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Covid-19 e cantieri: sicurezza, reperibilità mascherine e forniture i nodi principali

(come riportato da Mauro Salerno su Edilizia e Territorio)

Non bastavano la crisi e l’atavico problema dei mancati pagamenti, l’emergenza Coronavirus aggiunge nuovi e più subdoli ostacoli all’attività dei cantieri presi in mezzo tra l’obbligo di far rispettare le necessarie prescrizioni sanitarie, la difficile interpretazione di norme pensate per l’industria che mal si adattano alle costruzioni e la fatica dei fornitori a tener fede a impegni presi prima che l’Italia finisse nel vortice Covid-19.

L’ultima testimonianza arriva dalla Sardegna. Non va presa come un caso particolare o isolato. Tutt’altro. È un racconto emblematico di tante altre storie che è possibile sentirsi raccontare da decine di cantieri in tutta Italia, in trincea per garantire l’attività ed evitare tra mille difficoltà il triste destino della sospensione dei lavori e degli ammortizzatori sociali.

I dati prima di tutto. Il cantiere è quello dei lavori per l’eliminazione degli incroci a raso sulla Ss 131 Carlo Felice in Sardegna. Si tratta del primo lotto dei lavori (svincolo di Bonorva) per un importo di circa 25 milioni affidato dall’Anas. Attività partita a giugno scorso con l’obiettivo – ora chissà se raggiungibile – di chiudere a novembre 2021. «Abbiamo tre ordini di problemi con cui lottiamo nel tentativo di evitare la sospensione dei lavori», dice il direttore di cantiere Carlo Quesada, ingegnere a capo di uno staff tecnico di sei persone e 25 operai. «Siamo un cantiere di medie dimensioni, nella nostra situazione ne troverà tanti altri».

Primo problema: garantire l’operatività del cantiere in piena sicurezza per i lavoratori. «Ci siamo mossi anche prima del decreto dell’8 marzo, spiegando ai lavoratori tutte le misure di sicurezza da mantenere. Tra questi l’obbligo di mantenere le distanze nelle aree comuni, nei refettori, negli spogliatori. Ovviamente tutto è necessario questo rallenta la logistica del cantiere. Per esempio non è più possibile caricare a piano i furgoni da nove posti per gli spostamenti interni». I decreti con le misure di sicurezza, pensando alle attività industriali da mantenere in piedi perché necessarie anche durante l’emergenza, fanno riferimento a «unità produttive». «Anche noi costruttori rientriamo in questa definizione, ma abbiamo lavorazioni caratteristiche molto diverse da quelle che è possibile rintracciare in uno stabilimento», dice Quesada. «Difficile eseguire lavorazioni come i getti di calcestruzzo, le pannellature e tante altre senza far lavorare a distanza ravvicinata almeno due operai». Qui entrano in gioco i dispositivi di protezione individuale (Dpi). E si passa al secondo problema: la carenza di mascherine.

«Il nostro stock sta per finire ed è impossibile trovare nuove mascherine, anche ai prezzi gonfiati delle ultime settimane», spiega l’ingegnere. «Abbiamo finito le mascherine Ffp3 e ora siamo passati alle Ffp2 ma ne abbiamo per un periodo limitato. Bisogna pensare che trovarsi in un cantiere non è come fare un giro in centro città. Qui bisogna difendersi dalle polveri oltre che dal rischio contagio. Il ricambio è veloce e gli stock, anche se ben pianificati, si esauriscono facilmente».

Il terzo problema è forse quello più decisivo rispetto al rischio di chiusura dell’attività. «Il nostro fornitore di acciaio ci ha comunicato che a causa delle misure anti-contagio sarà costretto a fermare l’attività dal 16 marzo», spiega l’ingegnere. Ora scatta la ricerca a un nuovo fornitore. «Ma non sarà facile trovare un’alternativa – dice Quesada -. Le stiamo provando tutte per evitare una sospensione dei lavori che rischia di consegnare alla cassa integrazione perlomeno 35 famiglie. Ma anche con tutta la collaborazione della stazione appaltante arrivati a questo punto una sospensione quanto meno parziale dei lavori è tutt’altro che uno scenario improbabile».