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Il Ministro Giovannini: «Pronte verifiche a tappeto, le opere non slitteranno»

(come riportato in una nota del MIMS)

«Già assegnati 56 miliardi, sul Recovery abbiamo bruciato i tempi. Aiuteremo gli enti locali a formare il personale che fa marciare i progetti»

Si riporta il testo dell’intervista che il Ministro Enrico Giovannini ha rilasciato a Il Messaggero dal titolo: “Pronte verifiche a tappeto, le opere non slitteranno” di Umberto Mancini.

 Enrico Giovannini, Ministro delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili, a che punto siamo con i fondi da stanziare? Possiamo già parlare di missione compiuta, anche se l’Ance ha lanciato l’allarme sul ritardo dei bandi di gara?
«Direi che il primo tempo della partita, cioè quella dell’assegnazione dei fondi del Pnrr di competenza del ministero (circa 62 miliardi) ai soggetti attuatori, compresa la ripartizione territoriale a progetti già individuati, e l’attuazione delle riforme previste per il 2021 si sta concludendo con successo. In tempi record. Adesso lavoriamo insieme agli enti locali e alle stazioni appaltanti per realizzare le opere nei tempi previsti, senza ritardi».

Come pensate di fare?
«Abbiamo anticipato due riforme che erano previste per il 2022. Lo abbiamo fatto anche grazie alla collaborazione efficace con le Regioni e gli enti territoriali. In parallelo sono state avviate le progettazioni delle opere più complesse, che porteranno alle gare nei primi mesi del prossimo anno, anche grazie alle procedure semplificate che sono state previste con i decreti degli ultimi mesi. Ma l’accelerazione dei processi non ha riguardato solo il Pnrr: infatti, negli ultimi nove mesi, il ministero ha emanato 145 decreti attuativi delle diverse norme, un risultato straordinario rispetto ai ritmi del passato».

Quanti soldi avete assegnato tra fondi europei i virgola, vecchie dotazioni e risorse già disponibili? Possiamo fare un bilancio definitivo?
«Con i 3,2 miliardi previsti dei decreti che hanno ricevuto l’intesa della conferenza unificata giovedì scorso, il totale dei fondi di competenza del Mims relativi al Pnrr e al Piano Complementare assegnati ai soggetti attuatori è arrivato a 56,8 miliardi, pari al 93% delle risorse. A metà dicembre, con la prossima conferenza, contiamo di assegnare la quasi totalità delle risorse».

Ora che la maggior parte del lavoro è stato fatto, la palla passa agli enti locali, alle stazioni appaltanti. Come vi regolerete in caso di ritardi ingiustificati?
«Questa sarà la vera sfida e per questo continueremo a collaborare con gli enti locali e con i soggetti attuatori, che stanno già lavorando alla realizzazione. Ad esempio, Rete Ferroviaria Italiana sta già predisponendo i progetti di fattibilità tecnica ed economica che sarà la base delle autorizzazioni e degli appalti. Senza parlare del fatto che alcuni cantieri sono già aperti, come quelli dell’alta velocità Napoli-Bari. Inoltre, il ministero si è impegnato per la riqualificazione delle stazioni appaltanti e del personale addetto alla gestione del processo, grazie al programma di formazione “PNRR Academy”. Con Sogei stiamo mettendo a punto un innovativo sistema di monitoraggio che, oltre a controllare le fasi di avanzamento dei progetti, servirà a individuare in anticipo eventuali criticità, così da risolverle rapidamente».

Il Mims ha dimostrato efficienza e rapidità di azione nel comparto più complesso e denso di regole, quello delle infrastrutture, una sorta di rivoluzione che taglierà i tempi di realizzazione delle opere di almeno un paio d’anni. Vi bastano gli obiettivi dati? Oppure pensa che si possa fare meglio?
«Il principale obiettivo è portare a compimento il più grande piano di rilancio e innovazione che il paese è chiamato a completare in tempi molto stretti, cambiando anche il modo di realizzare le opere nel rispetto del principio del non danneggiare l’ambiente. Ma il Pnrr non è l’unica opportunità. Sto incontrando tutti i presidenti delle Regioni per mettere a sistema tutte le risorse disponibili, anche quelle dei fondi di loro competenza. Il Pnrr obbliga a rendere le infrastrutture fruibili entro il 2026, ma abbiamo bisogno di investire anche oltre tale data, usando le altre risorse disponibili, per trasformare il Paese nei prossimi dieci anni. Rendendolo più moderno, più connesso, più competitivo, più giusto e più sostenibile».

Le aziende e gli enti locali sono chiamati a finalizzare i finanziamenti, ce la faranno? C’è chi teme il fenomeno delle infiltrazioni da parte della criminalità organizzata…

«Serve un grande sforzo da parte di tutti: delle istituzioni, degli enti locali, delle imprese, della società civile, delle persone. Però vorrei che ricordare alcuni aspetti importanti: in primo luogo, una parte significativa di fondi vanno a progetti diversi da quelli infrastrutturali, come l’acquisto di autobus e treni ecologici, per i quali sono già disponibili bandi e procedure standard, il che agevolerà il lavoro delle amministrazioni. Il secondo aspetto riguarda l’uso della digitalizzazione per le gare e la valutazione della qualità delle imprese, anche dal punto di vista del rispetto delle regole anti-mafia. Con il recente decreto legge sono state poi rafforzate le regole proprio per evitare infiltrazioni della criminalità organizzata. Il Pnrr è un’opportunità anche per migliorare la qualità e la competitività delle imprese, la trasparenza del mercato, l’aumento della sicurezza sul lavoro, la sostenibilità del sistema».

Oggi parte il super green pass per i trasporti, un appuntamento decisamente critico. Quali sono le sue previsioni?
«Il Viminale ha definito con le prefetture i piani dei controlli, anche grazie al dialogo stabilito con le imprese di trasporto. Monitoreremo con attenzione la situazione in collaborazione con gli enti territoriali. Nel frattempo stiamo dialogando con le aziende di trasporto per identificare soluzioni innovative che prevedono l’uso di e-ticket in grado di segnalare, nel rispetto della privacy, anche il possesso del green pass al fine di rendere immediati e semplificati i controlli».

A proposito di sostenibilità, sono anni che lei è impegnato in prima persona in un’operazione di sensibilità verso un modello di sviluppo sostenibile. Ora ha la possibilità di metterlo in pratica.
«È vero, solo 5 anni fa l’Italia guardava questo aspetto con molto scetticismo, ma ora le imprese, la politica, la pubblica opinione ha capito la centralità della sostenibilità, anche grazie alla spinta dell’Unione Europea, che ha posto la sostenibilità al centro della propria azione. La scelta di cambiare il modello di sviluppo è obbligata e sempre più condivisa, non a caso il 76% delle risorse del Pnrr di competenza del Mims va a progetti che combattono la crisi climatica, il 56% va al Mezzogiorno e riducono del 38% la disuguaglianza nell’accesso al sistema ferroviario. Perché bisogna ricordare sempre che lo sviluppo per essere veramente sostenibile deve tener conto non solo della dimensione ambientale, ma anche di quella economica e, soprattutto, di quella sociale».