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Il Punto di Vista del Prof. Giuseppe Matildi sul viadotto Polcevera

Alcuni insegnamenti da Genova

Il Punto di Vista del Prof. Giuseppe Matildi sul viadotto Polcevera

Morandi non era uno sciocco: lo conobbi e frequentai in molte occasioni professionali; in particolare, ricordo in occasione del collaudo del viadotto Irminio, un grande ponte metallico da lui progettato in Sicilia, forse dimenticato oggi dalla Stampa proprio perché metallico, in questi tempi di ricerca assidua e un poco ignorante delle sue opere. Collaudo che fece mio padre Pietro negli anni Ottanta e al quale partecipai come giovane Ingegnere.

La sua idea di realizzare strutture strallate con cavi ricoperti di calcestruzzo fu, all’epoca, geniale e permise di realizzare opere altrimenti impossibili per le Imprese italiane e le capacità costruttive di allora. Mi ha stupito notare che, nel novero delle sue opere balzate alla cronaca, siano stati dimenticati gli hangar Alitalia – che tutti vediamo con ammirazione atterrando a Fiumicino – e presentano una selva di stralli precompressi. Ma non sono ponti.

Morandi era comunque uno sperimentatore e ha cambiato il modo di concepire i ponti con le sue ricerche realizzate. In questi giorni, mi sono trovato più volte a parlare coi miei amici che mi chiedevano un parere su cosa ne pensassi del dramma e del crollo.

A tutti ho risposto che il più grande genio dell’umanità sperimentava nel fare i colori, essendo pittore e chiamandosi Leonardo, e non sempre i risultati erano buoni; se non si fosse restaurato l’affresco ogni 30 anni nel refettorio di Santa Maria delle Grazie a Milano oggi ci sarebbe un muro bianco e non la sua “Ultima cena”.

Mi permetto di fare una riflessione anche su questo, avendo progettato più di 70 viadotti sulla nuova A2 negli ultimi dieci anni: sulla vecchia Salerno-Reggio sono stati demoliti con l’esplosivo i viadotti Lontrano, Favazzina e Costaviola, opere di Morandi che si trovano nei manuali di ingegneria di tutto il mondo.

Oggi sparirà l’opera più celebre, quindi siamo proprio sicuri che non stiamo distruggendo in questo modo un patrimonio storico e culturale importante? Purtroppo le nostre Sovraintendenze si lacerano le vesti per ogni rudere di cascina, ma non ritengono degne di interesse opere uniche come queste; il caso del ponte di Nervi sul Cecina è emblematico e spesso ricordato.

Per loro ogni ponte, forse, è semplicemente la ripetizione assidua di schemi industriali seriali e come tale non vale un qualunque, comune, reperto vernacolare. La rete è piena di improvvisati decrittatori della cinematica dell’evento; inutile confermare quello che si è immaginato da subito, cioè la rottura di uno degli stralli. Ma questo è solo un tema giudiziario, ormai.