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Aspi, dal Governo tre condizioni per l’accordo sulla concessione

Photo credit: Affari Italiani

(come riportato da Laura Galvagni su Edilizia e Territorio)

L’esecutivo chiede più soldi e di accettare per le tariffe il modello definito dall’Art

Sono tre le condizioni che il Governo ha posto ad Autostrade per l’Italia per trovare un’intesa sulla concessione: più soldi; il via libera alla revisione delle tariffe secondo il modello Art; l’introduzione nella convenzione di una lista di eventi catastrofali che, se imputabili all’azienda, facciano scattare in automatico la revoca. Sulla scorta di questo riscontro Autostrade per l’Italia è convinta di poter definire un accordo con l’esecutivo sul delicato tema della concessione.

Al punto da mettere nero su bianco nella relazione di bilancio di ritenere «ragionevolmente non probabile la prossima adozione di un provvedimento di revoca», più volte minacciato da Roma dopo la tragedia del Ponte di Genova. Piuttosto «auspica il raggiungimento di una soluzione negoziale».

Tale posizione è in parte giustificata da quanto si può leggere sempre nelle pagine della relazione sui conti. Pagine in cui viene riportato nel dettaglio il dialogo con il governo avuto in questi mesi. Mesi in cui la compagnia ha inviato all’esecutivo ben otto lettere con l’intento di manifestare la piena disponibilità a una transazione. Un carteggio intenso che ora richiede un ultimo fondamentale tassello: «L’attivazione di un tavolo di confronto decisorio», come è scritto in una delle ultime missive inviate da Aspi.

Sulla base di quali presupposti? Autostrade ha messo sul piatto una proposta che, come scritto nei giorni scorsi, vale in tutto 2,9 miliardi e si può declinare in 1,5 miliardi di maggiori investimenti e riduzione delle tariffe, 700 milioni per il sostegno a Genova e 700 milioni di maggiori spese di manutenzione. Si è inoltre impegnata a porre in essere, «per il rilancio del paese, un volume di investimenti di 14,5 miliardi di euro, con un incremento di 4 miliardi di euro rispetto alla proposta di piano finanziario presentata a giugno 2018» relativamente a un arco temporale che arriva fino a fine concessione.

A tutto questo il ministero delle Infrastrutture ha risposto così: «Per quanto riguarda gli aspetti di natura economica, la richiesta è di rivedere in aumento l’importo considerando una equilibrata ripartizione dell’intera somma nel periodo concessorio; per quanto riguarda la clausola convenzionale che disciplina l’ipotesi di grave inadempimento, la richiesta è di individuare gli “eventi catastrofali” futuri imputabili alla concessionaria, limitatamente ai quali si applicherebbe quanto previsto dall’art. 35 del Milleproroghe in caso di responsabilità accertata della concessionaria stessa; per quanto riguarda infine il modello tariffario di cui alle Delibere dell’Autorità di Regolazione la richiesta è di accettare l’impianto deliberato dall’Art in materia tariffaria, con conseguente rinuncia ai ricorsi presentati in materia».

Sulla scia di quanto detto da Roma «la società ha chiesto quindi un incontro per consolidare un testo finale del possibile accordo da sottoporre agli organi deliberanti, facendo nel contempo presente che avrebbe presentato, in largo anticipo rispetto ai termini prorogati, il piano economico finanziario elaborato». Pef che effettivamente è poi arrivato sul tavolo del ministero, che a sua volta nelle scorse settimane ha chiesto delle integrazioni.

Il piano economico e finanziario, peraltro, ha l’ambizione di poter costruire un accordo che nell’insieme sia economicamente e finanziariamente sostenibile per l’azienda. In quest’ottica, Aspi si è anche detta disponibile a ridiscutere l’art 9 bis, quello che definisce l’indennizzo in caso di revoca.

Lo stesso che ad oggi valuta la compagnia attorno ai 7 miliardi, ossia meno del debito che ha in pancia (9,5 miliardi). In proposito Autostrade e la controllata Atlantia hanno di fatto proposto di tenere conto dei meccanismi di calcolo introdotti dal Milleproroghe ma di riequilibrarli mettendo sul piatto anche il valore di mercato dell’asset.

Una sorta di “prezzo” medio, dunque, che dia una rappresentazione più veritiera della valutazione della compagnia. Il che, sulla carta, potrebbe permettere ad Aspi di migliorare il proprio profilo finanziario consentendo alla società di tornare sul mercato per rifinanziare i propri investimenti, oggi impresa assai ardua stante il rating spazzatura, il crollo del traffico sulla rete e lo scontro in atto con l’esecutivo.

Al punto che ora Aspi sta cercando risorse in tre direzioni: sfruttando il Dl liquidità e quindi chiamando in causa Sace, rivolgendosi direttamente alla casa madre Atlantia che ha messo sul piatto 900 milioni e avviando un dialogo con Cdp.