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“Dobbiamo arrivare rapidamente a regole di appalto che premiano la performance delle infrastrutture”

(come riportato su Le Strade dell’Informazione)

Intervista a Leonardo Becchetti, Professore Ordinario di Economia Politica all’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”

L’economia e la finanza, oltre che al profitto, hanno uno sguardo rivolto all’impatto sociale e ambientale. Secondo lei, le imprese possono svolgere un ruolo determinante nella transizione verso la sostenibilità?  

E’ impossibile realizzare l’obiettivo ambizioso della (azzerare le emissioni nette entro il 2050) senza la collaborazione delle imprese. I settori chiave per la produzione di emissioni sono agricoltura intensiva, produzione industriale, mobilità, riscaldamento/affrescamento degli edifici, produzione di energia. La transizione ecologica passa attraverso investimenti massicci delle imprese in tecniche di produzione che producono meno emissioni e riducono altri problemi ambientali legati alla qualità dell’aria e alla biodiversità
 
Il Governo italiano ha individuato le infrastrutture e la logistica tra i settori cruciali per la ripresa del paese. La mobilità del futuro, urbana ed extraurbana, può davvero essere strategica per raggiugere gli obiettivi fissati dall’Agenda 2030 e dal Green Deal europeo?  
 
Nel prospetto agli investitori internazionali in occasione delle emissioni di green bonds il governo italiano si è impegnato ad utilizzare i soldi raccolti per progetti di mobilità che rispettano la direttiva DAFI (Directive on alternative fuel infrastructure). Sappiamo che trasporto su ferro riduce le emissioni rispetto a trasporto su gomma almeno finché il trasporto su gomma non sarà radicalmente diverso (come peraltro previsto dalla strategia emissioni zero dell’Agenzia Internazionale per l’Energia che parla di 60% di vendite di auto elettriche e 50% di camion elettrici sul totale delle vendite di auto e di camion entro il 2030 e 2035 rispettivamente).

La direttiva DAFI stabilisce che interventi sulla rete viaria per essere sostenibili devono prevedere una quota rilevante di stazioni di rifornimento per auto che non usano benzina. Dobbiamo arrivare rapidamente, come proponiamo nella commissione sulle infrastrutture sostenibili creata dal ministro Giovannini, a regole di appalto che premiano la performance delle infrastrutture ovvero la loro capacità di ridurre emissioni e incidenti stradali. 

In merito alla sostenibilità, declinata in vari settori, l’Italia è al passo con i più avanzati Paesi al mondo, o accusa ancora un gap di arretratezza culturale e tecnologica?  
 
L’Italia è avanti soprattutto in materia di economia circolare. Ci aiuta da questo punto di vista il nostro essere poveri di materie prime che ha stimolato da sempre innovazione in grado di risparmiare l’uso delle stesse. Per questo oggi siamo tra i primi paesi del mondo per “resource productivity” ovvero GDP creato per unità di materia fisica utilizzata 

La pandemia può aver accelerato un cambio di paradigma nei sistemi economici e sociali, rendendo non più rinviabile la transizione ecologica?  

La pandemia dovrebbe averci insegnato due cose. La riduzione della biodiversità favorisce il salto di specie dei virus e batteri dall’animale all’uomo aumentando i rischi di pandemia. L’esposizione di lungo periodo alle polveri sottili rende più fragili polmoni ed alveoli aumentando la probabilità di contagio e decessi per virus come il COVID-19 che causano malattie respiratorie e polmonari. Questi due fatti dovrebbero spingerci ad accelerare la transizione ecologica

Smart working e sostenibilità ambientale. Questo nuovo modello implementato in urgenza durante il lockdown può rappresentare, al netto di una normativa che ancora manca, una soluzione alla pressione antropica sull’ambiente e stimolare un animo più green e compatibile con il futuro del pianeta? Anzi per le aziende che lo promuovono può avere un impatto positivo sulla brand reputation delle stesse? Si può affermare che in un prossimo scenario diventerà una delle voci più significative in merito al welfare aziendale?  
 
La pandemia ci ha aperto gli occhi sulle opportunità dello smart work imponendocelo forzatamente. Eravamo abituati a pensare che il lavoro dovesse svolgersi sempre e solo con relazioni faccia a faccia in presenza. Abbiamo imparato che può essere svolto anche utilizzando le relazioni “webinar” (faccia a faccia a distanza) e le relazioni whatsapp (senza simultaneità e compresenza spaziale). Questo aiuta non solo la produttività ma anche la sostenibilità ambientale.