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Cingolani: finanza verde non sia d’assalto, transizione ecologica non sarà gratis

(come riportato da Tiziana Di Giovannandrea su Rai News)

Il ministro ha ammonito: basta demonizzare industria, va garantito lavoro

Tweet Cingolani a John Kerry: in Italia 80 miliardi per svolta verde Transizione ecologica, Cingolani: “Non c’è molto tempo, siamo a fine partita”

Il Festival dell’Economia di Trento ha visto ospite il ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani che ha affrontato le principali questioni legate alla transizione ecologica e alle sue ricadute economiche perché il processo di trasformazione “non sarà gratis” e richiederà molti sacrifici. Finanza verde non sia d’assalto, vanno aiutati Paesi deboli su sostenibilità ambientale “Capitalismo verde o transizione ecologica che può lasciare indietro qualcuno?

Le paure sono comprensibili. A livello mondiale c’è una finanza verde che stimola le grandi aziende a investire in sostenibilità: noi dobbiamo fare attenzione affinché non degeneri in una finanza d’assalto sull’economia verde”, ha detto il ministro. Adesso “l’importante è aiutare i Paesi più deboli a crescere meglio di come siamo cresciuti noi come Paesi ricchi”, ha aggiunto.

“Per molti decenni abbiamo speso e siamo cresciuti ai danni del pianeta, adesso diventa difficile dire attenzione, facciamo finta di niente. Questa transizione è indispensabile e richiederà molti sacrifici. Installare strutture che producano energie da fonti rinnovabili non sarà facile, comporterà grandi sforzi.

Il pianeta l’abbiamo sfruttato, ora dobbiamo crescere per il pianeta. Nessuna ideologia per i prossimi anni”. Industria: basta demonizzarla, va garantito lavoro “Non ne posso più di sentire demonizzare l’industria, come se l’industria fosse il demonio”, se così fosse “allora chiudiamo tutte le aziende così non inquiniamo, ma poi vediamo cosa succede”, ha poi detto Cingolani.

“Il concetto della transizione – ha spiegato – è proprio quello di riuscire a passare da un’economia che è cresciuta contro il pianeta sfruttandolo, a un’economia che cresce per il pianeta. E’ vero – ha aggiunto – che la transizione deve portare a tanti lavori nuovi in cui l’economia verde è una delle economie migliori, però non ci arriviamo in modo digitale, non esiste l’interruttore che lo spingo e cambia tutto” sottolineando come “il problema della transizione ecologica sia complesso e coinvolga sistemi altamente complessi”.

“Il futuro è di tutti, non solo dei giovani. La sostenibilità è anche garantire posti di lavoro e trovo anche offensivo voler procedere sulla strada della transizione ecologica a colpi di scure senza tenere conto anche dell’economia dell’essere umano”, ha poi aggiunto Cingolani. Secondo il ministro, spetta “alla scuola e ai mass media spiegare la complessità delle cose e di sistemi che sono tridimensionali”.

Riferendosi ai “leoni da tastiera” che anche sul web “demonizzano l’industria”, il ministro ha aggiunto che “qualcuno di questi avrà un padre o una madre che lavorano in azienda, allora chiudiamo tutte le aziende così non inquiniamo e poi? Il concetto della transizione è proprio passare ad una economia che cresce per il pianeta, è vero che la transizione deve portare tanti lavori nuovi e che l’economia verde è migliore però non esiste l’interruttore” per farlo subito.

“Bisognerebbe tutti collaborare per rendere la transizione più efficace e più rapida possibile, invece fare gli scontri ideologici la rende più lenta e i risultati li pagheranno le persone e anche l’ambiente”. Recovery: è l’acceleratore verso la transizione, 40 mln al giorno in 5 anni “Dal Recovery iniezione di denaro senza precedenti su transizione ecologica, 70 miliardi e 40 milioni al giorno da spendere da qui a 5 anni”, ha detto il ministro che ha aggiunto come “non si tratta tuttavia solo di soldi. Occorre una visione di lungo termine e soluzioni differenziate a seconda dei territori”.

Secondo Cingolani, “servono regole chiare, una burocrazia agile e investire in infrastrutture e digitale”. Inoltre, “abbiamo un target dal 2020 al 2050 in cui vorremmo avere la decarbonizzazione a livello globale: sono circa 30 anni e il Recovery plan sono i primi 5 di questi 30 anni, quindi un sesto; chiunque pensi che con il Recovery plan abbiamo fatto la transizione ovviamente è un ottimista a dir poco”.

“Il Recovery plan – ha aggiunto – è il motore, un grosso acceleratore, è quello che ci dà un’accelerazione iniziale molto forte per prendere la giusta direzione ma non dimentichiamoci che quando finisce il Recovery plan sono passati 5 anni ma poi abbiamo ancora 25 anni da fare e noi dobbiamo pilotare questa ipotetica astronave che è il nostro Paese e ci vorranno le leve giuste e l’organizzazione giusta”.