Al giorno d’oggi, al contrario di un’opera d’arte di nuova progettazione, la durabilità di una struttura già esistente non è pienamente definibile.
Dopo eventi anche catastrofici avvenuti in tutto il mondo e per tipologie di ponti le più varie, si è presa coscienza dell’importanza del progettare le strutture in genere, ma soprattutto quelle dei ponti, con particolare cura e attenzione alla loro durabilità al fine di ottenere forti economie sia in termini di costi di manutenzione che di vite umane.
Purtuttavia, è altrettanto importante mantenere e consolidare tutte le opere esistenti che abbiano una valenza storica, architettonica o strategica da un punto di vista socio-economico; ciò perché i costi di una loro demolizione e successiva ricostruzione sono spesso insostenibili per la società che se ne serve.
E quindi, una diagnostica adeguata così come un progetto mirato a prolungare la vita utile e la durabilità di un’opera d’arte sono e saranno gli aspetti che nel prossimo futuro gli Enti proprietari e Gestori delle strade italiane dovranno curare con particolare attenzione e gli Ingegneri dovranno essere pronti a una tale sfida.
Oggi finalmente si è intrapresa la strada della valutazione della vulnerabilità sismica delle opere d’arte che si trovano soprattutto sulle strade gestite da ANAS SpA.
Ma tengo a precisare che, ancor prima della vulnerabilità sismica, occorrerebbe condurre un censimento delle opere d’arte presenti sul territorio, in modo da poter programmare gli interventi di manutenzione e riparazione più urgenti che assicurino il normale esercizio delle strade interessate e solo successivamente provvedere al loro adeguamento antisismico.
Ciò è particolarmente importante nel nostro Paese, dove il numero di ponti e viadotti è elevatissimo, essendo il territorio orograficamente piuttosto tormentato e attraversato da molti corsi d’acqua.
I tre casi di studio, tutti oggetto di pubblicazioni e/o comunicazioni a Convegni internazionali, un po’ hanno fatto scuola nel settore della diagnostica e delle riparazioni dei ponti.
I tre viadotti Pietrastretta, Fiumara di Tito e Carpineto I – ubicati sul RA05 Sicignano-Potenza – sono strutture di grande importanza strategica nel collegamento tra la Salerno-Reggio Calabria e Potenza, proseguendo fino a Metaponto sullo Ionio verso Taranto e la Calabria Ionica.
Per il Carpineto I si rimanda all’articolo pubblicato sul fascicolo n° 131 Settembre/Ottobre 2018 a pag. 44 con https://www.stradeeautostrade.it/ponti-e-viadotti/il-viadotto-strallato-carpineto-i/.
Nel seguito si illustreranno le indagini visive e strumentali eseguite sugli elementi strutturali più importanti dei viadotti Pietrastretta e Fiumara di Tito, oltre che la progettazione, l’esecuzione e il controllo strumentale degli interventi realizzati per restituire al pieno esercizio le stesse nel rispetto delle attuali azioni di Normativa.
Il viadotto Pietrastretta
Il Pietrastretta è un viadotto a 21 campate sito tra la p.k. 23+176 e la p.k. 24+152, lungo 976 m e con altezza massima di 51 m.
La singola campata è costituita da tre nervature con soletta collaborante in c.a.; la singola trave è a sezione variabile da 1,75 a 2,7 m precompressa con 6M5/16 (sistema Morandi). L’impalcato è completato da quattro traversi intermedi e due di testata. La larghezza della carreggiata è di 8,50 m e la larghezza totale è di 9,50 m.
Lo stato di danno
Nelle Figure 2A, 2B e 2C sopra, oltre l’impalcato, le pile e i pulvini, è ben evidente la colatura dell’acqua di piattaforma che, per la mancanza di impermeabilizzazione e per la presenza dei fori lasciati dai puntelli per la realizzazione degli sbalzi nella soletta, ha imbibito la facciata laterale esterna della trave di bordo-interno curva dove la pendenza trasversale ha portato l’acqua, compromettendo l’integrità del bulbo inferiore praticamente per tutta la luce (Figure 3A, 3B e 4).
Uno stato di fessurazione diffusa e il percolamento dell’acqua salmastra dovuta allo scioglimento del ghiaccio formatosi sul piano viabile durante il periodo invernale hanno provocato la ossidazione e, in molti casi, la completa corrosione delle armature sia lente che pretese.
Il conseguente detensionamento di queste ultime ha comportato una forte riduzione dello stato di coazione impressa che, in un caso, ha cagionato il collasso della trave di bordo di una delle travate (Figure 5A e 5B).
È stato pertanto necessario procedere a una mappatura e ad una classificazione del danno, effettuata per tutte le 21 campate e per ciascun senso di marcia, secondo quattro livelli passando da danno “lieve” (classe 1) a quello “gravissimo” (classe 4).
La campagna di indagine
La campagna di indagine è consistita, oltre all’esame visivo, in un accurato rilievo geometrico e strutturale mediante, tra l’altro, opportuni saggi e prove pacometriche per individuare il numero e il tracciato dei cavi di precompressione.
Quindi su questi ultimi sono state eseguite ispezioni endoscopiche per definire il loro stato di conservazione nonché il grado di saturazione delle guaine con malta cementizia.
Altre indagini hanno riguardato la valutazione dello stato di tensione residua, a valle cioè delle cadute di tensione dovute ai fenomeni reologici, sui cavi di acciaio armonico all’interno delle guaine mediante mirate prove di detensionamento dei trefoli che li costituivano.
Per quanto riguardava lo stato di precompressione effettivamente agente sul calcestruzzo delle travi, a diverse altezze si sono condotte prove di rilascio dello stesso mediante l’estrazione di carote adeguatamente strumentate.
Tutto quanto sopra sinteticamente descritto ha permesso di definire la geometria degli elementi strutturali indagati (travi e traversi) in uno con il loro stato di degrado e di sforzo e ha consentito il dimensionamento degli interventi di recupero.
Il progetto
La soluzione progettuale, peraltro illustrata sinteticamente nelle Figure 9A e 9B, è consistita nella:
- aggiunta di cavi esterni a ripristinare lo stato di coazione compromesso;
- sagomatura delle testate delle travi per l’alloggiamento delle traverse di contrasto per l’ancoraggio dei cavi aggiunti (2×3 cavi – sette trefoli 0,6”);
- deviatori in mezzeria e sui traversi per variare il tracciato dei cavi aggiunti;
- posa in opera di armature lente integrative: barre e fibre di carbonio;
- sarcitura lesioni, ripristini corticali con malte e/o betoncini a stabilità volumetrica.
Le fasi esecutive
Nel seguito sono riportate le fasi salienti di riparazione e di consolidamento della campata oggetto di intervento.
Tutte le operazioni di tesatura dei cavi, con fasi di carico predeterminate, sono state sempre eseguite sotto stretto controllo strumentale per valutare in ogni istante la risposta della struttura alle azioni impresse.
Il viadotto Fiumara di Tito
Il Fiumara di Tito è un viadotto a 22 campate di luce variabile tra i 45 m e gli 82 m, site tra la p.k. 31+238 e la p.k. 32+348, lungo 1.110 m e con altezza massima di 108 m.
È composto da sei pile a stampella con fusto unico con cantilever a cassone di 18,50 precompressi con 10M5/16 (sistema Morandi), sei pile normali di cui quattro a fusto binato, 14 travate a sezione aperta con due nervature (dell’altezza di 3,10 m e 45 m di luce) precompresse con 8M5/16; ha due traversi intermedi e due di testata prefabbricati e precompressi.
La larghezza della carreggiata è di 8,50 m e la larghezza totale è di 9,50 m.
Lo stato di danno
La presenza di un diffuso stato di fessurazione, unita all’esposizione prolungata agli agenti atmosferici e a sostanze aggressive, ha innescato e favorito la parziale corrosione dei cavi di precompressione che ha determinato una progressiva riduzione di capacità portante delle travi e quindi dell’efficienza complessiva della struttura che ha condotto, il 22 Luglio del 2008, al collasso di una delle travi della carreggiata Sud in direzione Sicignano e in particolare la trave sulla corsia di marcia della campata n° 8 (Figure 18, 19A e 19B).
La campagna di indagine
Al fine di individuare le modalità di recupero più acconce, è stata definita una campagna di indagine piuttosto articolata e complessa tesa all’individuazione dell’entità del dissesto e delle sue cause.
In una prima fase di indagine, oltre a una ovvia e necessaria indagine visiva per il rilievo del danno, sono state eseguite numerose prove sperimentali.
Tra queste, indagini GPR per l’individuazione dei cavi, prove sul calcestruzzo e sugli acciai per qualificare i materiali, videoispezioni dirette sui trefoli dei cavi da precompressione per indagare sul loro stato di conservazione, misure estensimetriche eseguite sia sul calcestruzzo che sui fili dei trefoli per controllare lo stato di precompressione effettivamente presente in opera.
Le sottostanti Figure 20A, 20B, 20C, 20D, 21A, 21B, 22A, 22B, 23A e 23B si riferiscono alle suddette fasi.
Il progetto
Sulla scorta dei risultati delle prove in sito appena descritte e sugli altri rilievi effettuati è stato possibile progettare l’intervento di consolidamento finalizzato al ripristino delle originarie caratteristiche prestazionali delle travi che, anche in questo caso, è consistito nell’applicazione di cavi esterni presollecitati in acciaio armonico come rappresentato nelle Figure 22A, 22B, 23A e 23B.
È da notarsi come il tracciato dei cavi aggiunti sia stato condizionato dall’impossibilità di ancorare le previste due coppie di cavi sulle testate delle travi dove lo spazio era insufficiente per l’ubicazione delle traverse di contrasto.
Pertanto, è stato necessario rialzare i cavi verso gli appoggi in modo da riportare gli ancoraggi in soletta a contrastare sul bulbo superiore della trave.
L’intervento è stato completato con l’applicazione di nastri di fibre di carbonio incollati all’intradosso del bulbo inferiore delle travi (a flessione) e sulle facce laterali (a taglio).
Le fasi esecutive
Le lavorazioni eseguite si possono sinteticamente riassumere così:
- la preventiva realizzazione di tasche nella soletta di impalcato;
- la passivazione delle armature lente;
- il risanamento corticale del calcestruzzo;
- il rinforzo delle sedi di appoggio delle traverse di ancoraggio;
- la posa in opera delle traverse di ancoraggio cavi e dei deviatori in campata;
- l’infilaggio dei trefoli di acciaio armonico nelle guaine a formare i nuovi cavi esterni;
- la tesatura dei trefoli mediante martinetti idraulici;
- il controllo strumentale (monitoraggio) in progress delle strutture oggetto di intervento;
- la protezione delle testate di ancoraggio dei cavi;
- la sigillatura e chiusura delle apparecchiature di ancoraggio;
- il ripristino della continuità strutturale delle solette interrotte con calcestruzzi speciali ad alta resistenza;
- l’applicazione di nastri di fibre di carbonio mediante incollaggio con resine epossidiche all’intradosso e ai lati delle anime delle travi;
- la validazione dell’efficacia dell’intervento mediante ordinarie prove di carico statico.
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