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Autostrade, i soci esteri non vogliono alzare il prezzo per l’88% del gestore

Photo credit: Corriere Web

(come riportato da Fabio Savelli sul Corriere della Sera – L’Economia)

Una forchetta di prezzo compresa tra i 7 e gli 8 miliardi per l’88% di Autostrade. In cui l’importo minimo, osservano fonti, sarebbe la garanzia fornita alla venditrice Atlantia, la capogruppo controllata al 30% dalla famiglia Benetton, che sotto quella soglia non si potrà andare.

Si tratta però di un’offerta non vincolante — perché ancora condizionata all’approvazione del piano economico-finanziario del gestore — che martedì il consiglio di amministrazione di Cassa Depositi formalizzerà come capofila di una cordata che coinvolge anche i fondi esteri Blackstone e Macquarie. Nel veicolo che dovrebbe rilevare la partecipazione di controllo del gestore i pesi restano immutati.

A Cdp toccherà il 40% per un esborso non superiore ai 3 miliardi, su cui le fondazioni bancarie, azioniste della Cassa, spingono perché non sia l’importo definitivo ma sia ridotto da una conversione in equity del debito da oltre 1 miliardo che Autostrade ha nei confronti dell’istituto guidato da Fabrizio Palermo.

Il restante 60%, equamente diviso col 30% delle quote, spetterà ai soci esteri secondo un assetto di governance ancora tutto da decifrare su cui aleggia anche l’interrogativo riguardante il 12% di Autostrade fuori dalla newco in carico attualmente ai soci esteri Allianz, Edf e il fondo cinese Silk Road. Da quel che si apprende i vertici verranno scelti da Cdp però trapela la volontà delle fondazioni bancarie di coinvolgere il fondo infrastrutturale F2i come gestore degli investimenti di alcune di esse e di casse previdenziali che vorrebbero entrare come quotisti ingolositi dai possibili rendimenti da qui al 2038.

Il nodo principale però riguarda il piano economico del gestore che non consente ancora una valutazione puntuale. Il parere dell’Authority dei Trasporti, che ha evidenziato due importanti increspature all’intesa raggiunta a luglio col governo, ha costretto il ministero dei Trasporti a correre ai ripari con una lettera inviata ad Autostrade giovedì scorso.

La direzione generale chiede alla concessionaria di effettuare una proiezione della dinamica tariffaria nei prossimi anni recependo un minore incremento annuo al casello considerando i costi di gestione e non l’1,75% come pattuito nel’intesa di Palazzo Chigi. Perché — rileva l’Art — incorporando quel tasso stabilito dagli accordi le spese per le manutenzione aggiuntive previste nel piano sarebbero girate agli utenti e non ai soci attuali di Autostrade come previsto nel pacchetto di compensazioni da 3,4 miliardi.

Martedì il gestore dovrebbe fornirle al ministero. Però filtra dalla holding che l’approvazione del Pef era la precondizione della vendita della quota di controllo degli accordi di luglio. Quota che ora è senza un valore certo.