La prima parte dell’articolo, proposta sempre su “S&A” n° 146 Marzo/Aprile 2021, è online su https://www.stradeeautostrade.it/strade-e-autostrade/i-lavori-di-costruzione-del-megalotto-3-sulla-s-s-106-jonica-prima-parte/.
La tratta 1 (piana di Sibari): dal km 0+000 al km 18+863
Questa porzione di tracciato è caratterizzata da un contesto prevalentemente pianeggiante dove il vincolo progettuale, con particolare riferimento alle opere di scavalco, è riconducibile al superamento dei corsi d’acqua del reticolo idraulico principale, di cui le fiumare sono parte integrante, e di alcune infrastrutture principali esistenti (cfr. linea ferroviaria Cosenza-Sibari).
Dal punto di vista geologico, idrogeologico e geotecnico, i terreni sono costituiti da depositi alluvionali recenti, a matrice prevalentemente fina nei primi 5 km e matrice prevalentemente ghiaioso-sabbiosa nella parte terminale, organizzati secondo limiti lito-stratigrafici sub-orizzontali.
La superficie piezometrica risulta prossima (se non addirittura coincidente, in alcuni casi) alla quota del piano di campagna, con una tendenza all’approfondimento nella seconda metà della tratta.
In questa porzione di tracciato, i ponti e i viadotti sono caratterizzati da un’altezza generalmente limitata e il cui valore massimo risulta inferiore a 11 m, evidentemente in relazione al già discusso tema dei cedimenti.
Il sistema di fondazione è di tipo profondo e caratterizzato da plinti su pali trivellati di grande diametro (Ø1.200 ÷ Ø1.500). Dal punto di vista tecnologico, durante l’esecuzione dei pali, il sostegno del foro è ottenuto mediante l’uso di fanghi bentonitici, al di fuori dei corsi d’acqua, e di fanghi polimerici biodegradabili all’interno degli alvei.
Le strutture in elevazione sono costituite da pile in calcestruzzo armato a sezione piena, opportunamente raccordate all’impalcato in entrambe le direzioni, trasversale e longitudinale, mediante pulvini svasati, anch’essi in calcestruzzo armato a piena sezione.
L’impalcato, unico per le due carreggiate, presenta una larghezza corrente generalmente pari a 25,20 m. Fanno eccezione il viadotto Caldana, che presenta una larghezza massima pari a 32,70 m, in relazione alla necessità di accogliere, in aggiunta rispetto alle carreggiate standard, anche le corsie di accelerazione e decelerazione del vicino svincolo di Cerchiara-Francavilla e il viadotto Saraceno, caratterizzato da un allontanamento delle carreggiate nella parte terminale e propedeutico al successivo imbocco alla galleria naturale Trebisacce.
La struttura d’impalcato è di tipo misto: lo scheletro portante in acciaio verniciato è costituito, nella gran parte dei casi, da tre travi correnti principali composte, interconnesse da diaframmi intermedi e di pila di tipo reticolare, e da remi laterali a loro volta collegati a travi correnti di spina.
Al fine di ottimizzare l’inserimento dell’opera nel contesto paesaggistico, la mirata adozione di acciai di elevate caratteristiche meccaniche, quale l’S460, ha consentito di ottenere impalcati caratterizzati da una maggiore snellezza, a parità di luce netta, con altezze delle travi costanti e pari a 2,40 m (mediamente, circa 1/20 della massima luce teorica, che varia tra 45 m e 66 m), a meno del viadotto Raganello, per il quale sono state predisposte delle rastremature finalizzate a garantire il franco sulle viabilità d’argine e dare, quindi, seguito alle prescrizioni della Provincia di Cosenza.
La soletta è realizzata attraverso l’accoppiamento di dalle metalliche tralicciate, che fungono allo stesso tempo da casseri a perdere, ad un getto in calcestruzzo armato di spessore pari a 25 cm.
L’impalcato è completato dalle barriere di sicurezza, dalle barriere fonoassorbenti, dai parapetti e dalla pavimentazione stradale, di spessore pari a 11 cm.
La tratta 2 (collinare): dal km 18+863 al km 38+000
Questa porzione di tracciato è caratterizzata da un contesto prevalentemente collinare nel quale si osserva un continuo e frequente passaggio da altopiani ad incisioni vallive profonde.
Il vincolo progettuale, con particolare riferimento alle opere di scavalco, è riconducibile al superamento delle porzioni vallive, in continuità di tracciato con le gallerie artificiali e naturali, compatibilmente con l’ubicazione dei corpi franosi e con le preesistenze ubicate a terra.
Dal punto di vista geologico, idrogeologico e geotecnico, il contesto risulta variabile:
- i primi 7,5 km (fino alla p.k. 26+500 circa) sono prevalentemente caratterizzati, nella parte bassa, dalla presenza di un flysch arenaceo-marnoso con livelli marnoso-argillosi (formazione di Albidona) mentre, in corrispondenza degli altopiani, è possibile osservare i depositi marini terrazzati, costituiti da ghiaie a matrice sabbiosa e sabbie con orizzonti limo-argillosi, di potenze generalmente inferiori a 20 m. I versanti delle incisioni vallive sono, localmente, interessati da coltri franose quiescenti e/o attive;
- nei successivi 8 km (fino alla p.k. 34+700 circa), le formazioni predominanti sono costituite dalle argille grigio-azzurre e dalle argille varicolore, rispettivamente nella parte alta e nella parte bassa. In corrispondenza dei pianori, i depositi marini terrazzati assumono potenze tipicamente superiori e comunque contenute entro i 50 m. Anche in questa porzione di tracciato, lungo i versanti, si riconoscono coltri franose quiescenti e/o attive;
- nella porzione terminale della tratta 2, la litologia predominante è costituita dal flysch, a carattere arenitico-calcarenitico, della formazione di Sant’Arcangelo;
- lungo l’intera tratta, la superficie piezometrica, generalmente profonda, riaffiora all’interno degli alvei fluviali, in corrispondenza dei quali si osserva sistematicamente la presenza di depositi alluvionali attuali e recenti, caratterizzati rispettivamente da una matrice ghiaioso-ciottolosa e sabbioso-ghiaiosa;
- in questa porzione di tracciato, per far fronte alle profonde incisioni, i viadotti sono caratterizzati da un’altezza massima mediamente pari a 40 m e che superai 65 m in corrispondenza del viadotto Avena. Fanno eccezione il viadotto Ferro e il ponte Fosso Castello che, localizzandosi nella parte terminale della tratta 2, presentano un’altezza massima non superiore a 23 m.
Il sistema di fondazione è di tipo profondo e caratterizzato da plinti su pali trivellati di grande diametro (Ø1.200 ÷ Ø1.500).
Unica eccezione è rappresentata dalla fondazione a pozzo della pila 4 del viadotto Avena, finalizzata a superare il corpo di frana che interessa il versante in sinistra idrografica dell’omonima fiumara. Come nel tratto precedente, durante l’esecuzione dei pali, il sostegno del foro è ottenuto mediante l’uso di fanghi bentonitici, al di fuori dei corsi d’acqua, e di fanghi polimerici biodegradabili all’interno degli alvei.
Le strutture in elevazione sono costituite da pile in calcestruzzo armato a sezione cava, di spessore variabile in altezza, opportunamente raccordate all’impalcato in entrambe le direzioni, trasversale e longitudinale, mediante pulvini caratterizzati da uno scheletro portante e un carter esterno, svasato, in acciaio.
Il viadotto Avena è l’unica opera di scavalco a essere realizzata mediante pile in acciaio ad asse verticale e a “V”, costituite da profili composti correnti, interconnessi da diaframmi intermedi reticolari che conferiscono alla struttura un particolare pregio architettonico.
L’impalcato, unico per le due carreggiate, presenta una larghezza corrente generalmente pari a 25,20 m. Fanno eccezione il viadotto Pagliaro, che presenta una larghezza variabile da un valore massimo pari a 28,84 m, in prossimità dell’imbocco Nord della galleria naturale Trebisacce, a un valore corrente pari a 25,20 m, e il viadotto Ferro, che presenta una larghezza massima pari a 33,95 m, in relazione alla necessità di accogliere – in aggiunta rispetto alle carreggiate standard – anche le corsie di accelerazione e di decelerazione del vicino svincolo di Roseto. Il ponte Fosso Castello presenta invece due impalcati distinti per ciascuna carreggiata.
La struttura d’impalcato è interamente realizzata in acciaio: lo scheletro portante in acciaio verniciato è costituito, nella gran parte dei casi, da due travi correnti principali composte, irrigidite internamente e sugli sbalzi laterali da traversi realizzati mediante profili composti e da diagonali.
Al fine di ottimizzare l’inserimento dell’opera nel contesto paesaggistico, la mirata adozione di acciai di elevate caratteristiche meccaniche ha consentito di ottenere impalcati caratterizzati da una maggiore snellezza, a parità di luce netta, con altezze delle travi costanti e con valori compresi tra 3,60 m e 4,70 m (mediamente, circa 1/25 della massima luce teorica, che varia tra 86 m e 200 m).
La parte superiore del sistema di impalcato è costituito dalla piastra ortotropa, realizzata attraverso l’accoppiamento saldato di canalette e piastre in acciaio. L’unico getto in calcestruzzo armato è rappresentato dai cordoli laterali e centrale.
L’impalcato è completato dalle barriere di sicurezza, dalle barriere fonoassorbenti, dai parapetti e dalla pavimentazione stradale, di spessore pari a 9 cm. Il viadotto Ferro e il ponte Fosso Castello sono le uniche opere di scavalco che, sia con riferimento alle strutture in elevazione sia alla tipologia di impalcato, sono riconducibili alla tipologia di opere descritte con riferimento alla tratta 1.
Le gallerie artificiali
Le gallerie artificiali occupano la parte centrale del lotto e si sviluppano nella tratta compresa tra il km 22+900 e il km 33+300 attraversando una porzione di tracciato caratterizzata dalla presenza di altopiani costituiti da terrazzi marini.
Dal punto di vista morfologico, questi altopiani presentano una topografia prevalentemente pianeggiante intervallata da inalveazioni naturali che si connettono al reticolo idraulico inferiore (fiumare e canali di scolo).
Ad eccezione di piccole tratte in trincea ai due imbocchi, le gallerie occupano pertanto quasi integralmente i pianori attraversati, assumendo una configurazione tale da consentire, nel rispetto dei vincoli paesaggisti accennati in premessa, il ripristino della morfologia originaria e la continuità del loro sistema viario.
L’intero progetto, in ossequio alle Prescrizioni CIPE, è stato infatti sviluppato con l’obiettivo primario di limitare l’impatto delle attività di cantierizzazione sulle aree interessate in termini di durata ed entità dei lavori.
Le opere saranno pertanto realizzate prevedendo una successione di fasi esecutive tali da minimizzare i tempi compresi tra lo sbancamento e il successivo ritombamento delle strutture, operazione questa resa agevole dal sistematico ricorso alla prefabbricazione delle calotte ed all’esecuzione dello sbancamento per campi.
L’articolazione di questa fase esecutiva risulta, inoltre, fortemente connessa alle attività di varo dei viadotti che, avvenendo “per spinta” a partire da uno dei due lati dei terrazzi collegati, devono necessariamente essere ultimate in anticipato rispetto all’avvio delle attività di costruzione della galleria nella tratta di interesse.
L’adozione di sezione tipo con calotte gettate in opera è stata limitata a porzioni di gallerie per le quali la particolare morfologia del ritombamento (elevata copertura, presenza di inalveazioni, ecc..) non ha consentito l’applicazione delle sezioni in conci prefabbricati.
Lungo lo sviluppo delle opere sono infatti previste sezione gettate in opera per la realizzazione di tratte in corrispondenza di piazzole di sosta, alta copertura, inalveazioni e by-pass pedonali, per le quali si è prevista l’applicazione di predalles di getto curve, di volta in volta sagomate secondo la geometria di progetto.
La duttilità applicativa, consentita dal ricorso a questi elementi, permette infatti l’adozione di geometrie differenti tali da meglio assecondare l’andamento della piattaforma stradale (piazzole di sosta) e/o le esigenze connesse alla limitazione dell’ingombro della calotta (inalveazioni).
Nel primo caso, l’andamento planimetrico dei rivestimenti, geometrizzato in modo tale da evitare la presenza di muri tampone e di elementi di singolarità, consente un incremento degli standard di sicurezza per l’utenza soprattutto in corrispondenza di urti frontali.
La soluzione adottata per le inalveazioni, limitando l’ingombro della calotta, permette invece di eliminare l’interferenza con i fossi naturali sotto attraversati limitando l’estensione e l’entità delle riprofilature da operare sul piano campagna per garantire il corretto deflusso delle acque.
La varietà delle soluzioni geometriche adottate per queste sezioni tipo rappresenta certamente un elemento di novità rispetto alle configurazioni di progetto standard.
A tal proposito, potrebbe risultare di particolare interesse la geometria assegnata alla sezione tipo di by-pass pedonale la cui applicazione è prevista, ai sensi del D.Lgs. 264/06, sulle gallerie con lunghezza maggiore di 500 m (gallerie Schiavi, Amendolara 2 e Taviano).
Al fine di consentire in caso di necessità l’allontanamento degli utenti dalla carreggiata interessata da incendio, in corrispondenza di tali situazioni è stato ricavato lo spazio per la predisposizione di un luogo sicuro e della via d’esodo all’interno del piedritto centrale tra le due canne.
Le gallerie naturali
Le gallerie naturali sono localizzate pressoché ai due estremi della tratta montana e consentono l’attraversamento dei principali rilievi montuosi che si incontrano lungo lo sviluppo dell’opera.
Procedendo da Sud verso Nord, la prima delle gallerie naturali che si incontra è la galleria Trebisacce che, con il suo sviluppo di circa 3,5 km, è la più lunga del lotto.
Al termine della tratta montana, appena prima che il tracciato si sviluppi nello stretto corridoio naturale a Nord del Castello di Roseto, si incontrano le gallerie naturali Roseto 1 (circa 1,1 km) e Roseto 2 (circa 290 m).
La prima consente lo sviluppo del tracciato a monte dell’abitato di Roseto Marina mentre la seconda permette l’attraversamento dello sperone roccioso prospiciente il castello stesso.
Le diverse campagne geognostiche hanno evidenziato la presenza nel sottosuolo di gas naturale che, rappresentando uno dei principali elementi di novità rispetto alle previsioni del progetto preliminare, ha comportato l’adozione di scelte progettuali tali da richiedere profonde variazioni di tracciato che hanno interessato l’opera nelle successive fasi dell’iter approvativo.
Nello specifico, lo scavo a foro cieco in ambiente grisutosi ha richiesto l’adozione di particolari accortezze progettuali che, in stretta connessione agli aspetti di sicurezza, ha imposto l’applicazione di sezione tipo particolarmente consolidate con importanti ricadute, in termini di tempi e costi, sugli scavi.
Il progetto prevede infatti l’utilizzo di sezioni tipo fortemente consolidate e caratterizzate da numerose fasi di lavoro temporalmente concatenate in spazi ristretti in prossimità del fronte (interventi di consolidamento del fronte e del cavo, avanzamenti con campi di scavo di lunghezza ridotta, getti di arco rovescio e calotta ravvicinati).
Tali modalità di avanzamento, messe in atto al fine di limitare l’effetto di detensionamento del fronte in fase di scavo e conseguentemente l’estensione delle zone plasticizzate nell’intorno del cavo, consentono di limitare il rischio di invasione della galleria da parte di gas, richiamato dalle fessure che potrebbero svilupparsi qualora siano consentite elevate deformazioni nell’intorno del cavo stesso.
Oltre che dalla numerosità e complessità dei consolidamenti e della successione delle fasi di lavoro, le attività di avanzamento risultano marcatamente condizionate dai rallentamenti per cali di resa dei mezzi in assetto antideflagrante e dalle continue interruzioni legate a cadenze di monitoraggio.
Al fine di consentire il controllo dei fenomeni deformativi e delle conseguenze indotte e sopra descritte, le previsioni di progetto saranno, infatti, oggetto di continua verifica nel corso delle attività. L’implementazione di un opportuno sistema di monitoraggio permetterà di seguire il trend tensionale e deformativo sugli elementi di sostegno del cavo consentendo di evidenziare eventuali necessità di variazione dell’intensità del sistema di consolidamento.
Unitamente al monitoraggio tensiodeformativo, operato per mezzo dell’installazione sulle centine di mire ottiche e barrette estensimetriche, il quadro conoscitivo sarà implementato dal controllo in continuo delle emissioni di gas reso possibile dall’installazione di rilevatori automatici lungo lo sviluppo del tunnel e dall’esecuzione di misure con esplosimetro.
Questa attività consentirà di definire i valori di concentrazione di metano in aria al fine di rendere possibile, qualora eccedenti le concentrazioni limite individuate per l’indice di classifica determinato per la galleria, l’avvio delle eventuali procedure di evacuazione del tunnel.
Dal punto di vista funzionale, le gallerie Trebisacce e Roseto 1, risultando di lunghezza superiore ad 1 km, sono dotate di tutti gli standard geometrici e impiantistici richiesti dal D.Lgs. 264/06 che, unitamente all’adozione della medesima configurazione prevista per le piazzole di sosta delle gallerie artificiali, hanno consentito di dotare l’opera dei più alti requisiti di sicurezza per l’utenza finale.
L’ultima delle gallerie naturali presenti lungo il tracciato differisce da quelle sopra descritte per geometria e modalità di esecuzione dello scavo. La particolare conformazione morfologica dello stretto promontorio attraversato dalla galleria Roseto 2 e la bassa copertura (massimo 10 m) hanno infatti suggerito la possibilità di procedere allo scavo aldi sotto di una protesi in calcestruzzo armato.
La presenza di una curva con ridotto raggio e la contestuale necessità di dotare la piattaforma stradale di un allargamento per visibilità hanno, inoltre, condotto all’adozione di una sezione di larghezza maggiore rispetto a quella standard, con conseguente necessità di ricorso all’adozione di predalles di getto per la realizzazione del rivestimento di calotta.
La restante porzione di galleria (circa 210 m) si sviluppa in artificiale in un contesto particolarmente delicato poiché interferente con l’estremo Sud della frana di Roseto.
Il PUT e la cantierizzazione
L’eterogeneità morfologica del lotto e la sostanziale differenza di ubicazione tra i siti di produzione e destinazione dei materiali di scavo ha richiesto un’attenta programmazione circa le modalità di movimentazione della terra.
La diffusa presenza di rilevati nei primi 18 km e di aree di scavo (trincee e gallerie) nella seconda tratta impone, infatti, una specifica direzione dei flussi di materia (da Nord verso Sud) con contestuale necessaria definizione di una matrice origine-destinazione dei volumi movimentati.
Al fine di agevolare il processo di gestione dei materiali e dare evidenza, in riscontro anche alle Prescrizioni CIPE, dell’entità dei flussi dei mezzi d’opera interessati dalle lavorazioni e dell’impatto di questi sul sistema viario esistente, nell’ambito del progetto esecutivo si è infatti proceduto alla definizione del piano di circolazione e alla redazione di specifici elaborati illustrativi dei flussi previsti.
Per ognuna delle opere comprese all’interno dei nove cantieri operativi che ripartiscono, dal punto di vista cantieristico, l’intero lotto, sono stati pertanto valutati i volumi complessivi di sbancamento e fabbisogno.
L’approfondimento di indagine condotto a partire dalla fase di progetto definitivo ha inoltre permesso di procedere a una precisa definizione, secondo gli indici di classificazione della Norma CNR – UNI 10006, dei volumi di terreno prodotti permettendo di comprendere le reali quantità a disposizione in relazione ai fabbisogni previsti per i diversi impieghi (realizzazione tal quale dei rilevati, produzione di inerti per i calcestruzzi, rinaturalizzazioni, ecc.).
Tale attività ha consentito quindi di razionalizzare i movimenti di terra tra i diversi cantieri individuando precisamente origini e destinazioni della terra in relazione alla tipologia di materiale prodotto e richiesto.
Al netto di quello prodotto internamente a ogni cantiere, il cui utilizzo, nei limiti del possibile, è previsto nell’ambito dello stesso, il bilancio ha pertanto individuato, per i cantieri della piana, la necessità di apporto dei materiali appartenenti alle classi A1, A3, A2-4/A2-5 e A2-6/A2-7dai siti di scavo della tratta montana.
Conclusioni
L’avvio dei lavori di costruzione del Megalotto 3 della S.S. 106 Jonica rappresenta il punto di arrivo di un lungo iter procedurale che ha visto coinvoltala Società Sirjo SCpA, impegnata, a partire dal 2012, nel coordinamento delle attività delle diverse fasi di progettazione.
Le complessità, in parte descritte in questo articolo, che fanno del Megalotto 3 uno degli interventi di costruzione tra i più articolati in Italia, sono riconducibili ad aspetti tecnici e gestionali affrontabili solo mediante l’implementazione di una struttura organica, dotata di competenze multidisciplinari e di esperienza specifica, come quella di un Contraente Generale.
In tal senso, il know-how acquisito da Webuild SpA (https://www.webuildgroup.com/it/progetti/autostrade-ponti/statale-jonica-106) nel corso della sua lunga attività rappresenta la principale garanzia per la corretta realizzazione dell’opera.
La prima parte dell’articolo, proposta sempre su “S&A” n° 146 Marzo/Aprile 2021, è online su https://www.stradeeautostrade.it/strade-e-autostrade/i-lavori-di-costruzione-del-megalotto-3-sulla-s-s-106-jonica-prima-parte/.
Dati tecnici
- Stazione Appaltante: ANAS SpA
- Contraente Generale: Sirjo SCpA (Webuild Group)
- Direzione Operativa Webuild Group: Ing. Maurizio La Terza
- Presidente Sirjo SCpA (Webuild Group): Ing. Pietro Mario Gianvecchio
- Amministratore Delegato Sirjo SCpA (Webuild Group): Ing. Salvatore Lieto
- Progetto preliminare: 2008 (ANAS SpA)
- Progetto definitivo: 2013-2018 (Sirjo SCpA e Webuild Group)
- Progetto esecutivo: 2019 (Sirjo SCpA e Webuild Group)
- Progettista Sirjo SCpA (Webuild Group): Ing. Salvatore Lieto
- Collaudo: ANAS SpA
- RUP: Ing. Silvio Giosuele Canalella
- Direzione dei Lavori: Ing. Biagio Marra di ANAS SpA
- Responsabile Sicurezza: Ing. Laura Racalbuto (CSE)
- Direzione di Cantiere: Ing. Pierpaolo Tommasini
- Esecutori dei Lavori: Sirjo SCpA e Webuild Group
- Subappaltatori: Vari
- Importo dell’investimento: 1.335.118.435,56 Euro
- Importo dell’affidamento: 979.902.702,72 Euro
- Durata dei lavori: 2.274 giorni (naturali consecutivi)
- Data di consegna: 19 Maggio 2020
- Data di ultimazione: 9 Agosto 2026
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