Condividi, , Google Plus, LinkedIn,

Stampa

“Tutte le reti infrastrutturali contribuiscono alla mobilità sostenibile”

(come riportato su Le Strade dell’Informazione)

Intervista a Marco Romani, Amministratore Delegato di ISFORT

Nel nostro paese la mobilità sta tornando ai livelli pre-covid. Secondo Lei, quanto la pandemia ha modificato i nostri stili di vita?  

E’ indubbio che la pandemia abbia prodotto modifiche rilevanti negli stili di vita degli italiani e, conseguentemente, nei loro stili di mobilità. Alcune traiettorie di cambiamento si sono via via messe a fuoco e consolidate nei mesi scorsi, ma è forse ancora prematuro valutarne pienamente gli impatti. Dal nostro Osservatorio possiamo dire che l’esperienza per certi versi forzata della vita di quartiere maturata nei periodi di maggiori limitazioni alla mobilità ha diffusamente sviluppato una maggiore attenzione verso quello che possiamo chiamare “il valore della prossimità” e quindi, in termini di trasporti, verso le soluzioni di spostamento che meglio si prestano alla breve percorrenza, ovvero andare a piedi, in bicicletta, con il monopattino. Noi pensiamo che questa nuova propensione in parte diventerà strutturale nel post-Covid, favorita anche da quella quota di organizzazione di lavoro da remoto che a sua volta rimarrà strutturale in particolare nelle aree urbane. Parallelamente osserviamo al momento un recupero ancora incompleto del trasporto pubblico, per effetto soprattutto della percezione di insicurezza da contagio ancora piuttosto diffusa tra i cittadini che preferiscono utilizzare mezzi individuali, che sia l’auto nelle medie e lunghe distanze o la bicicletta e il monopattino nelle brevi. In prospettiva con l’uscita dall’emergenza sanitaria il trasporto pubblico potrà – e dovrà! –  tornare a svolgere un ruolo centrale nei servizi di mobilità per i cittadini.  

In termini di mobilità sostenibile le infrastrutture possono dare un contributo importante?  

Senza alcun dubbio tutte le reti infrastrutturali contribuiscono alla mobilità sostenibile, soprattutto se per “sostenibilità” non ci limitiamo alla sola dimensione della riduzione delle emissioni inquinanti, ma più attualmente includiamo i temi della sicurezza, della vivibilità e dell’efficienza economica. Circa le infrastrutture ferroviarie, che siano i sistemi di trasporto rapido di massa nelle arre urbane o le reti ferroviarie per il trasporto regionale e di lunga percorrenza, non c’è molto da spiegare: quasi per definizione queste infrastrutture favoriscono la mobilità sostenibile perché consentono di trasportare ampie quote di passeggeri su mezzi collettivi (treni, tram, metropolitane) con bassissimi impatti ambientali, in piena sicurezza e con grande risparmio di tempo (e quindi di costo per l’utente). Quanto alle infrastrutture stradali, la sfida attuale è nell’applicazione di tecnologie avanzate sia nella costruzione che nella gestione delle reti, tali da garantire maggiore sicurezza e comfort per gli automobilisti nonché, attraverso l’infomobilità, la scelta di soluzioni di viaggio più rapide. Vorrei poi sottolineare il fatto che investire nelle infrastrutture oggi significa lavorare sull’integrazione tra le reti per offrire ai cittadini le connessioni più rapide e sicure, quale che sia il mezzo di viaggio scelto. L’ampio programma di investimenti nelle reti infrastrutturali messo in campo e sostenuto anche con risorse pubbliche già da qualche anno, e che ovviamente riceverà un’ulteriore decisiva spinta dal PNRR, va nella direzione della mobilità integrata, sicura, a basso impatto e meno onerosa per l’utente: in una parola nella direzione della mobilità sostenibile. Ed è anche un obiettivo perseguito dalle società del Gruppo FS nel loro insieme, iniziando da RFI e proseguendo con Trenitalia e anche con ANAS, quando si muovono per integrare sempre più le infrastrutture fra loro e i sistemi di mobilità connessi, in particolare quelli dolci, inclusivi, a bassissimo impatto ambientale. Ne sono un esempio le ciclovie dalle stazioni alle università finanziate dallo stesso MIMS

 Le città italiane sono lontane dagli obiettivi di mobilità e sicurezza fissati al 2030 o riusciranno a raggiungere questi traguardi?  

Il quadro delle politiche di mobilità sostenibile nelle città italiane è in chiaroscuro. In generale negli scorsi decenni i progressi in questa direzione sono stati modesti e non a caso gli obiettivi comunitari di sostenibilità sono lontani. Le ragioni sono diverse; certamente è mancato da parte delle Amministrazioni il coraggio politico di prendere decisioni solo apparentemente impopolari, legate in particolare alla gestione dello spazio pubblico che dovrebbe essere sottratto un po’ di più alle auto e “restituito” a pedoni, ciclisti e mezzi pubblici con infrastrutture dedicate (aree pedonali, piste ciclabili, corsie riservate per i bus). In parte, per molti anni sono mancate risorse adeguate per investire nelle reti di trasporto rapido di massa e per il rinnovo delle flotte di bus e di treni. Ma oggi le condizioni sono cambiate e veramente non ci sono più alibi da parte delle amministrazioni locali: perfino i cittadini hanno sviluppato una sensibilità maggiore vero i temi ecologici e hanno fatto esperienza di un modo diverso di muoversi. Inoltre, in un panorama nel complesso poco confortante di politiche urbane di mobilità sostenibile, non sono mancate anche negli anni passati Amministrazioni che hanno saputo mettere in campo strategie robuste e integrate per cambiare i modelli di mobilità dei propri cittadini nell’ottica dell’innovazione e della sostenibilità. Milano da questo punto di vista è diventato un riferimento anche europeo (ad esempio per i servizi di sharing mobility), ma non è un caso isolato. Insomma, forse al 2030 la maggior parte delle nostre città non raggiungeranno pienamente gli obiettivi di mobilità e sicurezza fissati, ma sicuramente ci sono le condizioni e le buone pratiche per poterci andare vicini!  

Il PNRR, con le sue risorse, pone l’ambiente al centro di un innovativo modo di concepire le infrastrutture e i sistemi di mobilità. Saremo in grado di cogliere queste opportunità per cambiare il nostro modello di trasporto stimolando la crescita economica ed occupazionale?

Non è facile rispondere a questa domanda. A mio modo di vedere le condizioni di partenza ci sono tutte o si stanno apprestando a breve: risorse adeguate, nuova strumentazione tecnico-burocratica per spendere bene e rapidamente, maggiore consapevolezza di operatori e amministrazioni, perfino una propensione più aperta e positiva verso la mobilità sostenibile da parte dei cittadini. “I pianeti si stanno allineando” come si suol dire perché finalmente nell’arco di 5-10 anni il modello di mobilità delle nostre città e dei nostri territori sia radicalmente diverso rispetto al passato e, purtroppo, anche al presente. Poi però non va dimenticato che la sfida è enorme perché richiede il contributo di una platea molto ampia e variegata di soggetti a tutti i livelli che devono muoversi in modo sincrono e senza perdere tempo.

La rivoluzione green sta cambiando il comparto dell’automotive che già segna una forte contrazione per i veicoli endotermici a benzina e diesel. Oggi il settore delle auto elettriche si sta sviluppando in molti paesi del mondo, soprattutto nell’Unione Europea che si conferma un mercato in rapida crescita. Secondo Lei in Italia dove bisognerà fare lo sforzo maggiore? Infrastrutture di ricarica, incentivi all’acquisto di auto elettriche, presa di coscienza degli automobilisti?  

Mi sento di poter scommettere sul fatto che l’auto elettrica diventi un bene di larga diffusione nell’arco di pochi anni, mi pare che i miglioramenti tecnologici in particolare sull’autonomia della ricarica e sulla velocità della stessa stiano portando le prestazioni dell’auto elettrica vicini alle soglie di aspettativa del potenziale “utente medio”. Credo che sarà indispensabile avere una rete di infrastrutture di ricarica molto più diffusa rispetto a quella attuale e in prevalenza con modalità rapide di ricarica; su questo aspetto ritengo sia necessario investire di più. L’altra barriera all’acquisto dell’auto elettrica è senza dubbio il costo ancora troppo elevato, per cui gli incentivi sono senz’altro utili per incoraggiare il mercato, che tuttavia non dovrebbe essere “drogato” all’infinito.

In merito alla mobilità sostenibile, su quali iniziative è impegnata Isfort?

Certamente Isfort è interessata a tutti i fenomeni che riguardano la Mobilità Sostenibile che è un tema centrale per il Paese. Abbiamo molto apprezzato il segnale forte che il Ministro Giovannini ed il Presidente Draghi hanno voluto dare cambiando l’acronimo del MIT in MIMS dove il termine “sostenibile” è al plurale perché riguarda sia le infrastrutture che la mobilità. Un’idea ed un progetto di sistema per il Paese. In particolare, voglio sottolineare l’impegno che Isfort dedicherà allo sviluppo di alleanze con tutti gli attori della sostenibilità. Perché è solo da un’azione sinergica e dal concorso di tutti che nascerà e si consoliderà una nuova visione di Paese sostenibile, soprattutto per le nuove generazioni di cui dobbiamo responsabilmente farci carico. Già da tempo in Isfort abbiamo costituito e sosteniamo OPMUS (Osservatorio per la Mobilità Urbana Sostenibile, uno dei filoni della nostra attività di ricerca) attraverso il quale monitoriamo progetti, obiettivi e risultati di iniziative adottate nel settore. Proporremo – e auspichiamo – che OPMUS possa divenire un punto di riferimento e di condivisione di progetti, di idee e di know how tra tutti gli attori della sostenibilità.