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“Le stazioni appaltanti devono essere preparate per applicare adeguatamente i criteri ambientali minimi per i trasporti”

(come riportato da Mario Avagliano, ANAS)

Intervista a Edo Ronchi, Presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile – di Mario Avagliano

La mobilità e le infrastrutture possono contribuire a rendere più sostenibile la vita delle comunità? Quale può essere il ruolo delle stazioni appaltanti in questo processo?

Una mobilità più eco-sostenibile è di crescente importanza per contrastare la crisi climatica, la principale emergenza ambientale della nostra epoca. Decarbonizzare la nostra mobilità è una sfida molto impegnativa: richiede di far crescere la mobilità ciclo-pedonale negli spostamenti di breve distanza, di rafforzare il trasporto pubblico e condiviso, di riordinare la logistica delle merci, potenziando il trasporto su rotaia e il cabotaggio, di sviluppare la mobilità elettrica con l’uso di elettricità da fonti rinnovabili, l’uso dei biocarburanti e anche dell’idrogeno verde.

Le ricadute per le comunità saranno positive anche per la riduzione del traffico congestionato nelle città e per un miglioramento della qualità dell’aria. La dotazione di infrastrutture dovrà accompagnare e sostener questo cambiamento. Le stazioni appaltanti devono essere preparate e attrezzate per applicare adeguatamente i CAM (criteri ambientali minimi) per i trasporti, relativi ai mezzi e servizi di trasporto e ai sistemi di mobilità sostenibile.

 Il suo ultimo libro si chiama “Le sfide della transizione ecologica”. Quali sono quelle più urgenti da vincere?

 Le sfide principali della nostra epoca sono quelle poste dal riscaldamento globale e dalla crisi del capitale naturale, in un’economia globalizzata in un Pianeta con una limitata capacità di resilienza e dotato di risorse limitate, abitato da quasi 8 miliardi di persone. Vincere queste sfide è ormai la premessa necessaria per la sostenibilità dello sviluppo e del benessere futuro. 

Possiamo ancora gestire queste sfide con una transizione ecologica del sistema energetico verso un modello climaticamente neutrale e dell’economia, passando ad un modello circolare, in grado di disaccoppiare crescita del benessere dalla crescita insostenibile del consumo di risorse naturali.

Saremmo in grado, per capacità, conoscenze e disponibilità tecnologiche, di affrontare questa transizione con un Green Deal: con una ripresa più resiliente dell’economia che faccia leva   su incisive riforme e forti investimenti green. Con questo mio ultimo libro su “Le sfide della transizione ecologica “cerco di proporre analisi, valutazioni, politiche e misure per sostenere e rafforzare questo cambiamento. 

In merito alla sostenibilità come giudica la situazione dell’Italia rispetto agli altri Paesi dell’UE? E nel confronto internazionale?

Dipende un po’ dai temi scelti per la comparazione. Per le emissioni di gas serra pro-capite siamo ancora in buona posizione in Europa fra i grandi Paesi insieme alla Francia, alla Spagna e al Regno Unito e in posizione migliore della Germania e della Polonia. 

Se valutiamo i progressi degli ultimi anni nella riduzione delle emissioni, a parte la parentesi del Covid, stiamo peggiorando.  Per quanto riguarda la quota di rinnovabili sul consumo di energia siamo intorno al 20%, lievemente meglio della media europea. Per il riciclo dei rifiuti urbani siamo in Europa in seconda posizione, dietro la Germania, ma siamo primi nel riciclo dei rifiuti speciali. 

La posizione dell’Italia nella tutela degli habitat naturali non è buona, peggiore della Germania, della Francia e del Regno Unito e poco migliore solo della Spagna. E anche lo stato degli habitat naturali è in peggioramento. Ci salva un po’ la ricca biodiversità grazie alla quale continuiamo ad essere primi per le specie animali presenti rispetto agli altri grandi Paesi europei. Per la qualità dell’aria nelle nostre città, specie in alcune zone, scendiamo di classifica anche perché siamo i primi per numero di auto su mille abitanti.

Il confronto internazionale è molto più complesso, per le grandi diversità esistenti. Mi limito a segnalare che la percezione internazionale della qualità ecologica dell’Italia risulta peggiore della sua situazione reale. Alla Germania accade esattamente l’opposto: a livello internazionale è percepita più ecologica di quanto non risulti dall’analisi tecnica.

La pandemia da Covid-19 può accelerare i processi della transizione ecologica?

Sembrerebbe di sì: l’attenzione alle tematiche della crisi climatica e delle condizioni ecologiche mi pare aumentata, certamente in Europa. Potremo verificare la reale portata dei contenuti ecologici dei piani nazionali di ripresa e resilienza solo con la loro effettiva attuazione. In ogni caso, almeno nell’impostazione dichiarata c’è una grande attenzione ai temi della transizione ecologica. Del resto come sarebbe possibile concepire questi piani come dedicati alla Next Generation senza porre al centro la questione ecologica che è la chiave per la resilienza dell’economia del futuro ?

Come è possibile conciliare le sfide ambientali con i sistemi economici, locali e internazionali?

 Le sfide ambientali, climatiche e della limitatezza delle risorse naturali disponibili in particolare, comportano rilevanti cambiamenti dei sistemi economici, delle produzioni e dei consumi. Alcune produzioni cambieranno radicalmente: si pensi al grande peso di quelle dedicate al carbone, al petrolio e, in modo più graduale, anche al gas che saranno pesantemente ridimensionate e invece a quelle delle varie energie rinnovabili che continueranno a crescere a livelli impensabili fino a pochi anni fa; si pensi al rapido declino delle auto diesel che sarà seguito anche da quello delle auto a benzina e alle nuove forme di mobilità e via dicendo.

Come in ogni cambiamento epocale alcune attività spariranno e altre si svilupperanno, sia a livello locale, sia globale. Fino a quando il vincolo climatico e della limitatezza delle risorse naturali non avevano impatti  decisivi e generalizzati , la concorrenza funzionava al ribasso delle tutele climatiche ed ecologiche su scala globale : con la crescita di un sistema economico internazionale basato sull’uso di enormi quantità di combustibili fossili, con la produzioni di gigantesche quantità di emissioni di gas serra e con un modello lineare basato sull’alto consumo e spreco di risorse naturali e quindi con enormi prelievi e impatti sul capitale naturale.

Oggi questi sistemi non sono più sostenibili, ecologicamente, ma anche economicamente perché generano esternalità ormai costose. E’ cresciuta l’attenzione ecologica di una quota rilevante di consumatori sui mercati, sia locali che globali e gli investitori sono ormai diffidenti verso attività non ecologiche, poco resilienti e con possibili elevati costi nel prossimo futuro. L’elevata qualità ecologica sta quindi diventando anche un fattore di competitività economica, sia a livello locale, sia sui mercati globali.