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L’immissione delle mega ships

Evoluzione e cambiamento dello shipping mondiale

Le tendenze di crescita

Le portacontainer sono le navi più grandi del mondo, almeno per ciò che riguarda la lunghezza, e la loro dimensione è cresciuta nel tempo a un ritmo decisamente più veloce rispetto alle altre tipologie di navi. Questa crescita ha subito una decisa accelerazione negli ultimi anni. La capacità media tra il 2001 e il 2008 oscillava intorno ai 3.400 TEU, crescendo rapidamente a 5.800 tra il 2009 e il 2013, fino a raggiungere, nel 2015, un valore di 8.000 TEU.

La dimensione media e massima sono destinate a crescere e ciò è desumibile dagli ordini che sono stati effettuati dalle Compagnie di navigazione tra il 2015 e il 2017. Attualmente molte linee di trasporto possono contare su navi da 18.000 TEU e, nel mese di Aprile 2015, sono state registrate 52 navi con una capacità superiore a tale parametro. Successivamente alla consegna nel 2013, Triple E-series (Maersk), le Compagnie di navigazione hanno effettuato ordini di navi con una capacità nominale sempre più grande fino a raggiungere la quota di 21.000 TEU della OOCL. È stato possibile raggiungere queste capacità di grazie alla micro-ottimizzazione e ai nuovi modelli di progettazione che permettono la creazione di una capacità addizionale dello scafo con un generale aumento del volume complessivo di trasporto.

Squilibrio costi-benefici, adattamento infrastrutturale dei porti e previsione dei possibili impatti generati

È in corso già da un po’ di tempo una valutazione specifica sulle dimensioni ottimali delle navi, che oggi è diventata più che mai rilevante, in base alla relazione tra la loro grandezza effettiva e i relativi costi di gestione. Il continuo sovradimensionamento pone sfide molto importanti in merito all’infrastrutturazione dei porti, richiedendo un adattamento non indifferente in termini tecnologici, ma soprattutto finanziari. In merito a ciò, si è implementata una panoramica approfondita su specifici interventi tecnici da realizzare, focalizzando anche l’attenzione sulla composizione della flotta globale e sui relativi impatti che si andrebbero a generare.

È presumibile che in un prossimo futuro navi portacontainer da 24.000 TEU occupino le principali rotte commerciali del globo, anche se questo difficilmente si realizzerà prima del 2020. Si tratta naturalmente di previsioni strategiche che non sempre sono condivise dai vettori o dalle Compagnie di navigazione. Per tale ragione si è analizzata in modo dettagliato l’influenza che potrebbe generarsi sia sull’evoluzione delle principali linee commerciali che sulla composizione della flotta mondiale. Si sono configurati tre scenari previsionali:

  • scenario di base a): la capacità della flotta nei prossimi cinque anni (2020) crescerà tendenzialmente in linea con la domanda di mercato e, grazie a ciò, essa si espanderà di un terzo anche se non conterà navi portacontainer da 24.000 TEU;
  • scenario di sviluppo medio b): la tendenza di crescita rispecchierà quella dello scenario di base anche se, in questo caso, saranno presenti 50 navi portacontainer da 24.000 TEU che sostituiranno quelle da 19.000 entro il 2020;
  • scenario di forte sviluppo c): la dimensione percentuale della flotta rispecchierà quella dei primi due scenari con la particolarità che le unità di nuova generazione (24.000 TEU) saranno 100.

Dai dati output ottenuti, è emerso che nello scenario a) ci sarà una crescita dimensionale modesta della movimentazione merci in tutti settori commerciali di traffico, che non richiederà nessun tipo d’intervento infrastrutturale o tecnologico. Nello scenario b) si registrerà invece una crescita molto forte, soprattutto per le linee commerciali riguardanti l’Estremo Oriente – Europa e l’Europa – America-Asia; anche in questo caso gli impatti generali saranno relativamente modesti. Nello scenario c), accanto alla criticità generata dalla sovraccapacità della flotta nel suo insieme, si genererà un incremento estremamente marcato del traffico tra l’Europa e l’Estremo Oriente, provocando dei problemi e quindi una riduzione di efficienza della relativa capacità strutturale e di servizio dei porti. Allo stesso tempo, le navi da 24.000 TEU avranno accessi piuttosto limitati e, di conseguenza, questo potrebbe creare notevoli problemi di operatività di traffico e di collegamenti con l’entroterra. In generale, è chiaro come per i porti, nelle diverse regioni, la dimensione media delle navi è una componente centrale. Infatti se essi vogliono competere per lo status di hub, dovranno essere pronti sia termini di infrastrutturazione che di informatizzazione dei vari processi.

Evoluzione e cambiamento della catena di trasporto

Da ciò che emerge da precise stime ci si potrebbe chiedere se queste continue variazioni tecnico-strutturali dei mezzi navali siano davvero auspicabili. Il risparmio potenziale per i vettori appare alquanto marginale ma i costi di ammodernamento infrastrutturale potrebbero essere enormi. L’introduzione nel 2020 di navi da 24.000 TEU richiederebbe ingenti investimenti in gran parte degli attuali Porti-hub, che si tradurrebbero in sostanziali modifiche alle infrastrutture esistenti. I costi di trasporto annualizzati potrebbero ammontare a 0,35-0,4 miliardi di Euro e una fetta rilevante di questi investimenti (dragaggi, collegamenti con l’hinterland) ricadrebbe sul settore pubblico in molti Paesi. Le politiche attuate fino a oggi, mirate a un progressivo cambiamento strutturale e al superamento di queste criticità, sono risultate insufficienti a stabilire e a promuovere interventi mirati a migliorare la produttività e l’innovazione della catena di approvvigionamento. Tali processi dovrebbero comportare:

  • l’ottimizzazione dell’uso delle capacità delle infrastrutture;
  • la gestione dei picchi dei terminal portuali attraverso l’efficientamento del retro porto;
  • maggiore considerazione dello sviluppo delle infrastrutture di trasporto dell’entroterra;
  • maggiore coordinazione tra le autorità portuali su futuri investimenti e sviluppo dei porti;
  • maggiore pianificazione portuale e del trasporto merci a livello nazionale e sovranazionale per concentrare gli investimenti nei collegamenti tra porto ed entroterra su un numero limitato di porti.