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Ponte Genova, per il commissario è a norma. Ma i fatti dicono il contrario

(come riportato da Maurizio Caprino su Il Sole 24 Ore)

Il Commissario parla di «informazioni infondate che stanno provocando confusione». Sono però informazioni pubblicate dal Sole 24 Ore più volte già da dicembre 2018 e mai contestate

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Passa all’attacco la struttura commissariale per la ricostruzione del ponte di Genova, dopo la notizia che il tracciato del nuovo viadotto sul Polcevera non rispetta le norme geometriche di costruzione delle strade, in vigore dal 2001. Con un comunicato stampa del 19 luglio, parla di «informazioni infondate che stanno provocando confusione». Sono però informazioni pubblicate dal Sole 24 Ore più volte già da dicembre 2018 e mai contestate.

Il clamore suscitato anche da altri organi di stampa quando il problema è stato ricordato sul Sole 24 Ore del 18 luglio ha evidentemente spinto il commissario a reagire: siamo ormai a pochi giorni dall’inaugurazione del nuovo viadotto e la questione assume valore politico all’indomani dell’accordo Governo-Benetton per far tornare Autostrade sotto il controllo pubblico.

L’estromissione della famiglia trevigiana ha origine proprio dal crollo del Ponte Morandi e dall’esigenza del M5S di affermare che la gestione pubblica è preferibile a quella privata, quindi è imbarazzante che non sia a norma – anche solo sotto l’aspetto geometrico – il nuovo ponte fatto costruire per decreto a un commissario invece che al concessionario privato che ha la gestione dell’autostrada coinvolta (che per convenzione ha l’obbligo di ricostruire).

Tanto più che quel decreto (Dl 109/2018, noto come decreto Genova) ha fornito uno slogan a varie forze politiche, parti sociali e imprese per invocare in questi mesi un «modello Genova» generalizzato per sburocratizzare l’Italia.

La replica del commissario

Nella nota del 19 luglio, il commissario (carica ricoperta dal sindaco di Genova, Marco Bucci) rivendica che, dalla «verifica di rispondenza funzionale e normativa» pubblicata sul proprio sito, «chiunque può verificare che la costruzione è a norma e, chi è in possesso delle necessarie competenze, può meglio comprendere le relazioni di calcolo e i progetti esecutivi».

Secondo la tesi commissariale, la curva sulla quale nasce il problema del limite di velocità molto basso – verosimilmente 70 km/h – che verrà imposto in direzione Savona (quella al termine del ponte, che porta nella successiva galleria) era «preesistente già nel vecchio ponte» e per le norme geometriche attuali (Dm Infrastrutture 5 novembre 2001, n. 6792) «non vi sono vincoli geometrici cogenti da rispettare, ma si è liberi di trovare soluzioni migliorative su misura derivanti dall’analisi del rischio; ciò è stato fatto per il nuovo viadotto, con il conforto dell’interlocuzione con il Consiglio superiore dei lavori pubblici».

I fatti dietro le parole

Parole ben calibrate, per illustrare le norme evitando i punti critici delle scelte fatte. Che però vengono al pettine spiegando che cosa s’intende concretamente con certe espressioni e ricordando alcuni fatti non contestati.

Quanto alle «soluzioni migliorative su misura», esse non sono altro che il modo per rendere legalmente percorribile un tracciato che di per sé non è a norma. La soluzione che salta più all’occhio di chiunque è il limite di velocità basso, sorprendente su una struttura moderna e indicata da quasi due anni al mondo come simbolo dell’Italia che rinasce.

Questioni d’immagine a parte, va detto che il problema non sono certo i pochi secondi che si perdono a percorrere a 70 km/h un tratto solitamente trafficato, ma la perdita di confort di guida (su un’autostrada ci si aspetta di non dover fare troppa attenzione ai limiti di velocità e sul nuovo ponte la carreggiata è molto larga, quindi invita alla velocità) e il rischio di tamponamenti dovuto alla differenza tra chi rispetta un limite così basso (molti pochi in Italia, solitamente) e chi no. Anche perché oggettivamente molte auto moderne possono percorrere una curva del genere a velocità superiori senza mettere troppo in difficoltà guidatori mediamente poco preparati.

Quanto al «conforto dell’interlocuzione con il Consiglio superiore dei lavori pubblici», va detto che all’esame dell’organo tecnico consultivo del ministero delle Infrastrutture fu richiesto solo quale consulenza e facoltativo, perché fu portato un progetto sostanzialmente blindato. Tanto che il Consiglio evitò di avallare le scelte commissariali.

Si limitò a elencare i motivi di tali scelte, ad affermare che per tali motivi «limitatamente agli aspetti geometrici del tracciato stradale il progetto non può conformarsi ai requisiti previsti dalle norme tecniche» e a prendere atto dell’«avvenuto esercizio del potere derogatorio commissariale riguardo l’individuazione di un tracciato stradale che mostra “non conformità” alle norme tecniche vigenti e che viene dichiarato (dal commissario, ndr) non più modificabile».

Le scelte del commissario

Ma perché si è scelto di non toccare il tracciato preesistente? Nella nota del 19 luglio, il commissario evoca il «dover operare in estrema urgenza» imposto da Governo e Parlamento con il decreto Genova, pur riaffermando che «non per questo è venuto meno il rispetto delle regole fondamenti (probabilmente si voleva scrivere “fondamentali”, ndr) di qualità e regola d’arte».

Nella documentazione che accompagnò il progetto in Consiglio superiore si elencarono altri motivi, tra cui l’impatto e le interferenze che un tracciato a norma avrebbe avuto sul territorio sottostante (e in particolare con lo stabilimento di Ansaldo Energia) e la scarsa chiarezza del decreto Genova sui poteri del commissario sui tratti di raccordo tra il ponte e il resto dell’autostrada.

Ma nell’ambito del Consiglio superiore si provò a elaborare un tracciato a norma e se ne trovò uno che “salvasse” l’Ansaldo Energia.

Resta poi da spiegare come mai il commissario Bucci non si preoccupò di altre interferenze causate invece dal tracciato su cui il nuovo ponte è stato costruito. La struttura poggia su ben 18 piloni, quasi il doppio dei 10 che proprio il Consiglio superiore stimava sufficienti. Una scelta che, peraltro, ha contribuito (assieme all’urgenza) a far sì che i costi di questa ricostruzione (202 milioni, che il decreto Genova pone a carico di Autostrade per l’Italia) siano più che doppi rispetto a lavori analoghi (si veda Il Sole 24 Ore del 13 aprile 2019). Senza contare che erigere più piloni del necessario ha probabilmente allungato quegli stessi tempi di realizzazione che si voleva fossero strettissimi.

In realtà il motivo di tutto questo lo spiegò lo stesso Bucci, proprio sul Sole 24 Ore del 13 aprile 2019: «Tutti i suggerimenti li recepiamo quando è possibile e quando non vanno a influenzare l’aspetto architettonico». Dunque, stando almeno alle dichiarazioni dell’epoca, la massima preoccupazione era conservare le forme concepite da Renzo Piano.

Si acconsentì a modificarle solo in qualche dettaglio in cui si rischiava di creare pericolo, come il dimezzamento di numero e altezza dei lampioni: per come erano stati pensati da Piano, avrebbero avuto problemi con il vento, notoriamente frequente in zona.