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Ponti in muratura

Riparazione e ricostruzione prostetica di due opere storiche algerine a Constantine, la “Ville des Ponts”

Il ponte di Sidi Rached

Il ponte di Sidi Rached venne costruito tra il 1907 e il 1912, negli stessi anni in cui veniva realizzato anche il ponte sospeso di Sidi M’Cid. Sidi Rached ha una lunghezza complessiva di 447 m ed è composto da 21 coppie di archi di 10 m di luce netta, quattro da 16 m, uno da 30 m e dall’arco centrale che con una campata da 70 m oltrepassa, a 105 m di altezza, l’incisione del Rhumel. La carreggiata, larga 12 m, è sostenuta appunto da questa doppia fila di arcate affiancate larghe 4 m ciascuna, collegate trasversalmente da un impalcato sostenuto da traversi in calcestruzzo armato. La muratura è di tipo a sacco con paramenti realizzati nella bella e resistente pietra calcarea locale di colore giallastro.

I primi problemi causati dall’instabilità del versante in destra idrografica del ponte di Sidi Rached si manifestarono molto presto; già durante la sua realizzazione nel 1910 si palesarono dei disordini sulla spalla destra; si ha poi notizia che il ponte sia stato oggetto di interventi di rafforzamento fondazionale a partire dagli anni Quaranta del secolo scorso. Successivamente, negli anni Cinquanta si comprese che il problema dell’instabilità era dovuto allo scivolamento a valle delle spesse coltri marnose di tale versante. Si misero in atto, pertanto, degli interventi di drenaggio in prossimità della spalla e si realizzarono dei tiranti ancorati nel substrato roccioso per tentare di fermare la stessa. Tentativo riuscito solo in parte, dato che complessivamente fino ad oggi la spalla è scivolata poco meno di 1 m, misura ovviamente non compatibile con la scarsa flessibilità di un’opera in muratura, sebbene di altezza considerevole. Le fondazioni delle prime quattro paia di pile, che non raggiungono il substrato roccioso, furono invece consolidate con un reticolo di travi in calcestruzzo armato che, nell’intenzione dei Progettisti dell’epoca, avrebbero dovuto riportare le spinte a valle sul substrato roccioso che dalla quinta campata affiora in superficie.

A metà degli anni Cinquanta, constatata l’impossibilità di arrestare il cinematismo, si isolò la spalla dal resto del ponte demolendo la prima coppia di arcate in muratura e sostituendovi dapprima un arco a tre cerniere in calcestruzzo armato, che già alla fine degli anni Settanta fu necessario rimpiazzare con una trave tampone a struttura mista. Per chiudere le spinte delle restanti campate fu contestualmente murata la seconda coppia di arcate che, di fatto, sono divenute la nuova spalla in sponda desta del ponte. Tra il 2007 e il 2010, il cinematismo del ponte conobbe un’improvvisa accelerazione, causando fessure molto ampie alla base delle prime sei paia di pile. Gli Scriventi vengono quindi chiamati d’urgenza per trovare una soluzione ad un problema che era, e resta, di enorme importanza per la città di Constantine: il ponte è un collegamento indispensabile tra l’area urbana adiacente la ferrovia e il centro cittadino oltre ad essere monumento nazionale richiamato e raffigurato in tutta l’iconografia algerina. In effetti, la città è dotata di molti altri ponti, ma la viabilità di accesso obbliga a lunghi giri in un contesto urbano tanto popoloso quanto congestionato che, come molte altre realtà algerine, ha subito uno sviluppo tumultuoso e caotico con un parco vetture circolante pressoché decuplicato negli ultimi dieci anni.

Sin dal primo sopralluogo, si constatò che la trave tampone esistente era ormai incastrata e trasferiva, di fatto, la spinta dalla spalla al resto del ponte e pertanto con l’ulteriore slittamento della spalla si era persa l’efficacia dell’intervento di disconnessione sopra descritto. Le prime sei campate del ponte, essendo in curva e ricevendo questa spinta enorme (si stimano 1.000 t circa), avevano sbandato verso l’esterno, parzializzato tutte le sezioni di base delle pile che si sono sollevate assecondando il cinematismo imposto dalla spinta. Le fessure alla base delle pile erano dell’ordine dei centimetri; gli spostamenti ricostruiti mediante rilievo topografico indicavano, appunto, una componente di spostamento radiale di circa 20 cm al livello dell’impalcato. La spinta aveva iniziato a schiacciare la quarta arcata, che è stata pertanto puntellata per il rischio di crollo incipiente. Il tutto, chiaramente, senza poter chiudere al traffico il ponte, se non per brevi periodi. Nell’estate 2011 si è quindi immediatamente provveduto a rimuovere la trave tampone ed a sostituirla con una nuova struttura più snella e leggera, ma soprattutto dotata di varchi sufficienti ad assorbire cinematismi dell’ordine dei decimetri. Contestualmente, si è iniziato a studiare un sistema di rinforzo e consolidamento di quella parte di versante che interessa il ponte.

Un consolidamento di tutto il versante non era nelle disponibilità di budget, sebbene diversi interventi poco coordinati erano in via di studio e realizzazione da parte di altri soggetti. Il più eclatante è quello messo in atto dai Brasiliani a protezione del nuovo ponte strallato appena realizzato che, contrariamente a ogni aspettativa, si è iniziato a muovere appena terminata la costruzione. Per l’area su cui insiste il ponte di Sidi Rached si è optato per un sistema di consolidamento e drenaggio mediante pozzi realizzati ai due lati della vecchia spalla. I due pozzi sono collegati da una struttura rigida che dovrebbe riuscire ad assorbire parte della spinta del terreno di monte e, quindi, rallentare o fermare lo scorrimento della vecchia spalla che ha ora la sola funzione di appoggio della trave tampone e di contenimento del terrapieno su cui insiste lo svincolo di accesso al ponte. A valle di questa struttura rigida è stata inserita una trincea drenante che scollega le coltri instabili di monte da quelle di valle, le quali si vanno rapidamente assottigliando fino a scoprire il substrato una cinquantina di metri più in basso. Anche se il cinematismo riguarda principalmente la spalla e sembrerebbe andare rapidamente affievolendosi man mano che si scende verso valle e le coltri marnose perdono di spessore, si è voluto consolidare comunque le fondazioni delle tre paia di pile seguenti mediante la realizzazione di piastre in c.a., ancorate al substrato roccioso con oltre 100 micropali inclinati che collegano e bloccano le fondazioni di queste pile.

In attesa che gli interventi di consolidamento sortissero qualche effetto e constatato che il versante continuava a muoversi piuttosto celermente, si è provveduto a rinforzare le pile ed a puntellare le tre arcate in curva maggiormente a rischio di crollo. Le pile sono state rinforzate mediante l’incamiciatura con quattro grossi angolari in acciaio realizzati con piatti saldati e collegate mediante barre post-tese. Le arcate sono state, invece, puntellate; una di queste si è poi appoggiata a tale sostegno, in quanto di fatto collassata mentre gli altri due sostegni fortunatamente non sono mai andati in carico. Terminati i lavori di rinforzo fondazionale, si è dovuto rimuovere l’arcata collassata, eliminando al contempo la spinta impressa dal movimento della spalla che ancora insisteva sul ponte. Tale spinta, infatti, non era stata eliminata con la sostituzione della trave tampone in quanto il nuovo blocco spalla, costituito dalla seconda campata e dai muri di chiusura, non ha permesso di liberare l’energia immagazzinata; pertanto, il ponte è rimasto sollevato e sbandato verso l’esterno fintanto che non è stata demolita l’arcata maggiormente danneggiata, che tuttavia riusciva ancora a trasferire un ingente sforzo assiale.

Per mitigare gli effetti della demolizione degli archi, gli Scriventi hanno previsto un sistema di puntellamento orizzontale atto ad assecondare la caduta di spinta che si sarebbe verificata al momento del taglio della campata. Questi puntelli sono stati dotati di elementi sacrificali ad instabilità controllata che, all’atto della demolizione dell’arco, hanno subito uno sbandamento che ha permesso di scaricare dolcemente la spinta presente, determinando il contestuale e parziale recupero di deformata del ponte. Infatti, tale ritorno è stato possibile non per l’elasticità della muratura, quanto grazie all’energia potenziale immagazzinata nel sollevamento del ponte che è stata rilasciata al momento del taglio degli archi. Subito dopo, sono state ricostruite le due arcate con una struttura in calcestruzzo armato rivestita con la medesima pietra locale. Restano ad oggi ancora da realizzare gli interventi di rafforzamento delle pile mediante iniezione con malte cementizie additivate. Data l’enorme volumetria del ponte (oltre 5.000 m3 di muratura), tali iniezioni cominceranno dai fusti pila danneggiati (circa il 10% della volumetria totale) e si valuterà successivamente se estenderle al resto del ponte.