Condividi, , Google Plus, LinkedIn,

Stampa

Cantieri, ripresa lenta e costi per 2-3 miliardi. Le imprese: chi paga?

Photo credit: YouTube

Buia (Ance): negli appalti costi aggiuntivi del 10 per cento, urgente un chiarimento

Giorgio Santilli per Edilizia e Territorio riporta le affermazioni del Presidente dell’ANCE Gabriele Buia sulle difficoltà che potrebbero incontrare le imprese con la ripresa delle attività in cantiere.

«Nel settore dei lavori pubblici registriamo un costo maggiorato in cantiere dell’ordine del 10% per i soli oneri sanitari. Senza contare che con il rallentamento della produzione dovuto ai nuovi vincoli cresceranno anche i costi di produzione. Qualcosa che stimiamo in 2-3 miliardi e che non siamo disposti a pagare noi. Servono norme chiare e comunicazioni altrettanto chiare da parte delle stazioni appaltanti per dire subito chi si accolla questi oneri. Non li possono sostenere le imprese».

Il presidente dell’Ance, Gabriele Buia, è alle prese con la giornata della riapertura «ufficiale» dei cantieri. Pubblici e anche privati. E non è una ripresa facile. «Soprattutto è molto lenta – dice – e per arrivare a regime servirà tempo.

Possiamo dire che in quasi tutti i casi la prima settimana se ne andrà per adeguare i cantieri alle nuove norme di sicurezza che ovviamente intendiamo rispettare rigorosamente, come da accordi con i sindacati, perché noi alla salute dei nostri operai teniamo come priorità.

In questo complesso lavoro di adeguamento alle nuove norme e ai protocolli le due attività principali sono al momento i corsi di formazione per il personale, che vanno fatti per gruppi ristretti di lavoratori, e le sanificazioni dei locali, dei mezzi, dei bagni, degli spazi comuni, sempre separando l’impresa principale dalle singole imprese subappaltatrici e fornitrici.

Poi dobbiamo affrontare vari problemi, come quello dei mezzi di trasporto degli operai che in molti casi ora si rivelano insufficienti, considerando il limite massimo di capienza dei veicoli. Oppure l’enorme mole di modulistica, anche essa aggiuntiva, da compilare».

Ma non è solo la lentezza della riapertura a preoccupare. È evidente che se non arriveranno in fretta i chiarimenti che sgomberino dal tavolo le incertezze e le ambiguità denunciate da Buia, il rischio vero è che la ripresa possa essere a singhiozzo, frenata, addirittura impantanarsi. Ci sono infatti altri problemi molto seri ancora da risolvere, soprattutto sul versante dell’interpretazione delle molte norme emanate negli ultimi mesi.

L’esempio che fa infuriare Buia è quello della responsabilità «anche penale» delle imprese qualora risulti che un lavoratore abbia contratto il Covid-19. A creare «una situazione assurda» è l’articolo 42 del decreto Cura Italia (n. 18) che equipara la malattia del lavoratore a un infortunio sul luogo di lavoro, «con conseguenze ancora tutte da chiarire sull’impresa in termini di responsabilità. Basti pensare che una responsabilità dell’impresa per un infortunio sul lavoro comporta l’esclusione dai contratti con la pubblica amministrazione. Questo senza considerare che l’impresa non ha alcuna possibilità di sapere dove e come sia stato contratto il virus oppure chi ha frequentato il lavoratore fuori dei luoghi di lavoro».

Ance e altre associazioni di impresa chiedono su questo aspetto un chiarimento che non lasci spazio a interpretazioni ambigue, indicando che la responsabilità dell’impresa subentra soltanto nel caso in cui esista una prova evidente del fatto che l’impresa non ha ottemperato agli obblighi previsti per legge. «Fuori di questa situazione, che impone il riscontro oggettivo di una violazione di regole da parte dell’impresa, non è attribuibile all’impresa alcuna responsabilità. O questo aspetto viene chiarito e oi possiamo anche sospendere le attività».

Il settore delle costruzioni, con i suoi due milioni di occupati (1,2 diretti e 800mila dell’indotto) aspetta i provvedimenti sul rilancio degli investimenti «che devono essere pubblici e privati», dice Buia. «Stavolta però non diamo nessuna delega in bianco al governo che ci deve chiamare e illustrare i provvedimenti uno per uno se vuole la nostra collaborazione, prima di decidere in assoluta autonomia.

Nessuno però a questo punto si può aspettare che noi diamo valutazioni positive sui provvedimenti che si stanno varando se non saremo adeguatamente informati. Perché a lavorare e a parlare nel governo sono tanti e quello che registriamo è solo una crescita enorme della confusione».