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Il ponte degli Arci a Tivoli

Il ponte degli Arci, detto anche ponte degli Acquedotti - la cui costruzione è praticamente ultimata alla data di stampa di questo fascicolo -, risolve finalmente il trentennale problema di congestione della S.P. 33 (Empolitana) del tratto di collegamento tra l’abitato di Tivoli e lo svincolo autostradale di Castel Madama della A24

Il ponte degli Arci a Tivoli

L’impalcato a struttura mista

La trave del ponte degli Arci è una struttura abbastanza imponente e strutturalmente impegnativa, per le luci e soprattutto per la geometria della piattaforma stradale.

Lo schema statico è quello di trave continua su tre appoggi con due luci da 72 m e circa quindi equivalenti, come sollecitazioni flettenti, a quelle che si avrebbero su di una trave continua di poco meno di 100 m di luce. Sulla pila si è pertanto scelta una altezza di trave pari a 4 m circa, diversa tra esterno e interno curva come discusso nel seguito.

Questa notevole altezza è stata realizzata unendo due travi a singola T, ciascuna di altezza pari a circa la metà, trasportate dallo stabilimento in conci di lunghezza variabile da 8 a 12 m e quindi saldate a piè d’opera con due cordoni d’angolo su un piatto orizzontale intermedio.

Questa soluzione del piatto orizzontale per la composizione di travi alte è molto comoda ed efficace, in quanto tale elemento costituisce un ottimo irrigidimento d’anima e permette di comporre le travi con due cordoni di saldatura anziché con una piena penetrazione di cui peraltro non si ha necessità, in quanto la saldatura longitudinale a metà altezza sarebbe infatti soggetta solo a sollecitazioni di scorrimento (taglio), che nelle grandi travi di questo tipo sono sempre molto modeste (difficilmente si raggiungono i 100 MPa).

Diverso è il caso delle saldature tra anima e piattabande superiori e inferiori, nelle quali – oltre allo scorrimento – si possono avere forze localizzate dovute ad appoggi, ovvero tensioni localizzate dovute a diaframmi, controventature orizzontali o altri carichi concentrati che insistono sulle piattabande.

In questi casi, può essere necessario prevedere – e così è stato fatto nel ponte degli Arci – saldature a completa o parziale penetrazione, nel rispetto di un approccio a “capacity” che è sempre necessario adottare in prossimità dei veicoli, dove possono insorgere reazioni impreviste, nonché per migliorarne la risposta a fatica.

Nei conci di pila si è dovuto infine aggiungere degli irrigidimenti orizzontali di anima che si è scelto quindi di porre sul lato esterno in modo da non interferire con gli irrigidenti verticali.

Planimetricamente, provenendo da Tivoli, si entra in rettilineo e poi si inizia a curvare arrivando ad un raggio minimo di 200 m in prossimità della spalla lato Castel Madama. A questo raggio di curvatura corrisponde una freccia planimetrica complessiva di 7 m, ma anche variazioni angolari massime di circa 3,5° tra i conci rettilinei di lunghezza pari a circa 12 m.

Queste dimensioni e questi raggi di curvatura sono ancora realizzabili con una sezione aperta, ovvero una sezione realizzata con due travi più, nel caso di specie, una spina centrale, ma bisogna porre attenzione ai momenti torcenti che sono poi dei bi-momenti sulle due travi a T, ovvero delle spinte a vuoto delle piattabande che presentano un angolo di incidenza massimo, prima richiamato, pari a 3,5°.