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Il viadotto Santo Stefano

Il riposizionamento e la messa in sicurezza dell’impalcato

Il viadotto Santo Stefano

Lo stato di danno

La struttura è affetta da deformazioni anomale irreversibili a carico degli apparecchi di appoggio e isolamento installati, del tipo elastomerico. Purtroppo, ad oggi, sulle cause del dissesto esistono ancora incertezze che hanno di fatto imposto ulteriori accertamenti in corso di svolgimento, mentre le condizioni di sicurezza dell’opera d’arte risultano invero preoccupanti soprattutto in considerazione della sismicità della zona e della possibile evoluzione dei fenomeni ancora, come appena accennato, tutti da definire.

Nel corso della sua realizzazione, l’impalcato del viadotto in parola ha subito importanti deformazioni orizzontali che hanno comportato spostamenti altrettanto importanti nelle apparecchiature di appoggio tanto da dimezzare – in alcuni casi – la loro efficienza in caso di sisma.

Detti spostamenti hanno, altresì, condotto la struttura a venire in contatto con la veletta paraghiaia della spalla in direzione Matera in corrispondenza della trave di bordo in destra modificando in tal modo il vincolamento longitudinale esterno della struttura stessa, peraltro, già mutato per la presenza dei citati cunei in legno posizionati nei giunti tecnici di testata in corrispondenza delle spalle.

Il ruolo attivo delle spalle nell’impedire il libero esplicarsi degli spostamenti dell’impalcato ha provocato l’insorgere di una coazione che di fatto ha indotto importanti modificazioni nel comportamento delle apparecchiature di appoggio. Vale evidenziare che le deformazioni degli appoggi, sono tutte avvenute essenzialmente in direzione dell’asse longitudinale delle travi che essi sorreggono e con verso opposto a partire dal punto di tangenza orizzontale della corda molle sopra citata; in particolare, gli isolatori situati in sinistra idraulica (pile 4, 5 e spalla B) appaiono deformati lato Matera mentre quelli in destra idraulica (pile 3, 2, 1 e spalla A) risultano deformati lato Candela.

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