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Tomasi: “Ora serve la pace. Noi faremo investimenti, ma la revoca ci affonderebbe”

Photo credit: Il Fatto Quotidiano

(come riportato da Roberto Mania e Luca Pagni su La Repubblica)

L’ad di Autostrade per l’Italia: “Sull’entità della riduzione dei pedaggi valuterà Atlantia. Per la manutenzione vogliamo spendere il 40 per cento in più. Cambiamo l’azienda per ricostruire la fiducia tra noi e il Paese.

Roberto Tomasi, 52 anni, ingegnere, da meno di un anno è l’amministratore delegato di Autostrade per l’Italia. Il consiglio di amministrazione della società ha appena dato il via libera alle linee del piano strategico 2020-2023 di “trasformazione dell’azienda”.

Dal suo ufficio al secondo piano del palazzone della periferia est di Roma, Tomasi combatte la sua battaglia: salvare l’azienda dalla chiusura. Più volte durante questa intervista ricorre — non a caso — all’espressione «pacificazione», intesa come coesione interna e collaborazione con le istituzioni. È questa la sua missione.

L’intervista di: La Repubblica
Che ne sarà di Autostrade se il governo revocherà le Concessioni? «Senza le Concessioni e con l’indennizzo previsto dal decreto Milleproroghe l’azienda andrà in default».

D’altra parte le agenzie internazionali di rating valutano già la vostra affidabilità sul debito come junk, spazzatura. Che effetto le fa?
«Preoccupazione per il futuro dei settemila dipendenti dell’azienda che lavorano con dedizione e per la possibilità di essere una risorsa per questo Paese. E nonostante tutti gli sforzi che stiamo facendo, non sarà semplice recuperare i downgrading finanziari. Penso che non sempre ci sia consapevolezza della complessità di questa società e del Gruppo Atlantia, delle implicazioni sociali e degli impatti che un’eventuale revoca potrebbe comportare».

Questa, però, è anche l’azienda dei report truccati.
«Una vicenda deprecabile. Siamo intervenuti rimuovendo i responsabili. Per il resto mi faccia sottolineare la dedizione e lo spirito di servizio con cui lavora la grandissima parte delle persone in questa azienda».

Eppure, avete scelto di definire il piano industriale un piano di trasformazione dell’azienda, che evidentemente non è perfetta. Puntate su investimenti e manutenzione. Bene, ma anche l’implicita ammissione di ritardi e manchevolezze da parte vostra. Non crede?
«Pensiamo che si debba cambiare per ricostruire la fiducia tra noi e gli utenti, tra noi e il Paese. Il crollo del Morandi è stato uno spartiacque. Una tragedia di assoluta gravità che non poteva non obbligarci a ripensare i nostri processi produttivi e la nostra stessa organizzazione. Questa azienda va trasformata e questo piano strategico vuole esserne la dimostrazione».

Come? Come pensate che gli italiani possano avere fiducia dopo il Morandi, i rapporti abbelliti sulla manutenzione dei viadotti, la caduta di blocchi di cemento delle volte di una galleria?
«Il gruppo si cambia inserendo anche persone con culture aziendali diverse, alzando l’attenzione sulla formazione, rendendo più responsabili i vari livelli, rafforzando i controlli e la trasparenza perché le informazioni devono essere condivise. Serve un cambio culturale e di modelli manageriali».

Quelli di Giovanni Castellucci, il suo predecessore, con cui lei ha lavorato per anni, non funzionavano? Pensa anche lei, come la famiglia Benetton, principale azionista di Atlantia, la holding che controlla Autostrade, che abbia lui le principali responsabilità di quel che è accaduto?
«A me spetta solo immaginare il futuro di Autostrade, ci dobbiamo concentrare su questo obiettivo».

A proposito di fiducia: cosa pensa della scelta dell’amministratore delegato di Aeroporti di Roma (controllata anch’essa da Atlantia), Ugo de Carolis, di vendere 27 mila azioni di Atlantia prima del declassamento da parte delle agenzie di rating?
«Personalmente non lo avrei fatto».

Il piano che avete approvato appare come l’ultima offerta al governo perché non ricorra alla revoca delle concessioni. È così?
«Certamente questa è una parte importante. Siamo convinti che le grandi opere infrastrutturali, assolutamente necessarie per il Paese, si possano fare quando c’è coesione, non quando si consumano battaglie l’uno contro l’altro. Serve pacificazione. Nel nostro piano c’è scritto quello che pensiamo sia necessario: una crescita degli investimenti con un incremento pari a tre volte quello realizzato negli ultimi anni; un aumento delle risorse destinate alla manutenzione del 40 per cento; l’assunzione nell’arco del quadriennio 2020-2023 di mille persone; l’avvio di una processo di digitalizzazione sia dei controlli delle “opere d’arte” lungo la nostra rete autostradale, sia dei processi aziendali. Vogliamo investire in ricerca ed innovazione ed essere attenti alla sostenibilità. Per fare tutto questo, però, non possiamo prescindere dalla necessità di avere un piano economico finanziario bilanciato con una prospettiva di medio-lungo termine».

Lo dice, evidentemente, per mettere in guardia dal possibile passaggio della gestione dei vostri tremila chilometri all’Anas. Ma i pedaggi? Avete goduto di un trattamento di favore per lunghi anni con aumenti nettamente superiori all’inflazione. Siete disposti a trattare una riduzione delle tariffe, come ha già detto il presidente di Edizione (la holding della famiglia Benetton, ndr), Gianni Mion. Quale può essere l’entità?
«Lascerei la valutazione alla nostra capogruppo Atlantia».

Per finire: lei garantisce sulla sicurezza delle autostrade italiane?
«Sì. Ciò non vuol dire che non dobbiamo continuare a lavorare sulla manutenzione e sui controlli. Le attività di controllo svolte da enti terzi dimostrano che i ponti e i viadotti della nostra rete sono sicuri al 100 per cento».