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Comuni, investimenti in corsa anche nella crisi: spesi 4 miliardi

Photo credit: ANCI

(come riportato da Gianni Trovati su Enti Locali & Edilizia)

Più di un elemento lascia pensare che lo sprint possa continuare, nei limiti di un’emergenza sanitaria che lascia poco spazio alle previsioni

La crisi prodotta dalla pandemia non ha fermato il rilancio degli investimenti comunali. Un dato non scontato, nella pioggia di segni meno che in questi mesi caratterizza quasi tutti i parametri vitali della finanza pubblica e dell’economia reale. E più di un elemento lascia pensare che la corsa possa continuare. Nei limiti di un’emergenza sanitaria che lascia poco spazio alle previsioni.

Fatto sta che nei primi sei mesi di quest’anno i Comuni hanno portato al traguardo del pagamento 4 miliardi di euro in investimenti. La stessa cifra dell’anno scorso, che segnava però un + 17,4% rispetto al 2018.

Si tratta di dati importanti perché dietro ai numeri, passati in rassegna ieri alla prima giornata della Conferenza nazionale Ifel sulla finanza e l’economia locale, ci sono manutenzioni straordinarie di strade e infrastrutture varie, interventi contro il dissesto idrogeologico e per l’efficientamento energetico, ristrutturazioni di patrimonio edilizio pubblico e così via.

E soprattutto c’è l’unico argine oggi esistente alla caduta del Pil, nella lunga attesa che la definizione del Recovery Plan e l’avvio effettivo degli aiuti comunitari diano benzina ai progetti nazionali.

A evitare cadute negli investimenti locali mentre tutto intorno l’economia vive un crollo probabilmente a doppia cifra sono più fattori. I contributi statali sulla linea della «norma spagnola» (piccoli progetti con tempi stretti) hanno aiutato, insieme all’accelerazione sui fondi europei e a un quadro di regole contabili che hanno smesso di penalizzare la spesa in conto capitale.

Ma il fattore critico continua a essere rappresentato dalla capacità amministrativa di condurre in porto i progetti, ancora molto variabile di territorio in territorio.

La spinta si concentra ancora a Nord. Il confronto degli ultimi 30 mesi (2018, 2019 e primo semestre 2020) con i precedenti 30 indica accelerazioni superiori al 10% solo nelle Regioni settentrionali e in Sardegna. In Campania e Calabria, all’altro lato della graduatoria, i livelli di spesa in conto capitale continuano a essere inferiori a quelli degli anni più bui della crisi nella finanza locale.

La forbice, però, si sta restringendo. E la prova più importante sulla tenuta del sistema inizierà fra un paio di mesi. Perché dal prossimo anno i finanziamenti a disposizione di progetti e opere locali sono oggettivamente imponenti: 9,3 miliardi nel 2021-2023, gonfiati dai 4,2 miliardi anticipati dal decreto Agosto rispetto alla programmazione a lunga distanza, in un bacino che fino al 2034 conta 33,23 miliardi. Tanti.

Al punto che secondo i calcoli degli stessi amministratori locali i fondi extra copriranno praticamente tutte le spese di progettazione, l’anello più debole fin qui nella catena degli investimenti locali, e basteranno a realizzare i tre quarti dei progetti presentati al 15 settembre.

L’altro fronte, quello della spesa corrente per l’emergenza, è stato coperto dai 6,3 miliardi (più 1,15 per il trasporto locale e scolastico) stanziati con i decreti anticrisi, e per il 66,5% già arrivati ai Comuni. Il grosso è rappresentato dai 4,2 miliardi del «fondone» per le funzioni fondamentali, distribuito in base alla stima sui mancati gettiti.

Per cui la geografia degli aiuti è simile a quella della capacità fiscale: il 53% è finito al Nord, dove vive il 46% degli italiani, mentre il Sud si è dovuto accontentare del 26% pur ospitando il 34% dei cittadini.