uso dell’auto da parte delle persone con disabilità diminuirà dell’1,6% (─16.143) così come quello del TPL extraurbano del 3,4% (─8.017) e del treno con un -5,8% (─23.439).

Solo l’utilizzo del TPL urbano risulta essere in aumento fra le persone con disabilità con un +6,6% (28.020). Nel 2017 su 3.162.142 persone con disabilità, il numero di chi dichiarava di usare mezzi di trasporto è pari a 2.053.476, ovvero il 64,9%. Interessante notare alcune caratteristiche per capire bene cosa questo può significare all’interno della vita di una comunità (urbana).

Attualmente, quasi un milione di persone con disabilità è conducente d’auto: sono 994.914 ovvero il 48,4% uno su due sulle fasce 65/74 e 75 e oltre perché loro saranno le vere protagoniste del trend demografico che ci conduce direttamente al 2060.

Infatti, fra le persone con disabilità, queste due fasce – sia nel 2017 sia nel 2060 – sono al primo posto nell’uso dell’auto rispetto ai loro coetanei che usano e useranno un mezzo di trasporto pubblico. Complessivamente, nel 2017 fra le persone con disabilità con 64 anni e oltre il 48,6% si muove guidando l’auto, pari a circa 369.290 unità, contro i 188.258 che utilizzano il TPL urbano, i 78.080 che usano il TPL extraurbano e i 123.457 che salgono sul treno.

Il primo fenomeno

Con l’invecchiamento anagrafico il segno negativo riguarda l’uso di tutti i mezzi di trasporto qui presi in esame da parte delle fasce d’età fra 0 e 64 anni. 

Il secondo fenomeno

I dati riferiti a tutte le persone con disabilità over 64 mostrano una crescita che si polarizza verso gli over 74. 

Il terzo fenomeno

Sono i conducenti d’auto che si confermano ancora saldamente al primo posto rispetto alle altre persone con disabilità che si muovono (Fig. 19). Con un rapporto di crescita dell’utilizzo dell’auto come conducente (Fig. 20) che per gli over 74 arriva fino al 300% rispetto all’utilizzo degli altri mezzi di trasporto.

Come si vede, l’età che avanza non impedisce di essere un conducente di auto rispetto a un utente del trasporto pubblico.

La riflessione che va fatta riguarda come i mezzi di trasporto pubblico potranno rispondere alle esigenze di questa popolazione, come potranno evolversi e diventare concorrenziali rispetto ad altri mezzi di trasporto, diventando in tal modo un elemento costitutivo delle future comunità sostenibili, caratterizzate anche dalla mobilità sostenibile per le persone con disabilità.

Disabilità
5. (photo credit: use at your ease da Pixabay)

Le nuove tecnologie e le soluzioni

Appare evidente che le fragilità comuni alle persone anziane e quelle con disabilità dovranno comportare un approccio comune per identificare gli strumenti idonei a risolvere o, quantomeno, mitigare le problematiche che insorgono per questi utenti.

Difficoltà motorie, sensoriali, cognitive sono spesso comuni e così dovranno essere le soluzioni proposte. Le limitazioni causate dalle diverse disabilità e le medesime presenti per le persone più anziane, potrebbero facilmente essere mitigate dalla presenza di sistemi automatici di assistenza alla guida.

I sistemi ADAS sono già presenti su molte autovetture di nuova produzione e riescono a supplire a tutte quelle operazioni di guida più difficilmente attuabili in presenza di certe limitazioni fisiche.

Sarà il veicolo stesso a leggere la segnaletica con tutte le indicazioni relative ad un punto di ristoro accessibile. Il veicolo sarà infatti connesso in tempo reale con la stazione di servizio o il gestore della strada.

La seconda fase sarà il veicolo autonomo che potrà sostituirsi, ai livelli 4 e 5 SAE 6 in tutte le manovre ora compiute dal conducente garantendo efficacia, manovrabilità e, soprattutto, sicurezza 7.


6 https://smartrider.ch/it/attualita/5-livelli-di-automazione-sae.

7 L. Annese – “Veicolo autonomo, un balzo nel XXI secolo. Aspetti etici, sociali e di sicurezza”, Edizioni Pagine, 2021.


Un veicolo connesso alla strada e autonomo può fornire le informazioni in tempi più rapidi e definendone la natura in base alla tipologia delle necessità della persona che si trova a bordo del veicolo. A leggere la segnaletica con le indicazioni per un punto di ristoro accessibile sarà il veicolo stesso connesso in tempo reale col gestore della strada o della stazione di servizio.

Le informazioni saranno comunicate a bordo del veicolo e sarà possibile fare la scelta più opportuna in tempo utile. Una mobilità digitale usa le reti e le connessioni digitali sia in un sistema cloud sia tra veicolo e veicolo (V2V) sia tra veicolo a infrastruttura e altri apparati (V2I e V2X), la cosiddetta IOT – Internet of Things.

Una mobilità equa vuole offrire servizi e strumenti diversi e commisurati in base agli effettivi svantaggi. Una mobilità autonoma si avvale di tutti i sistemi di assistenza alla guida automatici sia a bordo del veicolo sia presenti lungo la strada in un percorso di automazione da parziale a totale.

Con i sistemi ADAS, la necessità di intervento del guidatore viene ridotta al minimo così come le difficoltà che una persona con disabilità di vario genere o anziana possono incontrare nelle manovre di guida.

In un futuro prossimo, il veicolo autonomo a livello 4 e 5 SAE eliminerà completamente la presenza del guidatore e, quindi, con ricadute sulla manovrabilità del veicolo, maggiore accessibilità al mezzo e alla mobilità ma soprattutto con un livello quasi totale di sicurezza.

Disabilità e trasporti
6. La mobilità delle persone disabili ci interessa ai fini della costruzione di un futuro sostenibile

Non da meno sarà la condivisione del veicolo sia privato sia collettivo aumentando maggiormente la accessibilità al trasporto. Un mezzo condiviso che potrà fornire tutti gli ausili e caratteristiche richiese per la specifica disabilità o fragilità.

Come il veicolo autonomo potrà apportare drastici cambiamenti a tutto il sistema della mobilità, come la abbiamo intesa nell’ultimo secolo, è riportata più compiutamente nella pubblicazione 7.


7 L. Annese – “Veicolo autonomo, un balzo nel XXI secolo. Aspetti etici, sociali e di sicurezza”, Edizioni Pagine, 2021.


Conclusioni

Questo processo di automazione porta al valore dettato dalla nostra Costituzione, che, all’art. 3 recita: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla Legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

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