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Autostrade, pressioni e chat cancellate: le astuzie dei dirigenti per ostacolare le indagini

Photo credit: Corriere Web Nazionale

(come riportato da Andrea Pasqualetto sul Corriere della Sera)

Le false risposte alle mail di protesta per l’inquinamento acustico. Nelle carte anche le richieste di favori fatte da Donferri ad alcuni generali dei carabinieri

C’è chi depista, chi contatta generali dei carabinieri, chi risulta disoccupato e lavora in nero… È anche una lunga lista delle «astuzie» quella stilata dalla procura di Genova per motivare i clamorosi arresti di mercoledì scorso degli ex vertici di Autostrade per l’Italia (Aspi).

Messaggi cancellati, false mail, pressioni varie, sia per eludere le indagini sia per ragioni di convenienza personale e di risparmio. Il fascicolo in questione riguarda le barriere fonoassorbenti difettate ma le vicende prese in considerazione vanno oltre e abbracciano soprattutto l’inchiesta principale, quella sul disastro del ponte Morandi del 14 agosto 2018.

I messaggi

Primo tentativo di depistaggio, qualche giorno dopo il crollo. Il 18 agosto Paolo Berti, direttore centrale operativo di Aspi, cancella una chat su WhatsApp con il responsabile delle manutenzioni, Michele Donferri Mitelli.

Cancella solo quella, non le precedenti e successive. Il motivo? La conversazione, di un mese e mezzo prima, è imbarazzante: «I cavi sono corrosi», gli scrive Donferri riferendosi agli stralli del Morandi, dopo che lui gli aveva suggerito di iniettare dell’aria per risolvere il problema dell’umidità. «Sti c…», «me ne vado», «li mortacci», gli risponde lui. Per la procura è una carta importante rispetto alle responsabilità sul disastro. «Depistaggio», l’ha definito il procuratore capo di Genova Francesco Cozzi.

I generali

Altra vicenda sviscerata dall’ordinanza è quella delle pressioni esercitate da Donferri su alcuni generali dei carabinieri per ottenere favori di vario genere, anche estranee all’indagine sulle barriere.

Scrive delle «raccomandazioni fatte al generale Franco Mottola per favorire l’arruolamento del figlio di un suo collega nell’arma dei carabinieri…» e della «richiesta allo stesso Mottola di un trattamento di favore da parte delle forze dell’ordine in occasione dell’interrogatorio di Castellucci nel novembre 2018 negli uffici della procura di Genova».

Lui era indagato e chiamò il generale: «Mi raccomando per stamattina! Non vorrei che lo trattassero male», gli dice riferendosi all’assedio dei giornalisti. «E poi il generale Burgio, al quale ha chiesto notizie su un’indagine della Forestale». Per la procura Donferri è l’indagato più spregiudicato (per lui era stato chiesto il carcere), capace di incassare l’assegno di disoccupazione dopo l’uscita da Aspi e di lavorare poi «per società collegate con Aspi, come la Polis Consulting srl». Ieri gli uomini della Guardia di finanza di Genova hanno sentito alcuni dipendenti della società e acquisito dei documenti. «Ma cosa c’entrano le pressioni sui generali con le esigenze cautelari che dovrebbero attenere al procedimento ed essere attuali? — ha replicato l’avvocato Giorgio Perroni che lo difende —. Faremo ricorso al riesame».

Le e-mail false

Rimanendo invece all’oggetto dell’indagine, un capitolo a parte merita la testimonianza di Emanuele Pampana, ingegnere responsabile della progettazione e coordinamento della barriere antirumore di Aspi. Premessa: Aspi, secondo l’accusa, avrebbe dovuto sostituire le barriere perché a rischio cedimento in caso di forte vento.

Per ragioni di bilancio, la società ha preferito adattare quelle esistenti, costruite con materiali considerati scadenti, e abbassarle in modo da evitare l’effetto vela, con la conseguenza di renderle inutili rispetto all’inquinamento acustico. «Arrivarono numerose mail di protesta dei cittadini che si lamentavano del rumore, alle quali dovevamo rispondere — ha spiegato Pampana —. Su disposizione di Donferri le risposte dovevano avere un testo predefinito: si tratta di una soluzione temporanea per consentire l’esecuzione delle ispezioni. Ma non era vero».

L’ex ad

Infine Giovanni Castellucci, l’ex amministratore delegato di Aspi finito ai domiciliari, e quella telefonata con il governatore della Liguria Giovanni Toti tre mesi dopo il disastro.

A chiamare era stato Toti che avrebbe voluto intercedere con la Lega per salvare Carige dal crac. «La valutazione di questa operazione venne dopo la sollecitazione arrivata a Castellucci nella sua veste di ad di Atlantia — ha precisato ieri l’avvocato Carlo Longari, difensore di Castellucci —. Fu discussa internamente e poi non se ne fece nulla perché il piano industriale era debole e la possibilità di salvare Carige dubbia».