L’energico cambio di passo negli interventi manutentivi, fortemente atteso da tutti, sta delineando nello skyline quotidiano di ogni infrastruttura stradale italiana, un elemento comune: serie infinite di segnali e indicazioni che “invitano” l’utente a mantenere un atteggiamento prudente in ragione della presenza di centinaia di cantieri installati in itinere.
Un invito troppo spesso declinato soprattutto in tutte quelle fasi in cui l’area di cantiere si trova in fase di allestimento o rimozione, la condizione – a detta degli esperti di settore – oggettivamente più pericolosa.
Gli operatori, secondo le indicazioni di norma – Decreto Ministeriale 10 Luglio 2002:” Disciplinare tecnico relativo agli schemi segnaletici, differenziati per categoria di strada, da adottare per il segnalamento temporaneo” – devono posizionare la segnaletica temporanea sia sul lato destro sia su quello sinistro della carreggiata: per far questo risulta inevitabile l’attraversamento a piedi di un’autostrada.
In pratica, più che un’attività lavorativa un esercizio fisico degno del miglior centometrista in circolazione. Una “gara” dove, il fine ultimo, non è la conquista di una medaglia ma la sopravvivenza dello stesso operatore designato a posare – o rimuovere – la segnaletica temporanea nello spartitraffico centrale di un’autostrada.
Una pratica, indubbiamente, anacronistica ma “… consentita previa valutazione dell’esistenza e della praticabilità di idonee modalità operative alternative dell’attraversamento a garanzia degli operatori…” (Decreto Interministeriale 22 Gennaio 2019 p.to 3.4).
Oggi le autostrade italiane sono circuiti di “Formula 1” dove l’attività di apposizione della segnaletica temporanea è diventata una roulette russa.
Piste da gara con un’unica discriminante rispetto alle competizioni in autodromo: che in caso d’incidente tra le monoposto interviene la “Safety Car”, che regola la competizione ma soprattutto permette l’intervento in pista dei Commissari per lo sgombero di detriti o macchine coinvolte nelle fasi concitate della gara.
Sulla scorta di questa prassi, si inserisce quella che è “… un’idonea modalità operativa alternativa dell’attraversamento a garanzia degli operatori…” una soluzione che non si deve considerare, alternativa bensì complementare alle prassi oggi in uso.
La legittimazione di un “operatore stradale formato per la regolazione del traffico con il sistema di Safety Car” rappresenta per il settore un’esigenza ormai imprescindibile.
Un processo di qualificazione di una figura che ha dei precedenti: le scorte tecniche nelle gare ciclistiche o nei trasporti eccezionali, oggi gestite da soggetti in possesso dell’abilitazione prevista dall’art. 12 del Codice della Strada che hanno sostituito, negli ultimi decenni, gli Organi di Polizia Stradale. L’organizzazione delle attività non sarebbe più legata “alla fortuna” o ad un “rischio calcolato”.
L’ingresso nel flusso veicolare, di un mezzo dotato di un dispositivo lampeggiante e di un sistema di segnalamento aggiuntivo – ovviamente il tutto autorizzato e regolamentato da un disciplinare tecnico approvato con provvedimenti dirigenziale del Ministero competente – determinerebbe un rallentamento, graduale, ma forzato di tutto il traffico a valle della Safety Car.
Un’alterazione indotta delle velocità che garantirebbe la sicurezza di operatori e utenza in tutte quelle fasi oggi al limite del buonsenso. La soluzione si inserisce in quello che deve essere visto come un complesso di “aggiornamenti” dei Decreti in materia.
L’introduzione di tecnologie e modalità d’intervento – adottate anche in altri ambiti, quali per l’appunto le scorte tecniche – devono essere da stimolo per qualificare la sicurezza, a maggior ragione quando le variabili che condizionano le fasi lavorative risultano essere ingestibili: indubbiamente il traffico è una di queste.
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