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Requisiti prestazionali e criteri costruttivi del ponte Genova San Giorgio – sesta parte

Dal modello geologico al collaudo, il progetto esecutivo del ponte Genova San Giorgio: i requisiti prestazionali e i criteri costruttivi che hanno determinato le scelte ingegneristiche

Il ponte Genova San Giorgio

La prima parte dell’articolo è proposta sul fascicolo n° 145 Gennaio/Febbraio 2021 a pag. 92 con https://www.stradeeautostrade.it/ponti-e-viadotti/requisiti-prestazionali-e-criteri-costruttivi-del-ponte-genova-san-giorgio-prima-parte/; la seconda è pubblicata sul fascicolo n° 146 Marzo/Aprile 2021 a pag. 78 con https://www.stradeeautostrade.it/ponti-e-viadotti/requisiti-prestazionali-e-criteri-costruttivi-del-ponte-genova-san-giorgio-seconda-parte/; la terza è illustrata sul fascicolo n° 147 Maggio/Giugno 2021 a pag. 62 con https://www.stradeeautostrade.it/ponti-e-viadotti/requisiti-prestazionali-e-criteri-costruttivi-del-ponte-genova-san-giorgio-terza-parte/; la quarta è presentata sul fascicolo n° 148 Luglio/Agosto 2021 a pag. 40 con https://www.stradeeautostrade.it/ponti-e-viadotti/ponte-genova-san-giorgio-requisiti-prestazionali-e-criteri-costruttivi-quarta-parte/; la quinta è proposta sul fascicolo n° 149 Settembre/Ottobre 2021 a pag. 73 con https://www.stradeeautostrade.it/ponti-e-viadotti/requisiti-prestazionali-e-criteri-costruttivi-del-ponte-genova-san-giorgio-quinta-parte/.

Questo è il sesto di una serie di articoli inerenti alla progettazione del ponte Genova San Giorgio, un’opera di grande impegno ma, soprattutto, soggetta a vincoli temporali, operativi e comunicativi, non comuni nella costruzione di un viadotto di tali dimensioni.

L’articolo comincia con la descrizione geometrica delle pile e della loro modalità realizzativa. Prosegue quindi con un focus relativo alle armature e agli aspetti di calcolo peculiari, quali pulvino e snellezza. Si conclude, infine, con un breve cenno al tema della durabilità. 

Le pile

La descrizione

Le pile, oltre all’impalcato, sono un segno distintivo dell’opera. 18 pile dell’asse principale e tre pile della rampa, a interasse di 50 m tranne le quattro pile centrali distanti 100 m, dovevano essere belle oltre che funzionali.

  • La sezione orizzontale della pila
    1A La sezione orizzontale della pila
    1A. La sezione orizzontale della pila del viadotto principale
  • La pianta del pulvino della pila
    1B La pianta del pulvino della pila
    1B. La pianta del pulvino della pila del viadotto principale
  • La sezione trasversale della pila
    1C La sezione trasversale della pila
    1C. La sezione trasversale della pila del viadotto principale

Sull’aspetto estetico, è ben visibile la mano dell’Architetto, il quale ha scelto la forma dell’ellisse al fine di esaltare l’impatto della luce sulle superfici curve; inoltre, non dovevano avere dei pulvini che rompessero l’armonia del prospetto e dovevano avere uno spazio visibile tra la testa della pila e l’impalcato, spazio da esaltare con il gioco di luci.

Tutti questi input architettonici sono confluiti in una pila a sezione ellittica con assi da 9,50×4,00 m, a fusto unico, con sezione monocellulare e spessore dei setti costante da 60 cm (Figure 1A, 1B e 1C sopra).

A vantaggio della rapidità di esecuzione, le pile delle campate da 50 m sono identiche, in termini di carpenteria, a quelle delle campate da 100 m. Questo ha comportato l’approvvigionamento di una sola tipologia di cassero e una sola tipologia di armature.

È stato possibile realizzare pile uguali grazie al fatto che, per quanto riguarda il lato debole della pila, dimensionato in esercizio dalla termica, le pile terminali che soffrono maggiormente questo aspetto, sostengono campate da 50 m, quindi con attriti minori dovuti al minor peso. In condizioni sismiche, invece, l’isolamento del ponte tende ad uniformare le sollecitazioni alla base pila.

Una fase di cantiere
2. Una fase di cantiere dove si apprezzano le pile dell’asse principale e quelle della rampa

Le tre pile della rampa sono simili, hanno la stessa forma ellittica cava ma con assi di dimensione 5,00×2,50 m. La Figura 2 permette di apprezzare dall’alto le proporzioni delle pile della rampa e quelle dell’asse principale.

Le pile dell’asse principale hanno un’altezza sostanzialmente uniforme, intorno ai 38-39 m. Le quattro pile sul parco ferroviario Campasso sono più basse, intorno ai 33 m. Quelle terminali 1 e 18 sono invece decisamente più basse, con altezze rispettivamente pari a 20 m e a 11 m.

Le tre pile della rampa variano invece dai 36 m agli 11 m. Tutte le pile, ad eccezione della 1, della 18 e delle tre pile della rampa, hanno alla base un tratto pieno al fine di scongiurare effetti collaterali legati all’eventuale urto ferroviario o stradale. Le pile senza zona piena si trovano sicuramente in zone esenti da tale possibilità.

Le pile sono state eseguite mediante l’utilizzo della tecnologia dei casseri rampanti, realizzando conci dell’altezza costante di 4,5 m. Le riprese di getto sono state impostate a partire dalla testa della pila al fine di avere le interruzioni tutte alla stessa quota, privilegiando quindi l’aspetto architettonico. L’ultimo concio di testa pila, dell’altezza sempre di 4,5 m, è costituito da una zona piena di altezza 2,5 m che realizza il pulvino.

  • Il cassero metallico
    3A Il cassero metallico
    3A. Il cassero metallico a perdere per la realizzazione del pulvino
  • Blocchi di polistirolo
    3B Blocchi di polistirolo
    3B. I blocchi di polistirolo per la realizzazione del pulvino

Al fine di mantenere la ripresa di getto all’intervallo prefissato, è stato utilizzato un cassero metallico a perdere, poggiato sul penultimo concio, sopra il quale sono stati inseriti dei blocchi di polistirolo di spessore totale 2 m, con la funzione anch’essi di cassero a perdere (Figure 3A e 3B).

I due baggioli esterni, con altezza nominale di circa 90 cm, proseguono idealmente i due setti trasversali da 2,15 m. Complessivamente, i fusti delle pile sommano un volume di circa 12.400 m3. 

Le armature

Per quanto riguarda le armature, disegnate egregiamente dall’amico e collega Geom. Andrea Canofari, ad eccezione dello spiccato che viene armato in opera sono state realizzate mediante gabbie prefabbricate movimentate con gru. L’intera gabbia di armatura, per via del peso eccessivo e al fine di facilitare la maneggevolezza, è stata suddivisa in quattro gabbie, secondo lo schema di Figura 4.

Le gabbie 2A e 2B (Figure 5A e 5B) sono in realtà identiche in quanto si differenziano solo per le tre barre centrali, le quali alternativamente, vengono manicottate in un secondo momento al fine di consentire l’ingresso all’interno.

  • L’assemblaggio delle gabbie
    4 L’assemblaggio delle gabbie
    4. Lo schema dell’assemblaggio delle gabbie di armatura
  • La gabbia tipo 1
    5A La gabbia tipo 1
    5A. La pianta della gabbia tipo 1
  • La gabbia tipo 2
    5B La gabbia tipo 2
    5A. La pianta della gabbia tipo 2
  • L’armatura della pila
    6 L’armatura della pila
    6. L’armatura della pila vista dall’alto

La Figura 6 ben testimonia lo schema di armatura previsto. Si può notare un ferraiolo che, lavorando al di sopra della zona piena già indurita, sta completando la posa in opera delle gabbie prefabbricate già assemblate. È evidente, inoltre, lo schema dei casseri esterni in posizione aperta.

Sono state previste cinque tipologie di armature, due con doppio strato di F30/20 e F26/20 e tre con singolo strato F30/20, F26/20 e F22/20. Le staffe sono F20/20 a tutt’altezza, mentre l’armatura di confinamento è costituita da F14/20×20 in modo che ogni barra verticale venga presa da una orizzontale. Ogni pila parte dallo spiccato con il doppio strato finendo in testa con singolo strato F22/20.

La sovrapposizione delle barre verticali adottata è di 1,5 m, ottenuta mediante due ordini di sovrapposizione sfalsati tra loro. Il copriferro netto è di 55 mm. L’incidenza media, calcolata su tutte le pile, risulta circa 180 kg/m3. Le Figure 7A, 7B e 7C mostrano gabbie prefabbricate stoccate a terra ed in fase di movimentazione.

La Figura 9 mostra l’armatura del pulvino delle pile da 100. Superiormente, sono stati inseriti cinque strati F30/20 trasversali e due strati F30/20 longitudinali. Tutta l’armatura del pulvino è stata ovviamente montata in opera. Il pulvino è stato studiato tramite modelli FEM 3D realizzati con il software Lusas 17.0 (Figura 10).

  • Le gabbie di armatura
    7A, 7B e 7C Le gabbie di armatura
    7A, 7B e 7C. In senso orario: le gabbie di armatura prefabbricate, a terra e durante le fasi di calaggio
  • Movimentazioni
    8A, 8B, 8C e 8D Movimentazioni
    8A, 8B, 8C e 8D. Dall’alto in senso orario: l’armatura allo spiccato, un dettaglio del cassero ligneo esterno, uno spiccato della pila appena scasserato e la fase di movimentazione della gabbia tipo 2
  • L’armatura del pulvino
    9 L’armatura del pulvino
    9. L’armatura del pulvino
  • L’analisi 3D del pulvino
    10 L’analisi 3D del pulvino
    10. L’analisi 3D del pulvino con elementi “solid”
  • L’analisi FEM per lo studio del pulvino
    11A L’analisi FEM per lo studio del pulvino
    11A. L’analisi FEM con aste reticolari per lo studio del pulvino
  • L’analisi FEM per lo studio del pulvino
    11B L’analisi FEM per lo studio del pulvino
    11B. L’analisi FEM con aste reticolari per lo studio del pulvino
  • L’analisi FEM per lo studio del pulvino
    11C L’analisi FEM per lo studio del pulvino
    11C. L’analisi FEM con aste reticolari per lo studio del pulvino

Le sollecitazioni sono state calcolate integrando le tensioni nello stadio ottenute dal modello elastico lineare. Come confronto, sono stati realizzati anche modelli con aste reticolari che simulano l’andamento delle isostatiche del modello “solid” (Figure 11A, 11B e 11C). I due criteri di calcolo hanno fornito risultati sostanzialmente simili.

Alcuni aspetti, quali il ritiro differenziale fusto-plinto e quello pulvino-fusto, sono stati studiati – oltre che con calcoli manuali – anche con modellazione FEM.

La snellezza

Un altro aspetto di calcolo che è stato particolarmente attenzionato è quello relativo alla snellezza delle pile. Gli effetti del secondo ordine sono stati prima valutati secondo le formulazioni semplificate contenute nelle Norme, sia NTC che Eurocodice.

La snellezza della pila è stata valutata con lo schema di calcolo peggiore, ossia quello di mensola, trascurando completamente il vincolo orizzontale offerto dall’apparecchio di appoggio.

  • La deformata
    12A La deformata
    12A. L’analisi 3D del ritiro differenziale: la deformata
  • Le isostatiche di tensione e compressione
    12B Le isostatiche di tensione e compressione
    12B. L’analisi 3D del ritiro differenziale: le isostatiche di tensione e compressione

Entrambi i codici, sebbene affrontino la tematica in maniera simile, forniscono valori di snellezza limite diversi. Infatti, seguendo le indicazioni delle NTC, le snellezze superano i valori limite nel caso peggiore delle pile da 100 m e in quello della rampa, mentre seguendo l’Eurocodice tutte le snellezze rientrano all’interno del valore limite e pertanto l’effetto del secondo ordine può essere trascurato.

Per avere un ordine di grandezza del fenomeno, mediante analisi di buckling su modello FEM, sono stati calcolati i carichi critici euleriani, con modello a fondazione fissa e cedevole, nell’ipotesi di pila fessurata e non fessurata.

In ultimo, sul modello a pila isolata, è stata svolta l’analisi non lineare completa, che considera la matrice di rigidezza geometrica oltre a quella elastica.

In testa alla pila, sono state applicate tutte le possibili combinazioni di azioni SLU ottenute dal modello globale. Si sono quindi confrontate le sollecitazioni allo spiccato ottenute dall’analisi lineare e da quella non lineare.

  • La deformata di buckling
    13A La deformata di buckling
    13A. La deformata di buckling
  • L’analisi non lineare completa
    13B L’analisi non lineare completa
    13B. L’analisi non lineare completa P-Δ con grandi spostamenti

Lo scostamento massimo ottenuto è risultato inferiore al 10%, e soprattutto in linea con i risultati ottenuti con l’analisi semplificata P-D, che è stata utilizzata come base per l’intera progettazione delle sottostrutture.

La durabilità

È stata posta particolare cura agli aspetti legati alla durabilità delle pile, prima di tutto nella scelta dei materiali. Tutta l’elevazione delle pile è in classe di resistenza C35/45, con 340 kg/m3 di cemento e un rapporto acqua/cemento massimo di 0,45.

La classe di consistenza è un S5 ovunque tranne che per i baggioli dove si è richiesto un calcestruzzo autocompattante SCC. Soltanto per i baggioli delle quattro pile delle campate da 100 m, per via dell’elevato carico verticale agli appoggi, è stato utilizzato un calcestruzzo C45/55, lo stesso della soletta.

Dal punto di vista dell’esposizione ambientale, le pile sono state classificate XC4+XD1+XS1+XF1 secondo la UNI EN 206. È stato previsto, inoltre, un ciclo di verniciatura volto a conferire, oltre che il cromatismo voluto, una maggiore protezione al degrado della superficie esterna delle pile.

Le pile lato Levante
14. Una vista di insieme delle pile dal lato di Levante

Il prodotto proposto in sede di progettazione era una vernice poliuretanica elastomerica alifatica, prodotto che è stato poi sostituito, per ragioni cromatiche, con una pittura acrilica semicoprente equiprestazionale.

Dal punto di vista dei tassi di lavoro delle pile, questi sono state mantenuti ampiamente al di sotto dei limiti normativi. Basti pensare che, sotto la combinazione rara, la compressione massima sul calcestruzzo si attesta intorno a un massimo di 8 MPa contro il limite di 21 MPa, così come la trazione massima nell’armatura è pari a circa 100 MPa contro il limite di 360 MPa.

La trazione nell’armatura è stata volutamente limitata al fine di ridurre il più possibile lo stato fessurativo. Le pile, infatti, se dal punto di vista normativo potevano essere progettate con un limite di 0,3 mm per la combinazione frequente e 0,2 mm per quella permanente, sono state progettate con il limite di 0,2 mm sotto la combinazione rara, come se fossero delle pile ferroviarie, e risultano non fessurate sotto la combinazione frequente.

  • La realizzazione delle pile
    15A La realizzazione delle pile
    15A. Una fase di realizzazione delle pile
  • Una pila completata
    15B Una pila completata
    15B. Una pila completata

Conclusioni

Le pile sono un segno distintivo dell’opera. La forma ellittica a fusto unico ha permesso di realizzare l’uniformità del prospetto creando, al contempo, una continuità visiva con l’impalcato.

La scelta di un’unica sezione con gabbie prefabbricate ha velocizzato notevolmente i tempi di realizzazione. Particolare cura, infine, è stata posta nella scelta dei materiali e nel contenimento dei tassi di lavoro, realizzando un elemento altamente durevole.

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