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“In Europa, gli investimenti in infrastrutture di ricarica non tengono il passo con l’aumento dei veicoli elettrici”

Intervista a Paolo Scudieri, Presidente ANFIA

Il Governo ha allocato una parte ingente del Recovery Fund alle infrastrutture e alla logistica. La mobilità può rappresentare un driver importante per la sostenibilità?  

Assolutamente sì. Ne derivano complesse sfide tecnologiche e industriali per la filiera produttiva automotive, che si trova ad affrontare grossi investimenti. Ovviamente, per arrivare al risultato, sforzi analoghi sono richiesti sul fronte infrastrutturale e nella declinazione di specifici progetti di accompagnamento alla riconversione industriale, di promozione della smart mobility e della logistica verde.  

Ci troviamo di fronte a un momento epocale, la transizione ecologica richiede grandi cambiamenti alla filiera industriale dell’automotive. Questi nuovi paradigmi rischiano però di disorientare gli utenti della strada. In che modo un comparto ad alta innovazione, quale quello che lei rappresenta, può aiutare a promuovere la cultura della sostenibilità?  

Dando dei messaggi chiari ai cittadini, con dati a supporto. Sottolineiamo quanto la filiera si stia concretamente impegnando a investire in nuove tecnologie per la decarbonizzazione della mobilità – circa un’azienda su tre si è già posizionata nel mercato dei veicoli elettrificati sviluppando componentistica – ma anche che, in questa progressiva transizione, risultati immediati derivano dal rinnovo del parco circolante in chiave technology neutral: nel 2020, la rottamazione di 125.000 vecchie auto a fronte di incentivi all’acquisto ha contribuito ad un risparmio di oltre 61mila tonnellate di CO2/anno.  

A proposito di mobilità sostenibile, ANFIA è impegnata in Campania nel progetto “Borgo 4.0”. Di cosa si tratta?  

E’ un progetto innovativo promosso insieme alla Regione Campania: il borgo irpino di Lioni (AV) si appresta a diventare il primo Borgo 4.0 d’Italia, dove verranno testate le tecnologie della smart city legate alla mobilità. Non solo auto connesse e a guida autonoma, ma un intero ecosistema di diverse piattaforme tecnologiche, grazie a cui i veicoli saranno in grado di dialogare con il territorio, fornendo e ricevendo dati e informazioni. E’ anche un bell’esempio di sinergia tra più soggetti che coinvolge un partenariato pubblico-privato.  

Un vostro recente studio ha evidenziato come nel primo trimestre dell’anno, in Europa, a fronte di un calo del 19,1% delle auto a benzina e di una flessione del 23,4% delle vetture diesel, si registri un incremento del 90% delle auto ad alimentazione alternativa. Secondo Lei con questo ritmo si riusciranno a traguardare gli obiettivi posti dall’Europa per rinnovare il parco auto attuale?  

Gli obiettivi posti dall’Europa sono molto stringenti e rischiano di subire un’ulteriore stretta con le proposte del pacchetto normativo Fit for 55 in arrivo. Per raggiungerli, non bastano gli avanzamenti di mercato delle auto ad alimentazione alternativa (elettrificate in particolare): questo tipo di tecnologia è disponibile, ma occorre lavorare sulle condizioni al contorno, da misure di supporto alla domanda di tipo strutturale (rinnovo dell’ecobonus almeno fino al 2026), allo sviluppo delle infrastrutture, sia la rete di ricarica – nel giusto mix tra pubblica, privata e aziendale – sia le infrastrutture per l’idrogeno, e le tecnologie vehicle-to-grid e smart road.  

Secondo Lei per accelerare questo processo di transizione ecologica servono strumenti di politica industriale ed incentivi strutturali per il rinnovo del parco auto?  

Degli incentivi ho appena detto. Altrettanto indispensabile è un piano di politica industriale settoriale, che punti a facilitare gli investimenti delle aziende non solo in ricerca e sviluppo, ma anche in capitale umano – per l’upskilling e reskilling degli addetti – e per le riconversioni produttive di molte imprese. Altri irrinunciabili capisaldi: strumenti (incentivi fiscali o altre formule) per favorire l’aggregazione delle PMI, superandone l’eccessiva frammentazione, e per l’attrazione degli investimenti esteri sul territorio, in modo da colmare i nostri attuali gap di competenze in alcune aree tecnologiche.  

Sul tema delle infrastrutture di ricarica, come valuta lo stato dell’arte in Italia rispetto al resto d’Europa?  

Nel nostro Paese, un forte gap separa sviluppo dei veicoli elettrici e sviluppo della rete infrastrutturale. L’Italia è infatti quattordicesima in UE per numero di colonnine ogni 100 km di autostrada, ma anche le forme di ricarica privata e aziendale vanno incentivate. In generale, in Europa, gli investimenti in infrastrutture di ricarica non tengono il passo con l’incremento di mercato dei veicoli elettrici: per raggiungere i target UE sulla decarbonizzazione occorrono 1,3 mln di punti di ricarica pubblici entro il 2025 and 2,9 mln entro il 2030.