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Cassese: «Chi dice che la PA funziona come prima vive su Urano»

Photo credit: Quotidiani Verticali Web

(come riportato da Simone Spetia su Enti Locali & Edilizia)

Il giudice della Consulta: non sottovalutare l’impatto del lavoro a distanza sui ministeri

«Chi dice che nulla è cambiato, che l’amministrazione ha continuato a funzionare è come se abitasse su Urano». Sabino Cassese, giudice emerito della Corte Costituzionale, insegna alla Luiss, ma soprattutto è uno dei massimi esperti di diritto amministrativo e amministrazione pubblica in Italia.

E un’idea su come lo smart working abbia pesato sulle performance dei pubblici uffici ce l’ha chiara: «Non ragiono sulla mia opinione – ci spiega a 24Mattino, su Radio24 – Ho un dato oggettivo. La legge 241 del ’90 prevede che siano fissati dall’amministrazione dei termini, alla scadenza dei quali occorre adottare delle decisioni amministrative. Ogni “catena di montaggio” dell’amministrazione, ha un termine.

Il Governo ha varato dei decreti legge, tre se non vado errato, che includono delle proroghe ai termini per provvedere. Allora la mia domanda è: se sono stati prorogati i termini e la cosa è avvenuta tre volte, la pubblica amministrazione ha veramente funzionato come funzionava prima oppure si è fermata o ha fortemente rallentato? La risposta a questa domanda è un po’ ovvia».

Di qui Urano «che come lei sa è il pianeta più distante dal Sole, quindi un po’ lontano dalle cose italiane». Alcune attività, spiega il giurista, non possono essere fatte da remoto e quindi è inevitabile che, mancando la presenza, viene a mancare il servizio: «Esempi: il custode di un museo può fare il telelavoro? Lo può fare, ma si chiude il museo.

La persona che sta allo sportello per il rilascio dei passaporti, può farlo? Finché non viene organizzato un sistema di consegne dei passaporti non può».

Quindi le cose sono andate piuttosto male? «Il bilancio che possiamo fare dell’esperienza vissuta finora è un bilancio negativo, che dobbiamo accettare perché l’amministrazione era impreparata a questo evento e ha fatto quello che poteva fare. Il problema è che ora non siamo più impreparati, quindi quelli che parlano di emergenza oggi fanno un po’ sorridere.

La mia domanda è: il ministero della pubblica amministrazione ha organizzato le cose in modo da evitare quello che è accaduto, cioè la proroga dei termini per provvedere? Perché la proroga è una specie di sanatoria, vuol dire che si blocca tutto e si decide dopodomani, quando si riapre».

Si è detto che i comuni e le amministrazioni periferiche in genere avrebbero avuto maggiori difficoltà rispetto a quelle centrali: «Iniziamo col dire che il rapporto tra stato e cittadino non può interrompersi improvvisamente, con le persone che stanno a casa e i cittadini che vanno nell’ufficio e trovano l’ufficio chiuso.

Però non sottovaluterei il fatto che mentre nel Comune si nota più facilmente questo malfunzionamento dell’amministrazione perché il cittadino si aspetta un certo servizio, un certificato in quel determinato giorno e non lo trova, nell’amministrazione centrale queste cose non si notano subito, ma le conseguenze sono molto più vaste.

Lei avrà, per esempio, un ministro che non ha i suoi collaboratori e i collaboratori del ministro che non sanno a che santo rivolgersi perché i dipendenti del ministero non sono presenti e gli archivi, oggi, sono archivi prevalentemente cartacei.

Non si può chiedere a un dipendente che sta a casa un documento che sta nell’archivio cartaceo. Non è stata fatta una riflessione organizzativa sufficiente su come affrontare una situazione nella quale i lavoratori non sono in ufficio, ma sparpagliati sul territorio».