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Ance sulle chiusure cantieri: “situazione paradossale”

Photo credit: adnkronos.com

(come riportato da Giorgio Santilli su Edilizia e Territorio)

Dalla Val d’Aosta alla Sicilia, è una raffica di chiusure per i cantieri. «La maggior parte ha chiuso o sta chiudendo», conferma il presidente dell’Ance, Gabriele Buia, che critica duramente il governo per avere messo il settore in una situazione «paradossale, come paradossali sono le norme e le istruzioni che riceviamo».

Paradossale è il termine giusto per imprese e imprenditori che da una parte rischiano di essere perseguite penalmente se portano avanti un cantiere senza che vi siano le condizioni di sicurezza previste dai Dpcm emanati nei giorni scorsi, dall’altra non possono chiudere il cantiere perché, se lo fanno, il rischio è di dover pagare i danni alla pubblica amministrazione (e non solo) per l’interruzione dei lavori.

«Noi non vogliamo chiudere i cantieri – dice Buia – perché dopo quindici anni di crisi, tenere aperti i cantieri per noi è fondamentale e siamo molto coscienti che chiuderli potrebbe significare chiudere l’impresa per sempre. Al tempo stesso – continua il presidente dell’Ance – la salute dei nostri lavoratori è la priorità assoluta, è al primo posto nei nostri pensieri e bisogna riconoscere oggettivamente che in un cantiere le occasioni di contatto possono essere numerose. Si aggiunga che le norme non ci aiutano perché noi dovremmo sanificare i locali e le cabine di manovra più volte al giorno, ogni volta che cambia l’operatore e non si trovano le imprese che effettuino questa attività. Stesso discorso vale per i fornitori di materiali, il ferro, il calcestruzzo, che in molti casi hanno già chiuso le fabbriche. In tutto questo riceviamo centinaia di telefonate ogni giorno da imprese di tutto il territorio nazionale che ci chiedono come interpretare le norme».

Sono in arrivo dal ministero delle Infrastrutture linee guida che chiariscono gli obblighi di informazione, le modalità di accesso dei fornitori esterni, l’applicazione e le modalità d’uso dei dispositivi di protezione, la gestione degli spazi comuni, l’organizzazione del cantiere, consigliando ove possibile la rimodulazione del cronoprogramma delle lavorazioni. Le linee guida dovrebbero essere diramate a breve.

«Purtroppo questo non basta», dice Buia che invoca una soluzione più radicale, quanto meno per ridurre gli impatti sulle imprese in termini di richiesta di danni da parte delle amministrazioni committenti. «Il governo – dice – deve concederci lo stato di causa di forza maggiore. È assurdo che non sia ancora successo. Sia chiaro che non lo dico perché le imprese vogliono chiudere ma non essere nelle condizioni di lavorare e poi dover pagare il prezzo di una interruzione dei lavori è davvero l’ennesimo paradosso. Per non dire assurdità. E sempre sull’impresa si scaricano le contraddizioni». In una prima versione delle norme emanate in questi giorni era addirittura previsto che le imprese, per riconoscere l’interruzione del cantiere e non “pagare” il ritardo che ne deriva, avrebbe dovuto rivolgersi al giudice. Proprio mentre le aule dei tribunali chiudevano. «Almeno questa ci è stata risparmiata, ma la situazione è ugualmente drammatica e le imprese non sanno cosa fare». La norma della causa di forza maggiore non viene riconosciuta perché – ritiene il governo – deve essere la singola amministrazione e la singola stazione appaltante a decidere se sia il caso o meno di interrompere. «Con il risultato – chiosa Buia – che opere rimaste ferme per anni ora improvvisamente sono diventate la priorità assoluta del Paese. C’è evidentemente chi non capisce quale sia, oggi, la vera priorità del Paese, dei lavoratori, dei cittadini e delle imprese».