Condividi, , Google Plus, LinkedIn,

Stampa

Decreto Semplificazioni, cantieri in sei mesi o il funzionario della PA ora rischia per l’inerzia

Photo credit: Il Mattino

Riportiamo un articolo di Giorgio Santilli apparso ieri su Edilizia e Territorio sulle nuove proposte inserite nel Decreto semplificazioni per accelerare l’attività dei dipendenti pubblici.

Stretta sui dipendenti pubblici che omettono o rinviano. Nel nuovo testo successivo al vertice politico rispunta l’opzione dei commissari straordinari per le opere urgenti individuate con Dpcm

Guerra a tutto campo all’inerzia dei funzionari pubblici. Ci prova il decreto semplificazioni. Anzitutto con due novità di ordine generale: la prima è la riforma della responsabilità erariale, prevista dall’articolo 15, che resta perseguibile per colpa grave in caso di «danni cagionati da omissione o inerzia» mentre viene limitata al dolo in caso di azione (venga cioè firmato un atto).

La seconda per quanto dispone il successivo articolo 16 con il nuovo «controllo concomitante» della Corte dei conti, finalizzato a rilevare ritardi o inerzie per esempio nella «erogazione di contributi o trasferimento di risorse a soggetti pubblici o privati destinati al finanziamento di spese di investimento».

Ma la guerra contro l’inerzia assume una faccia nuova quando entra nelle singole azioni amministrative che il funzionario deve svolgere, in particolare se non asseconda la brusca accelerazione sui lavori voluta dal decreto.

L’esempio più eclatante è nel comma 1 dell’articolo 2 quando impone che l’aggiudicazione definitiva o l’individuazione definitiva del contraente dell’appalto avvenga entro sei mesi dall’atto di avvio del procedimento. «Il mancato rispetto dei termini di cui al periodo precedente – recita il comma 1 dell’articolo 2 -, la mancata stipulazione del contratto e il tardivo avvio dell’esecuzione dello stesso possono essere valutati ai fini della responsabilità del responsabile unico del procedimento per danno erariale». Sottolineatura del tutto originale che non riguarda solo il termine di sei mesi per l’aggiudicazione definitiva, ma anche la stipula del contratto e l’avvio del cantiere.

A questo si deve aggiungere che il decreto colpisce all’articolo 4 l’inerzia del funzionario pubblico e della stazione appaltante anche quando si evita o si rallenta l’aggiudicazione definitiva per la pendenza di un ricorso di fronte al Tar contro l’aggiudicazione provvisoria. Un classico negli appalti degli ultimi dieci anni.

La risposta dei tribunali amministrativi si è molto velocizzata con i riti accelerati e la definizione immediata dal ricorso nell’udienza cautelare, ma spesso questo non basta perché in numerosi casi le amministrazioni non aggiudicano definitivamente, anche in caso di rigetto del ricorso da parte del Tar, per paura che la sentenza possa cambiare segno al Consiglio di Stato.

L’articolo 4 del decreto toglie questo alibi alle stazioni appaltanti, ancora una volta colpisce l’inerzia e impone loro di stipulare il contratto. Il comma 1 afferma che «non costituisce giustificazione adeguata per la mancata stipulazione del contratto nel termine previsto» la «pendenza di un ricorso giurisdizionale nel cui ambito non sia stata disposta o inibita la stipulazione del contratto».

Sul piano politico ieri è stato un susseguirsi di riunioni per affinare i 48 articoli del decreto legge e preparare un testo che oggi possa andare all’esame del pre-consiglio. Obiettivo Cdm venerdì o sabato.

La parte più spinosa per il raggiungimento di un equilibrio politico resta l’articolo 2 che prevede le procedure straordinarie (affidamenti senza gare) per le opere considerate urgenti a fini dell’emergenza sanitaria ed economica.

La novità della giornata è il ritorno nel cuore del provvedimento della figura dei commissari straordinari (invisa al Pd) per le opere urgenti individuate con uno o più Dpcm. L’equilibrio politico (precario) raggiunto nel vertice di martedì era, in sintesi: procedure eccezionali sì (con gli affidamenti senza gare) ma assegnati direttamente alle stazioni appaltanti, all’interno del codice appalti, e senza commissari.

Ora i commissari tornano, anche se non sono una strada obbligata. Sono un’opzione esplicitamente indicata. Il Pd dovrebbe puntare i piedi ma, secondo alcune indiscrezioni, sarebbe stata la stessa ministra delle Infrastrutture e dei Trasporti Paola De Micheli a chiedere l’introduzione della norma.

Perché? Guerre interne anche nel Pd? Più probabilmente la De Micheli ha voluto invece giocare d’anticipo: la norma inserita all’articolo 2 prevede infatti non commissari “modello Genova” con poteri quasi assoluti e in deroga a tutto, ma commissari previsti dal decreto legge sblocca cantieri del 2019, con poteri meno devastanti e soprattutto nominati con Dpcm su proposta proprio del ministro delle Infrastrutture. In questo modo sarebbe De Micheli a controllare il numero dei commissari necessari sulle singole opere.

D’altronde, ancora ieri sera l’articolo 2 si stava ulteriormente riscrivendo, a conferma che il definitivo accordo non c’era ancora. Certo è che il Dpcm che dovrà individuare quante e quali opere sopra i cinque milioni di euro potranno avere la corsia preferenziale (articolo 63) sarà il terreno di scontro fra chi vuole tante deroghe al codice appalti (M5s e Italia Viva) e chi ne vuole poche. Terreno di scontro fino al Cdm, ma poi anche in Parlamento e quando si tratterà di fare i Dpcm.