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(come riportato da Nicola Barone su Il Sole 24 Ore)
Forse, con tutti i caveat del caso, a due anni quasi dallo scoppio della vicenda uno sbocco sembra alla portata.
Dopo l’apertura della concessionaria, che ha rinunciato alla scadenza del 30 giugno per consentire una prosecuzione del dialogo, anche dal Governo arrivano spiragli che allontanano il rischio di revoca e fanno intravedere ipotesi di accordo.
Ad Aspi al momento non sarebbe arrivata alcuna comunicazione formale, né informale, ma, in caso di una ragionevole controproposta questa verrebbe valutata.
Secondo le indiscrezioni problematica rimane la questione delle tariffe, con il Governo che spingerebbe per una riduzione strutturale. C’è poi il delicato tema dell’assetto azionario, con l’ipotesi di far entrare Cdp e il fondo F2i portando la holding Atlantia (ora all’88,06%) al di sotto del 50% di Aspi.
Nella sua ultima offerta Autostrade metteva sul piatto 2,9 miliardi, di cui 1,5 per riduzioni tariffarie e/o ulteriori investimenti, 700 milioni per manutenzioni aggiuntive e 700 per la ricostruzione del ponte e fondi per Genova.
C’è anche la disponibilità a rivedere il valore di indennizzo dell’articolo 9-bis della Convenzione (quello che ne consente la risoluzione automatica) sulla scorta di quelli già in essere per aziende del settore regolato.
Aspi chiede anche di cambiare il contestato articolo 35 del Milleproroghe per consentire alla società di tornare ad essere finanziabile.
Sul tema dell’assetto azionario, invece, Atlantia è disponibile a ridurre la propria quota e valutare un partner, ma di minoranza e solo dopo un accordo e la modifica del Milleproroghe.
In ballo nella trattativa ci sono 7 miliardi di investimenti (parte di un piano complessivo di 14,5 miliardi al 2038) pronti a partire subito. Oltre al destino di una società con 7mila dipendenti.