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Biocarburante: dagli scarti un combustibile che rispetta l’ambiente

(come riportato in una nota del Corriere della Sera)

Le sfide delle nuove energie per favorire crescita e transizione più eque 

Secondo le stime dell’Agenzia internazionale dell’energia (Aie) nei prossimi anni la domanda globale energetica continuerà a salire, dopo una fase di contrazione che si è registrata in particolare nei servizi e nell’industria durante il picco dell’emergenza pandemica. I consumi sono destinati ad aumentare soprattutto nei mercati emergenti e nelle economie in via di sviluppo, sostenuti da un complesso di fattori come aumento della popolazione, crescita economica sostenuta, rapida urbanizzazione e sviluppo delle infrastrutture.  

Nel descrivere lo scenario, l’Agenzia sottolinea che ci troveremo naturalmente di fronte all’ascesa di una nuova economia energetica, introdotta da un’azione politica d’insieme, dall’innovazione tecnologica e dall’urgenza di affrontare il cambiamento climatico. Non sarà semplice affrontare la transizione, avverte ancora l’ente, “ma è chiaro che il mercato energetico di domani promette di essere molto diverso da quello che abbiamo oggi”. 

La sfida dei biocarburanti

Un cambiamento radicale è essenziale per ridurre le emissioni di CO2 in settori specifici, come quello dei trasporti, che tradizionalmente si sono basati su un modello legato ai combustibili fossili. Una grande opportunità arriva dai biocarburanti, tra le principali risposte per decarbonizzare proprio quel segmento: rappresentano il 64% del consumo di energia rinnovabile nello scenario “zero emissioni entro il 2050” dell’Aie. 

I biocarburanti provengono da materie prime come biomasse, sostanze cioè di matrice organica, animale o vegetale, di scarto o post consumo; i carburanti di “seconda generazione”, in particolare, sono quelli generati a partire da scarti alimentari, agricoli, forestali che non sono utilizzabili per l’alimentazione umana o animale e non comportano sottrazione di terreno agricolo alla produzione alimentare o cambi di destinazione agricola. Tali biocarburanti hanno un’intensità carbonica notevolmente più bassa rispetto a tutti gli altri. 

In Italia la prima bioraffineria. Il know-how e la cooperazione con l’Africa

Eni, che ai biocarburanti affida un ruolo centrale per raggiungere la completa decarbonizzazione dei propri prodotti e processi, è stata la prima compagnia energetica al mondo a convertire una raffineria tradizionale in bioraffineria, a Venezia, nel 2014, grazie a un brevetto proprietario. L’impianto di Porto Marghera produce HVO, olio vegetale idrogenato, che viene addizionato al gasolio per soddisfare i requisiti normativi europei e nazionali che prevedono che una quota crescente dei carburanti sia costituita, appunto, da materie prime provenienti da fonti rinnovabili. 

Grazie alla tecnologia e all’esperienza acquisite, Eni sta avviando una serie di iniziative congiunte in Africa per lo sviluppo della filiera dei biocarburanti in diversi Paesi. Nelle ultime settimane sono stati stretti accordi con Angola e Repubblica del Congo per lo sviluppo del settore degli agro-biocarburanti, mentre con Benin, Mozambico e Ruanda sono in pista opportunità di crescita nella filiera agro-industriale.  

In questo contesto, è strategica l’intesa triennale sottoscritta a settembre da Eni con l’Agenzia internazionale per le Energie rinnovabili (Irena) per accelerare di concerto la transizione energetica nei Paesi esportatori di fonti fossili e promuovere l’integrazione del continente africano nella catena del valore dei biocarburanti.