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Giovannini: “Dimezzare i tempi delle opere o addio ai soldi Ue”

Intervista del Ministro rilasciata a Qn (Il Giorno, Il resto del Carlino, La Nazione)

Si riporta il testo dell’intervista che il Ministro Giovannini ha rilasciato a Qn dal titolo “Dimezzare i tempi (di realizzazione delle opere) o addio ai soldi Ue”.

«La sostenibilità è oggi il fil rouge di tutte le politiche, del nostro ministero e non solo. Avere infrastrutture sostenibili è un elemento di competitività. L’Ue ha scelto l’Agenda 2030 dell’Onu come architrave di tutte le politiche e anche il programma Next Generation EU è costruito con questa logica. Il cambio di nome del ministero è quindi il riconoscimento di questa nuova realtà. E il Pnrr è una grande occasione da cogliere». Così il Ministro delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili Enrico Giovannini.

Lei ha detto che «la ripresa e la resilienza nel nostro Paese dipendono in modo decisivo dalla dotazione di infrastrutture», ma per realizzarle i tempi sono biblici. Come se ne esce?

«Linsufficienza infrastrutturale del nostro paese non dipende solo dai ritardi, ma anche da una carenza ormai ventennale dagli investimenti. Non basta quindi semplificare e rendere
più veloci le procedure, occorre anche investire molto di più».

Ma perché in Italia ci vuole così tanto tempo a realizzarle?

«Perché una serie di procedure sono lunghe e talvolta contraddittorie, perché a causa del depauperamento del capitale umano, della mancanza di un ricambio generazionale e di nuove competenze molte stazioni appaltanti non sono in grado di produrre progetti adeguati. Inoltre, i processi decisionali coinvolgono troppi soggetti e questo determina ulteriori rallentamenti».

Come intende intervenire?

«Due settimane fa, insieme al ministro Brunetta, ho insediato una commissione della quale fanno parte Corte dei Conti, Consiglio di Stato e Autorità anticorruzione per studiare come cambiare il processo che determina un’opera pubblica. Parallelamente un altro gruppo nel ministero sta lavorando per re-ingegnerizzare le procedure. E anche il dibattito pubblico andrà anticipato. Dobbiamo fare presto. Se un’opera pubblica impiega 10 anni per essere realizzata e il Recovery Plan ci dà solo 5 anni perché entri in funzione, pena la perdita dei finanziamenti, è chiaro che dobbiamo intervenire in modo abbastanza radicale: non possiamo perdere l’occasione di spendere bene e rapidamente i circa 200 miliardi del Next Generation EU. L’obbligo di avere opere in esercizio entro il 2026 non è solo un limite ma anche uno stimolo importante che vogliamo e dobbiamo raccogliere».

Il Parlamento ha dato il via libera al commissariamento di 58 opere. Che succede ora?

«A questo primo blocco di 58 opere corrispondono 29 commissari e il processo è ormai alla fase finale. Ho ricevuto il concerto dei presidenti delle Regioni e abbiamo già preparato i 29 Dpcm per procedere nei prossimi giorni alla loro nomina. La buona notizia è che essendo i commissari dei tecnici che lavorano in Anas, Rfi e altre aziende specializzate, sono in pratica già al lavoro, tanto è vero che insieme al Dpcm illustreremo i cronoprogrammi opera per opera. Ora questo non si significa che si apriranno subito i cantieri, perché molte di queste opere sono in progettazione, ma alcuni cantieri verranno aperti in pochi mesi, e l’intero processo avrà una forte accelerazione».

Quali tra queste opere sono le più significative?

«Quattordici sono stradali, tra le quali la 106 Ionica, la Grosseto-Fano e la Salaria Roma-Ascoli. Sedici sono invece opere ferroviarie fra le quali l’alta velocità Battipaglia-Reggio Calabria, quella fra Brescia-Verona-Padova e tra Messina-Catania-Palermo. E poi la linea C della metropolitana e la chiusura dell’anello ferroviario di Roma. E ci sono 14 infrastrutture idriche e interventi sui porti».

Ha promesso a breve un secondo decreto con ulteriori opere.

«Abbiamo chiesto alle stazioni appaltanti se ci sono altri casi ne quali procedere al commissariamento. Entro fine aprile ci sarà una nuova lista di opere».

Nel Pnrr ci sarà anche il ponte sullo Stretto di Messina?

«No, perché non è un’opera che potrebbe essere completata nel 2026. Ma presenterò in tempi brevi al Parlamento l’esito del lavoro della commissione istituita per la valutazione del collegamento stabile dello Stretto, così da aprire al più presto un dibattito pubblico».