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Pronto il piano del fondo F2i per rilevare il controllo di Autostrade

Tra gli investitori Inarcassa e Cassa geometri

Riportiamo un articolo di Alessandro Graziani pubblicato oggi su Edilizia e Territorio sulla trattativa economico-finanziaria in atto tra Atlantia e il Governo per il controllo di Autostrade per l’Italia.

Perché l’operazione entri nella fase operativa serve però che Atlantia-Aspi trovino un accordo con il Governo entro il 30 giugno sul mantenimento della concessione autostradale.

Il piano del fondo F2i per rilevare il controllo di Autostrade per l’Italia è pronto e ha già ottenuto gli impegni di investitori istituzionali italiani per finanziare l’operazione, a cui dovrebbe associarsi separatamente anche Cdp come investitore in proprio e “garante” pubblico dei maxi investimenti da sostenere nei prossimi anni. È quanto risulta dal tavolo degli advisor finanziari e legali che da mesi stanno trattando con i consulenti di Atlantia, controllata al 30% dalla Edizione della famiglia Benetton, per rilevare la maggioranza del suo 88% di Aspi.

Definito anche lo schema degli investitori che, sempre stando alle indiscrezioni degli advisor, hanno dato disponibilità a iniettare nuove risorse. Tra questi, alcune Fondazioni, a partire dalla Cariplo che è già in F2i con il 7,3%, e alcune casse di previdenza: Cassa Forense (avvocati), Enpam (medici), Inarcassa (architetti) e Cassa Geometri che, complessivamente, gestiscono i contributi pensionistici di 1,2 milioni di cittadini.

Perché l’operazione entri nella fase operativa serve però che Atlantia-Aspi trovino un accordo con il Governo italiano entro il 30 giugno sul mantenimento della concessione autostradale in capo ad Aspi da cui dipende – alla luce dei nuovi impegni su tariffe e investimenti – la definizione del prezzo dell’asset che F2i e Cdp potrebbero rilevare. L’alternativa all’asse tra F2i e Cdp è quella che sta tentando di costruire il fondo di private equity Macquarie, già protagonista anni fa di una fortunata toccata e fuga in Aeroporti di Roma, che sta provando a tirare dalla sua parte Cdp. Sfumata, se mai è esistita concretamente, l’ipotesi avanzata a livello politico di una soluzione che passasse dalla cessione del 30% di Atlantia che fa capo ai Benetton.

Escludendo un’onerosa offerta pubblica di acquisto, il passaggio del controllo avrebbe dovuto riguardare meno del 25% del capitale (soglia dell’Opa) escludendo dall’operazione il resto degli investitori. Non propriamente un’operazione market friendly. Né avrebbe avuto troppo senso, per chi a livello politico immaginava di coinvolgere Cdp nel deal con Atlantia, l’utilizzo del risparmio postale degli italiani per rilevare una holding che possiede asset di grande rilievo in Spagna e in Sudamerica.

Come andrà a finire? Le ultime dichiarazioni ufficiali sul tema sono quelle pronunciate dal premier Giuseppe Conte che, la scorsa settimana, ha dichiarato che «ci sono conclamati inadempimenti del concessionario quindi per me ci sono tutti gli estremi per la revoca, come sapete sono state avanzate delle proposte di transazione ma non sono compatibili con l’interesse generale. In ogni a caso, a breve il Governo deciderà».

È noto che la revoca della concessione ad Aspi è una delle bandiere del Movimento 5 Stelle, che da mesi si oppone a una transazione sulla vicenda Autostrade rifiutando anche le opzioni che porterebbero in minoranza la partecipazione dei Benetton.

«Se non si arrivasse ad un accordo entro il 30 giugno, Aspi chiedendo la risoluzione del contratto avvierebbe una litigation legale – commentano gli analisti di Equita – nel frattempo Aspi continuerebbe a gestire la rete e la negoziazione potrebbe continuare, ma lo scontro sarebbe più duro e il Governo potrebbe attivare la procedura di revoca facendo emergere il tema del rifinanziamento di Aspi e di Atlantia che attualmente hanno rating junk».

Ma soprattutto in caso di revoca – spiega uno dei banchieri seduti al tavolo del negoziato – andrebbero rimessi a gara tutti i lavori straordinari e di sviluppo (oltre 10 miliardi) che Aspi ha programmato e che invece, dati i tempi delle gare, farebbero rinviare di qualche anno l’avvio dei cantieri con impatto negativo sull’economia reale, già indebolita dagli effetti del Covid.

«Continuiamo a ritenere l’accordo col Governo lo scenario più probabile», commentavano ancora ieri da Equita. La scadenza del 30 giugno, nota fin da quando a inizio gennaio è stato approvato il decreto Milleproroghe.