Condividi, , Google Plus, LinkedIn,

Stampa

Anas, ripartono progetti e gare con l’aiuto dello Sblocca-cantieri

L’Ad della società delle strade Massimo Simonini: sulla produzione ha pesato la crisi delle imprese, nel 2019 appaltati sei lavori per 1,6 miliardi. Sulle concessioni neutri ma pronti

Riportiamo l’intervista fatta da Giorgio Santilli di Edilizia e Territorio all’Amministratore delegato di Anas Massimo Simonini.

Anas, oltre a essere la più grande stazione appaltante pubblica del Paese insieme a Rfi, è anche lo specchio della grande crisi infrastrutturale italiana: toccato il fondo della produzione di nuove opere (434 milioni) senza la ripresa prevista (-31% rispetto ai piani) per una crisi che viene da lontano e che ha lasciato l’azienda «senza benzina» (cioè senza nuovi progetti pronti per essere appaltati), l’Anas ha provato a rialzarsi nel 2019 con nuovi progetti approvati (+322%), nuove gare (4,6 miliardi, +62%) grazie alla semplificazione del decreto sblocca cantieri con il massimo ribasso e l’appalto integrato, una forte iniezione di manutenzioni programmate (661 milioni, +16%), l’appalto di nove opere per un valore di 1,6 miliardi, l’assunzione di 1.250 persone (in gran parte tecnici) cui dovrebbero seguirne altre 900 nel 2020.

Facendo faticosamente anche i conti con l’eredità grave del passato: la crisi delle imprese appaltatrici che blocca una ventina di grandi appalti, un contenzioso record di oltre 10 miliardi ridotto ora di 3,6 miliardi pagando alle imprese solo 350 milioni (il 5% delle richieste), 51mila visite ispettive l’anno ai 14.600 ponti e viadotti di proprietà e altre 3.900 «visite principali» sulle strutture bisognose di maggiore attenzione, senza contare «i 986 ponti che l’Anas si accolla in termini di verifiche ed eventuali interventi urgenti ma restano senza proprietario» in una pirandelliana vicenda all’italiana.

Tutto questo racconta Massimo Simonini, amministratore delegato della società dal 21 dicembre 2018, cresciuto in azienda da quando vinse il concorso per dirigenti nel 1994 fino alla fine del 2018 quando, nella gestione Armani, era proprio responsabile dei ponti. Propone una grande semplificazione del «gioco dell’oca» infernale che richiede all’Anas tra 5 e 8 anni per approvare un progetto esecutivo e aprire un cantiere: ci vuole – dice – una conferenza unificata che in due mesi dica se e come approvare il progetto.

Ingegner Simonini, partiamo dall’attualità: il decreto mille proroghe vi individua come gestore della rete autostradale, in caso di revoche delle attuali concessioni. Molti osservatori sono scettici.

Negli ultimi due anni abbiamo ricevuto di ritorno da province e regioni oltre settemila chilometri di rete stradale disastrata, senza pedaggio e senza che ci restituissero il personale. Figuriamoci se ci mette pensiero acquisire 3mila chilometri di rete con un pedaggio e settemila persone per gestirla.

Detto questo, noi siamo neutri e aspettiamo le decisioni del governo, per poi decidere, a nostra volta, se mantenere in vita o mettere in liquidazione la società Anas Concessioni Autostradali (Aca) che Armani aveva costituito proprio per proporsi come concessionario. Noi gestiamo già 1.300 chilometri di raccordi e autostrade, tutti senza pedaggio per gli utenti.

Veniamo ai vostri lavori. Qual è la causa principale dei ritardi nella realizzazione?

L’aggravarsi della crisi del tessuto imprenditoriale italiano si è riflettuta pesantemente sulle commesse con cantieri in corso o in fase di avvio. Lo scorso anno ben venti interventi, il 39% delle commesse attive, hanno subìto per questo motivo un grave ritardo rispetto ai cronoprogrammi approvati.

Queste venti commesse in sofferenza incidono per il 72% del portafogli complessivo. Per ridurre questo impatto negativo sulla produzione lavori, Anas ha adottato correttivi che hanno consentito lo sblocco o il riavvio di vari interventi per 2,5 miliardi. Questo ha prodotto un incremento di produzione di circa 300 milioni, limitando così al 31% la riduzione di fatturato rispetto ai piani, a fronte della mancata produzione per sofferenza delle imprese del 72%.

Che effetto ha prodotto il decreto sblocca cantieri? Sarebbero utili i commissari?

Abbiamo appaltato nove interventi per 1,6 miliardi di investimenti, un’inversione di tendenza rispetto all’anno precedente anche grazie all’utilizzo della procedura di appalto integrato, reintrodotta dallo sblocca cantieri. Chiediamo una proroga di questa norma temporanea. Anche la reintroduzione del massimo ribasso ha consentito di accorciare i tempi di gara, semplificando i meccanismi di affidamento. Sui commissari non si può fare un discorso generalizzato.

Bisogna individuare le opere che realmente possono avere un’utilità dal commissariamento. Noi siamo pronti ad allestire strutture commissariali, fermo restando che esse dovranno essere dotate di effettivi poteri di snellimento dei tempi e delle procedure. A proposito di sblocca cantieri aggiungo che avevamo proposto un faldone di modifiche al codice appalti ma le uniche due approvate sono appunto massimo ribasso e appalto integrato. Ci sarebbe, quindi, ancora da lavorare.

Il gioco dell’oca cui siete costretti nell’approvazione dei progetti richiede tra 5 e 8 anni per avviare il cantiere di un’opera. Cosa si può fare per ridurre questi tempi?

La legge e in generale le amministrazioni pubbliche, a partire dai ministeri, ci trattano con diffidenza, come se fossimo soggetti privati. Siamo costretti a tornare anche 23 volte dalla stessa amministrazione per avere il via libera. Ma noi siamo parte dello Stato e questa diffidenza non è giustificata. Ci vorrebbe una sola conferenza di servizi con tutte le amministrazioni competenti al tavolo che in due mesi decidesse se e come approvare un progetto. Il rispetto delle prescrizioni può essere lasciato a una verifica fatta con il cantiere in corso.

Veniamo alla sicurezza dei ponti messa in discussione da numerosi rapporti (come quello delle Province). Come stanno le cose? Avete un piano straordinario?

Non ci sono ponti a rischio sulla rete Anas. Sulla nostra rete viene esercitata una continua sorveglianza delle opere d’arte. Sugli oltre 14.600 ponti e viadotti sotto la nostra gestione, abbiamo effettuato nel 2019 circa 51 mila ispezioni trimestrali e 3.900 «ispezioni principali» e approfondite che vengono svolte annualmente. Abbiamo completato il grande piano 2019 di gare per la manutenzione di ponti e viadotti, del valore di oltre 1,3 miliardi di euro.

Negli ultimi mesi dello scorso anno abbiamo avviato l’ultima tranche di 76 bandi di gara per lavori di risanamento delle opere d’arte per un valore di 380 milioni di euro. In tutto il 2019 abbiamo pubblicato complessivamente su tutto il territorio nazionale 80 bandi di gara, di cui 4 per 968,6 milioni, per interventi mirati alla conservazione, al consolidamento statico e alla protezione sismica dei ponti e viadotti presenti sulla nostra rete stradale e autostradale.

Abbiamo anche reso più efficiente il processo di ispezione sulle opere d’arte, attraverso l’impiego di strumenti informatici che supportano i tecnici dell’azienda nel corso delle visite, in particolare quelle eseguite a cadenza trimestrale su tutti i manufatti: questa informatizzazione permette di organizzare, gestire e ottimizzare una mole enorme di dati. Dal 2017 abbiamo avviato nuovi sistemi informativi di monitoraggio. Poi ci sono i 986 ponti senza proprietario.

Vicenda pirandelliana.

A seguito del tavolo tecnico che si è svolto presso il ministero delle Infrastrutture da febbraio 2019, Anas ha inserito queste opere, indipendentemente dalla proprietà delle stesse, nel programma di ispezione trimestrale e confermato l’impegno a porre in essere ogni azione necessaria a garantire la sicurezza per gli utenti che circolano sulla propria rete.

Il censimento ed i costanti aggiornamenti ci hanno consentito di ridurre del 10% le opere senza titolarità. Ma l’inerzia di numerosi enti locali, a volte privi di idonee strutture tecniche, non ha ancora permesso la piena attribuzione di titolarità per tutti i manufatti. Noi siamo pronti ad assumere la piena titolarità di queste opere, ma questa disponibilità si può concretizzare solo attraverso una modifica normativa al codice della strada, che è all’esame del ministero delle Infrastrutture.

La Corte Ue ha condannato lo Stato italiano per i ritardi nei pagamenti. Voi in quanto tempo pagate?

Nel 2019 abbiamo registrato un ritardo medio di pagamento di circa 17 giorni. C’è un miglioramento rispetto ai 41 giorni del 2018. Va però evidenziato che in molti casi il ritardo nel pagamento dipende da cause non imputabili ad Anas come ad esempio Durc irregolari/in verifica dei fornitori o mancati adempimenti da parte degli stessi, così come previsti dalle normative vigenti. In altri casi le partite sono bloccate a causa di contenziosi con le imprese fornitrici.