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Ore di piena spaventose. I piccoli paesi fanno i conti con i danni.

Photo credit: Corriere della sera

(Come riportato da Giusi Fasano in una nota del Corriere della sera)

Tonnellate di tronchi, frane, strade, edifici portati via dall’acqua e scuole inaccessibili. Nel Cuneese nella notte fra venerdì e sabato il Tanaro ha esondato: «Qui va rifatto tutto»

È come se la mano di un gigante avesse giocato a Shangai lungo il Tanaro. Tronchi, rami e rametti ovunque, l’uno sopra l’altro, l’uno incastrato nell’altro e tutti spinti dalla piena contro altri alberi rimasti in piedi, i piloni dei ponti, le case, gli argini. È così da fondovalle (a Ceva) fino a Ormea, dove il fiume si forma.

Faceva ancora paura, il Tanaro, sotto la pioggia battente di ieri. Ma era niente rispetto allo scorrere impetuoso della notte fra venerdì e sabato. Niente rispetto all’invasione improvvisa delle strade e dei paesi: esondato negli stessi punti di sempre, nelle stesse anse, grazie agli stessi ponti che hanno fatto da dighe. L’acqua non la puoi fermare, dicono gli anziani delle valli alpine. E da queste parti ne sanno qualcosa di acqua che non si ferma.

 «Quel rumore di piena che porta tronchi e sassi è spaventoso. Di notte poi…». Giorgio Ferraris l’aveva già sentito «quel rumore», eppure niente: anche stavolta ha avuto la sensazione di essere un fuscello in mezzo alla tempesta. Sindaco di Ormea dal 1985 al 2004, rieletto nel 2014 e ancora oggi in carica, è al suo sesto mandato e alla sua terza grande alluvione.

Novembre 1994: l’onda di piena e 70 morti – Era l’inizio di novembre del 1994 quando dopo tre giorni di pioggia incessante il fiume Tanaro si alzò come mai aveva fatto e l’onda di piena che partì proprio da Ormea corse verso valle travolgendo tutto. Esondò il Po e fra le province di Cuneo, Torino, Alessandria e Asti si contarono 70 morti.

«Non abbiamo morti da piangere ma i danni sono davvero tanti». Come tanti furono con l’alluvione del 2016, anche quello per Giorgio Ferraris vissuto da sindaco. Ormea ha 1.500 abitanti «e 196 chilometri di strade e stradine comunali» aggiunge il sindaco. «Non sarà facile rimettere in sesto la viabilità.

La cosa impressionante sono le tonnellate di tronchi portati giù da torrentelli piccolissimi che sono affluenti del Tanaro, abbiamo parecchie frane, molte strade e alcuni edifici portati via dall’acqua, abbiamo le scuole delle elementari, medie e infanzia non più raggiungibili perché le vie di accesso sono distrutte, una pista ciclabile che era bellissima non c’è più per chilometri, due ponti sono venuti giù e un terzo è sommerso da alberi trascinati dalla corrente, abbiamo un deposito di autobus usati per la linea Mondovì-Imperia a cui non si può più arrivare. Insomma: ce la faremo anche stavolta ma siamo messi male».

Di tutte le cose che non scorderà mai più il sindaco mette in testa il Ponte Barchi sul Tanaro, abbattuto dall’alluvione del ‘94 e ricostruito con tecniche all’avanguardia che lui stesso decantò. «Quando lo inaugurai i tecnici mi dissero che non sarebbe mai crollato e che un alluvione capace di abbatterlo veniva forse ogni 500 anni. E invece eccolo lì» dice sconsolato davanti al groviglio dei suoi resti.

Il problema del Ponte Odasso – A dieci minuti di strada, scendendo a valle, c’è Garessio, 3.000 abitanti guidati dal professor Ferruccio Fazio, accademico che fra il 2009 e il 2011 fu ministro della Salute del governo Berlusconi e che qui è sindaco da un anno e mezzo. Nel suo Comune il problema numero uno è il Ponte Odasso, vecchia struttura che ogni volta che sale il Tanaro diventa una diga: tronchi e sassi tenuti assieme dai suoi grossi piloni fanno da tappo e finisce sempre che il fiume esonda invadendo le vie del centro storico.

L’altro giorno la violenza della piena ha fatto danni gravissimi ovunque: si stimano almeno 20 milioni nel paese e altri 15 alla Huvefarma Italia, industria farmaceutica che — anche lei «aiutata» da un ponte che crea l’effetto diga — dà da vivere a 200 operai. «Sono duecento famiglie che oggi si trovano in difficoltà» dice Fazio mentre cammina fra la sua gente che spala fango e lo ferma a ogni passo.

Al governatore Alberto Cirio che ha incontrato ieri mattina ha chiesto due cose «l’abbattimento immediato sia del ponte Odasso sia dell’altro accanto alla fabbrica», per costruirne due nuovi senza piloni, e «un piano per la sistemazione idrogeologica di tutta la valle». Di alluvioni in Val Tanaro ne ha vissute anche Livio Serale, caporeparto dei Vigili del fuoco che ha quasi 30 anni di servizio.

Del ’94 ricorda il recupero dei cadaveri e che «lungo la Valle Tanaro non c’erano più strade»; dell’altra sera invece ricorderà sempre che «è stata dura infilarsi in quel tunnel (al Col di Tenda, al confine con la Francia ndr) mentre c’era acqua che arrivava da tutte le parti. Siamo preparati e attrezzati ma per un attimo io e il collega ci siamo guardati. Solo un attimo. Poi abbiamo tirato dritto».