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Riforma Codice della Strada: ancora a senso unico…

Rivedere una politica stradale ancora incentrata sulla repressione, talvolta forte con i deboli (i cittadini guidatori contribuenti) e debole con i forti (gli Enti proprietari) e con Norme che spesso servono più a fare cassa e ad esentare da responsabilità che alla sicurezza

Il tema della sicurezza stradale è sicuramente uno di quelli di maggiore sensibilità sociale, oltre che di rilevante interesse industriale. È pertanto opportuna la “manutenzione” (uso la parola non a caso…) costante della Normativa ed è condivisibile l’opera del Legislatore in tal senso con la Delega di Riforma del Codice sulla Strada di cui al Decreto Legislativo 30 Aprile 1992, n° 285 cui dovrà attenersi il Governo. Tuttavia, in tale Delega l’approccio al tema della sicurezza stradale è ancora una volta caratterizzato da una filosofia pressoché solo punitiva verso il guidatore, approccio in buona parte svincolato da una previsione di strumenti per porre a carico dell’Amministrazione doveri e obblighi oggi del tutto disattesi quali, in primis, quello della manutenzione ordinaria e straordinaria (programmata e non a fabbisogno) e della efficienza delle dotazioni di sicurezza stradale.

Anzi, sotto tale profilo c’è il rischio di passi indietro poiché, per la parte di spettanza dello Stato, i proventi contravvenzionali non sarebbero più in modo inequivoco destinati alla manutenzione ma alle Forze di Polizia (sempre in indirizzo prioritariamente repressivo) e al Ministero delle Infrastrutture per il Piano Nazionale della sicurezza stradale (sin qui poco utile). E questo nonostante la buona volontà tesa a migliorare la Normativa che stanno dimostrando i Relatori al Provvedimento di Delega, i Senatori Borioli e Gibiino. Per la verità, anche se in pochi l’hanno adeguatamente considerato, della Normativa sull’omicidio stradale vengono coinvolti anche gli Enti proprietari.

La nuova Norma recita, tra l’altro, che “il reato di omicidio stradale ricorre in tutti i casi, anche se il responsabile non è il conducente del veicolo”. Infatti, le Norme del Codice della Strada disciplinano anche comportamenti posti a tutela della sicurezza stradale relativi alla manutenzione e costruzione delle strade e dei veicoli. Appare, quindi, tanto più preoccupante un’impostazione che vorrebbe limitare le dotazioni di sicurezza stradale, impostazione che – se verificata – è assolutamente opportuno mutare e vagliare successivamente con attenzione in sede di emanazione dei Decreti Legislativi di attuazione.

Di base vi è il supposto diretto, quasi matematico, collegamento tra alta velocità e incidentalità, che orienta le azioni proposte dal Legislatore. Perché tale collegamento possa essere confermato in modo scientifico sarebbe necessario disporre – in tempi utili – di dati statistici precisamente relazionati al parco veicoli effettivamente circolante rispetto all’annualità oggetto di esame nonché sviluppare un “coefficiente tecnologico” che misuri il progresso integrato nella tecnologia incorporata nei veicoli circolanti. Senza questi dati, non è certa la misura della relazione tra l’abbattimento della mortalità (si badi bene: non dell’incidentalità che è difficilmente misurabile perché non tutta passa attraverso Organi di Polizia o Assicurazioni e, comunque, viene rilevata solo quella – per coerenza con le statistiche degli altri Paesi della Comunità come correttamente precisano ACI e ISTAT – che comporta lesioni alla persona) e l’abbattimento della velocità. In buona sostanza, le statistiche – per quanto ben elaborate – colgono solo una parte dell’incidentalità e non rilevano invece la motivazione prima, né potrebbero (il guidatore era “distratto”? Perché lo era? Quanto la sua distrazione è stata “provocata” da fattori esterni? Quali le concause? C’era un manto stradale sconnesso? Aveva dovuto evitare una buca? Non si leggeva bene il segnale?). Ora, sino a quando le statistiche servono ad avere ordini di grandezza ed aggregati indicativi di tendenze e comportamenti, “nulla quaestio”, ma se si prendono come base per legiferare approntando un vasto ed esoso apparato punitivo è necessario cogliere non solo gli aspetti di immediata lettura e di superficie.

Attenzione: con ciò, non si vuole negare un concorso della velocità all’incidentalità ma essa – e quindi il comportamento del guidatore – non può “comodamente” essere considerata pressoché l’unica causa né può giustificare in alcun modo gli spesso grotteschi e immotivati, e anzi pericolosi per la sproporzione, limiti di velocità, che hanno contribuito a rallentare il ritmo complessivo del Paese e hanno, al contempo, grandemente innalzato gli introiti delle casse degli Enti proprietari delle Strade – Comuni in primis – e mantenuto in personale “sicurezza” le responsabilità anche penali dei soggetti deputati alla collettiva sicurezza dell’infrastruttura stradale, risultando peraltro molto più veloce e conveniente ridurre la velocità permessa sulla strada che intervenire con modifiche strutturali o con la stessa manutenzione ordinaria. Non una parola in tutto il Disegno Legge di Delega, circa modalità e compiti cogenti da affidare alle Forze dell’Ordine (salvo il potenziamento dei servizi ausiliari, come se non fossero già sufficienti le Forze dell’Ordine attuali, tenuto conto che la maggior parte delle contravvenzioni è effettuata ormai attraverso supporti elettronici). Non una parola sulla necessità impellente e improrogabile di assicurare, prima di licenziare uno schema tutto incentrato sulla punizione, un servizio di trasporto pubblico all’altezza. E non una parola sul collegamento tra questi due aspetti.